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venerdì 29 marzo 2024

LA FIGLIASTRA di Nicole Trope [ RECENSIONE ]

 

Una bambina di tre anni scompare da casa mentre è sotto la sorveglianza della sorella maggiore dodicenne, la quale, però, sembra tacere su quanto è davvero successo in quel fatidico e tragico pomeriggio in cui la piccola Millie è sparita.
Cosa nasconde la ragazzina e perché mente?


LA FIGLIASTRA
di Nicole Trope



Ed. Bookouture
trad. A. Cataoli
260 pp
"Tutti nascondono il loro vero io, e questo viene fuori solo quando le cose vanno male".

Quando Leslie riceve una chiamata dalla figliastra - la 12enne Shelby, figlia avuta nel precedente matrimonio da suo marito Randall - che le dice, con tono isterico, che la piccola Millie è sparita da casa, il mondo le crolla addosso.

Come ha fatto la sua adorata bambina di tre anni a scomparire in una tiepida giornata invernale senza che nessuno la vedesse?
Per quanto possa essere vivace e sveglia, Millie Everleigh ha pur sempre solo tre anni...: dove può essere sgattaiolata tutta sola, quanto lontana può essere andata in un arco di tempo non più esteso di un'ora, un'ora e mezza?

Leslie è preoccupatissima ma cerca di mantenere la calma; all'arrivo della polizia, le ricerche iniziano e così pure le domande a tutti loro, a partire dalla spaventata e reticente Shelby, che racconta cosa è accaduto quel pomeriggio usando sempre le stesse parole: “Sono solo andata al piano di sopra per un attimo e quando sono scesa, Millie non c'era più. Sparita.”

Cosa è accaduto in quelle ore in cui Shelby avrebbe dovuto fare da baby-sitter alla sorellina?

Benché il racconto di Shelby sembri lineare, a Leslie non convince del tutto. Dev'essere successo qualcosa che la figliastra non sta dicendo, perché è assurdo che Millie abbia specifica aperto la porta di casa senza una vera ragione e sia uscita da sola, per strada!

La ricerca porta i poliziotti a interrogare tutti loro, ovviamente, e viene fuori che la stessa Leslie ha commesso un'imperdonabile ed egoistica leggerezza che, forse, è anche un po' causa di ciò che è successo: se solo lei si fosse limitata ad andare a far la spesa e basta... senza incontrarsi furtivamente con il suo ex...
Quando è costretta a confessare questo particolare, Randall è stupito: perché sua moglie si è vista con l'ex? 
Leslie si affretta a dare una risposta - la verità - e la cosa finisce lì, in quanto la motivazione per cui ha incontrato l'uomo non era nulla di grave o sospetto.

Le ore passano angosciose e prive di novità, con i giornalisti e i curiosi che assediano l'esterno della casa e l'ex-moglie di Randall, Bianca, che si fionda in casa per difendere la propria bambina, Shelby, da interrogatori estenuanti e dalle paranoie di Leslie, che vorrebbe che la ragazzina confessasse chissà cosa pur di dare indicazioni alla polizia.

Bianca è una donna dal carattere apparentemente d'acciaio, ha sempre avuto un forte ascendente su Randall (anche ora che sono divorziati) e, pur occupandosi della figlia preadolescente, è sempre poco affettuosa e molto brusca, a tratti egoista.
L'unica cosa che la rende felice è il nuovo marito, Trevor: un brav'uomo che l'ama e che sta cercando di creare una famiglia unita assieme a Shelby.

Il racconto dei fatti ci giunge attraverso più punti di vista: Leslie - con le sue legittime preoccupazioni e domande - e Shelby, che effettivamente non ha raccontato proprio tutto ciò che è successo in casa nell'ora che ha preceduto la sparizione della piccola Millie.

La verità è che in casa non c'erano solo loro due, bensì altre due persone...: di chi si tratta? Perché e in che veste erano lì? In che modo hanno contribuito alla scomparsa della bimba? E soprattutto: sanno dov'è e cosa l'è successo?

Ma c'è un altro punto di vista che viene aggiunto nella narrazione degli eventi: quello di Ruth.

Ruth è una donna che vive sola ed è rimasta senza nessuno dopo la morte della madre; ha la fobia di uscire di casa e di ritrovarsi in mezzo a tanta gente, infatti esce solo quando è strettamente necessario e sfoga i propri malesseri emotivi e psicologici nel tenere tutto categoricamente in ordine e, in special modo, nel comporre pile di... tutto, di qualsiasi oggetto.
Pile di peluche, di libri, di piatti, di giornali...
Pile che lei compone meticolosamente e poi, quando è nervosa o angosciata, butta già per ricomporle per trovare, così, un po' di pace e placare i battiti accelerati del cuore. 

Il lettore non può non chiedersi: chi è Ruth e che ruolo ha in questa storia? Come si lega alla sparizione di Millie?

Ebbene, le risposte arrivano pian piano e ogni elemento che si aggiunge via via verrà messo al suo posto, così da avere chiaro il quadro dell'intera situazione.

È proprio Ruth, quando apprende dalla tv di ciò che è accaduto alla piccola, che invia un messaggio sul cellulare a Leslie, dicendole: “Tuo marito non è chi pensi che sia.” 

Leslie è basita: cioè?? Chi sarebbe in realtà Randall? Le sta forse mentendo e le sue ipotetiche menzogne potrebbero essere la causa del dramma che si sta consumando in casa loro?

All’improvviso, la famiglia perfetta di Leslie sta rivelando le sue fragilità, i suoi angoli oscuri, forse le sue bugie e i suoi segreti.

La stessa Leslie aveva nascosto il perché ha tardato nel tornare a casa.
Randall potrebbe non essere chi dice di essere.
Shelby non ha raccontato tutta la verità, altrimenti né lei né sua madre sarebbero tanto nervose da risultare sospette.

Insomma, pare che tutti abbiano un qualche piccolo segreto da custodire.
E se la chiave per risolvere tutto fosse proprio lei, questa estranea di nome Ruth?

Ruth, in effetti, ha qualcosa da dire, un segreto (anche lei!) da svelare e che, da anni, la sta divorando dentro, privandola di serenità, voglia di vivere e di stare con le persone, obbligandola a chiudersi in casa a impilare roba inutile.

Un segreto che l'accomuna proprio a Shelby e che, se venisse finalmente reso noto, potrebbe essere la chiave per risolvere tutto e, forse - se si è ancora in tempo -, a riportare a casa un'anima innocente.


"La figliastra" è un domestic thriller avvincente, dallo stile molto scorrevole, dalla storia che si lascia leggere tutto d'un fiato perché la trama si arricchisce, di capitolo in capitolo, di piccole rivelazioni e colpi di scena che conducono dritti verso un finale che tiene il lettore attento e coinvolto.

Un romanzo ben scritto, che ha al centro le relazioni famigliari, soffermandosi sulle famiglie allargate, sui segreti che spesso risiedono tra le mura di case che, dall'esterno, paiono perfette, sui traumi irrisolti che, se non tirati fuori opportunamente, possono condizionare negativamente un'intera esistenza, sulle molestie sessuali, su relazioni di coppia tossiche.

Consigliato.

martedì 26 marzo 2024

🐦RECENSIONE 🎻 LE AVVENTURE DI NUVOLA E ANTONIUS di Germana Quadrini

 

Le fiabe musicali che oggi vi presento hanno in comune due speciali protagonisti giovani e inesperti che trovano il coraggio di sognare in grande e di provare a realizzare i loro sogni andando oltre limiti e insicurezze, sfidando timori e insuccessi.




LE AVVENTURE DI NUVOLA E ANTONIUS
 - DUE FIABE DI GERMANA QUADRINI - 




Queen Kristianka Edizioni
Musiche originali di Loreto Gismondi

Le avventure dell’uccellino Nuvola (Durata 11’:44’’)
Antonius, il sogno di un violino (Durata 18’:23’’)

6,00 euro
Voce narrante: David Duszynski
AUDIOLIBRO DIGITALE
FORMATO MP3, scaricabile dalle piattaforme
 IlNarratore, Kobo, Google Play


Nella storia "Le avventure dell’uccellino Nuvola", il passerottino Nuvola è chiamato così per la sua abitudine ad aver sempre il becco rivolto verso il cielo.

Vispo e curioso, ama giocare con tutti gli animali della valle e sogna di volare in alto come un'aquila.

Gli amici, inizialmente, non capiscono come Nuvola possa avere desideri troppo  ambiziosi, ma poi il loro affetto per il passerotto ha la meglio e decidono di aiutarlo nella difficile impresa.

Nuvola è un passerotto con il becco rivolto sempre verso il cielo.
Vispo e curioso, ama giocare con tutti gli animali della valle e sogna di volare in alto come un'aquila.

Gli amici, inizialmente, non capiscono come Nuvola possa avere una tale ambizione, ma poi l'affetto per il passerotto ha la meglio e decidono di aiutarlo nella difficile impresa.

Nuvola dovrà affrontare le proprie paure per ottenere ciò che desidera e volare sempre più su, là dove neanche lui era sicuro di poter arrivare.

Questo simpatico uccellino non si accontenta semplicemente di ciò che conosce ma aspira a qualcosa di più grande ed è desideroso di andare alla scoperta del mondo e della libertà.


"...il cielo è così infinito che appartiene a tutti. 
Trova il tuo pezzo di cielo."


*******

Nella seconda fiaba sonora, "Antonius, il sogno di un violino", conosciamo un vivace e curioso violino che coltiva nel cuore il desiderio far emozionare le persone con la bellezza della sua musica. 

Il liutaio Samuel costruisce con tanto amore pregiati violini, viole e violoncelli; per lui sono come delle creature, dei figli, un po' come Pinocchio per il buon mastro Geppetto; ad esse, l'anziano dà anche dei nomi e il violino della nostra storia si chiama, appunto, Antonius.

Antonius capisce sin da subito che lui e gli altri strumenti di Samuel sono speciali e il suo sogno è poter andare in giro per il mondo nelle mani di un musicista bravo che non lo abbandonerà mai e che lo "userà" per suonare melodie bellissime ed emozionanti.

La sua incredibile voglia di ritrovarsi nelle talentuose mani di un violinista lo spinge, però, a intraprendere dei passi incauti e frettolosi.

Ma per ogni cosa c'è il suo tempo, e come gli esseri viventi crescono attraversando delle tappe e fasi, così è per i violini di questa storia e Antonius lo imparerà molto presto.

Aver fretta di fare ciò per cui non si è ancora pronti e maturi non è una buona idea perché si rischia di fallire e di dover fare i conti con il timore di deludere gli altri e di non essere all'altezza delle aspettative.

Ce la farà Antonius a realizzare il sogno di essere "uno strumento dell'anima" capace di produrre musiche meravigliose nelle mani di un sensibile violinista?


Entrambi i racconti ci ricordano, con molta dolcezza e un pizzico di magia, che ci vuol coraggio e una sana fiducia in sé stessi per raggiungere i propri obiettivi, e che tutti noi possiamo realizzare i nostri sogni, anche dopo qualche errore o insuccesso.


Il linguaggio adoperato è semplice e adatto ad ascoltatori anche molto piccoli; l'ascolto è oltremodo piacevole, sia perché il narratore ha una voce calda, avvolgente e la lettura è espressiva e in grado di coinvolgere l'ascoltatore, sia per la presenza della musica che, lungi dall'essere un semplice "sottofondo", è anzi un elemento centrale, che dà corpo alla costruzione della fiaba stessa, accompagnando sapientemente di volta in volta i personaggi nei loro vissuti e accordandosi alle loro emozioni.

È una tipologia di fiaba ideale da proporre ai bambini in quanto ha tutte le caratteristiche per stimolare la creatività, l'immaginazione, favorire l'espressione di sentimenti ed emozioni, introdurre al meraviglioso mondo della musica e tiene accesa l'attenzione di chi ascolta grazie alla varietà di strumenti musicali, di melodie e ritmi che contribuiscono a far percepire la storia e i personaggi come esseri vivi e con una loro specifica identità.

Un audiolibro, quindi, composto da due fiabe davvero belle, delicate e magiche, con messaggi positivi e che ben si presta ad essere impiegata in ambito educativo.

domenica 24 marzo 2024

ⓧ✘ RECENSIONE ✘ⓧ "X ZERO" di N. Milesi



Come reagiremmo se la nostra esistenza, che sta procedendo "alla grande", tra successi professionali e fugaci relazioni "amorose" appassionate e soddisfacenti, prendesse all'improvviso una piega inaspettatamente drammatica e, per certi versi, ricca di sorprese?
Il protagonista di questo romanzo dal titolo enigmatico è un affermato ed eccentrico curatore e critico d’arte, un uomo affascinante, ironico, intelligente, da sempre uno spirito libero refrattario a convenzioni sociali e a sciocchi sentimentalismi, che si vedrà costretto ad affrontare non poche sfide, senza mai abbandonare il suo motto esistenziale "Carpe diem".



X ZERO
di N. Milesi



Oakmond Publishing
263 pp
14.50 euro
Aprile 2023
LINK


 Charlie Owen ha trentatré anni e vive a Barcellona dove conduce una vita appagante sotto tutti i punti di vista.

Giovane, bello, dannato, cinico, intelligente e sveglio, alla costante ricerca di una sola cosa - il piacere -, ha sempre una gran voglia di ironizzare, sdrammatizzare, di non prendere tutto troppo sul serio; si definisce "un agnostico, un nichilista convinto e un anarchico, seguace dei soli miei sensi. In definitiva potrei definirmi un inguaribile e appassionato lussurioso".


Lavora come critico d'arte ed è molto apprezzato negli ambienti artistici che frequenta.
Orfano di madre, è cresciuto con un padre severissimo, un generale dell'esercito americano che ha tirato su l'unico figlio in un clima da caserma in cui vigeva il detto "ordine e disciplina".
Tra padre e figlio non vi è mai stato un gran feeling né dichiarazioni di affetto per cui, una volta adulto, Charles si è allontanato da lui vivendo la sua vita in assoluta libertà e privo di legami affettivi stabili e importanti.

Fatta eccezione, infatti, per pochi amici - tra cui Victor (ricercatore scientifico) e Katrine (un'artista eclettica ed estrosa con cui gli "capita" di condividere notti infuocate) -, Charles non ha chissà quali rapporti interpersonali cui aggrapparsi e affidarsi, soprattutto in ambito sentimentale.
È un vero e proprio "uccel di bosco" che rifugge qualsiasi tipo di relazione amorosa impegnativa e quando subodora i primi accenni di un sentimento nascente (nell'altro/a), di una forma anche primitiva di gelosia, il giovane stoppa subito ogni frequentazione: niente coinvolgimento emotivo, nessun impegno, zero responsabilità.

Insomma, niente storie serie.
L'amore? Roba da sentimentali patetici, a lui piace solo divertirsi seguendo i propri istinti e impulsi, appagare i sensi e la voglia di perdersi in atti di puro piacere fisico, e non importa che si tratti di maschi o femmine: ciò che conta è divertirsi e stare bene (sempre mettendo prima le cose in chiaro con il/la partner di turno).

Ma a sconvolgere ogni sua certezza ci pensa la vita con diverse novità sorprendenti, che lo mandano in confusione e lo mettono decisamente alla prova.

Una di queste "sorprese" è donna e si chiama Roxanne, una brillante graphic designer, dal fisico perfetto, carismatica, sensuale, bellissima; Charles ne è rapito, ammaliato e diabolicamente sedotto.

Forse si sta avvicinando, anche per un tombeur de femmes incallito come lui, il momento di innamorarsi e impegnarsi in una relazione seria e stabile?

Ma gli scossoni non sono finiti e a dargliene uno bello forte è il suo stesso corpo: qualcosa non va nella sua testa e presto l'uomo riceve una notizia che lo sconvolge profondamente e lo costringe a rivedere tutta la sua esistenza alla luce di questa nuova condizione fisica.

Nonostante questo, Charles non perde vivacità, senso pratico, umorismo e affronta ciò che la vita gli dà giorno per giorno con coraggio e una dose di incoscienza che fa urlare l'amico Victor di disperazione ma che, a ben guardare, è forse la sola àncora di salvezza per lo stesso Charles.

Egli non è tipo da piangersi addosso, da fermarsi, chiudersi in casa a lamentarsi e ad aspettare "l'ora x", anzi: decide di farsi aiutare da Victor per trovare una sorta di "soluzione" al suo problema di salute, "soluzione" che poi dà il titolo al libro stesso.

Non vi dico di cosa si tratta perché è centrale nella trama e, se lo vorrete, scoprirete tutto da soli leggendo il romanzo.

Aggiungo soltanto che gli eventi devastanti non sono terminati e Charles apprenderà delle drammatiche informazioni sulle proprie origini; esse lo lasceranno ulteriormente turbato e sgomento e sue saranno la responsabilità e la libera decisione di capire come e quanto ciò che scoprirà del proprio passato influenzerà il futuro. 

Già, il futuro... La verità è che l'essere umano può immaginare tutti i programmi che gli vengono in mente, scrivere liste di cose da fare e desideri da realizzare..., ma la vita spesso è imprevedibile e il fato - o chi per esso - scombina le carte più di una volta e in modi impensabili.

Da Roxane in poi per Charlie ha inizio un viaggio che lo porterà a porsi degli interrogativi (nonostante egli non ami lasciarsi andare troppo ad elucubrazioni e ragionamenti filosofico-esistenzialistici), ad accettare giorno per giorno la realtà che è il caso a dettare le regole di questo gioco che è la vita; l'Uomo altro non è che una pedina sulla scacchiera dell’esistere, impegnato a barcamenarsi fra luce e oscurità, tra la creatività di un'opera d'arte e il rigore scientifico, tra mito e realtà, dubbio e verità, sesso e amore, vita e morte.

Charles è un protagonista a tutto campo: lo è di questo romanzo e lo è della sua stessa esistenza, le cui redini egli si sforza di non mollare mai per cercare il più possibile di poterla dirigere secondo i propri desideri ed esigenze.
Nonostante il mutare delle situazioni che man mano vive, egli resta sempre coerente e fedele alla propria natura: non si perde in piagnistei, non cede all'autocommiserazione neppure quando i problemi sono talmente gravi che potrebbe concedersi questo "lusso"; è pragmatico e razionale, sì, ma allo stesso tempo non esita a immergersi in esperienze che lo facciano andare oltre sé stesso, che sia attraverso l'alcool o la stessa attività sessuale: il tutto è sempre vissuto al massimo, con euforia e guidato dalla voglia insaziabile di divorare la vita, di godere, la sete di sperimentare nuove sensazioni, anche se questo significa bruciare le tappe.

"X Zero" è un romanzo originale, dagli intrecci narrativi imprevedibili, dove il fattore x, l'incognita, è sempre dietro l'angolo per cambiare il corso di eventi che sembravano procedere senza intoppi; il ritmo è scorrevole grazie a una scrittura che dosa bene le parti descrittive con quelle narrative e dialogiche, a un linguaggio schietto e consono al tipo di personaggi, alle dinamiche che si creano tra loro e al contesto in cui si muovono.

Pur mantenendo toni apparentemente leggeri e ironici (in virtù della personalità forte e stravagante del protagonista), vengono toccate tematiche serie e fondamentali per il vivere umano: l'amicizia, l'amore, (l'assenza di) affetti famigliari, l'uso e di sostanze (droga e alcool), la malattia, per citarne alcune.

Non mi resta che consigliare questo libro di N. Milesi, tra le cui pagine ci imbattiamo di sovente in citazioni e riferimenti musicali, cinematografici, artistici..., e del resto l'autore di sé scrive: "...in bilico fra questo e altri mondi paralleli in perenne ricerca di un punto gravitazionale. Ama l’arte, la letteratura, il cinema, la musica e viaggiare… il resto è necessità del superfluo e lucida follia."
 

martedì 19 marzo 2024

> RECENSIONE < SOGNO. LE DUE VITE DI JEAN LOUIS di Giovanni Boschetti



Viaggiando lungo due piani temporali -  prima metà dell'Ottocento e il XX secolo -, i due omonimi protagonisti, non soddisfatti della realtà in cui vivono, cercano di trovarne il senso nella dimensione onirica.


SOGNO. LE DUE VITE DI JEAN LOUIS
di Giovanni Boschetti



PAV Edizioni
170 pp

Il romanzo di Giovanni Boschetti ha due protagonisti con il medesimo nome, Jean Louis, entrambi orfani, abbandonati dalla propria povera madre e con una passione in comune che, negli anni, diviene per loro un'ossessione: il sognare e tutto ciò che è collegato a quest'attività umana e al mondo dei sogni.

Il primo Jean Louis nasce e vive in Francia nel 19° secolo; la sua esistenza è un susseguirsi di povertà, miseria, duro lavoro, maltrattamenti, umiliazioni, carenza d'affetto.

Eppure egli, nella sua miserevole vita, incontra persone speciali che danno nuovi impulsi e frammenti di felicità al suo triste quotidiano: in particolare, un prete ortodosso di origine russa (che avrà una sua vasta importanza circa la maturazione delle convinzioni e delle nozioni di Jean Louis sui sogni) e la bella Christelle, una ragazza che, pur costretta a praticare il mestiere più antico del mondo per guadagnarsi qualcosa da vivere, ha un cuore semplice e un animo buono; con lei, il ragazzo conosce l'amore, il piacere dei sensi e la magia di sentirsi uniti a qualcuno che lo ama per ciò che è.

Ma non è l'amore, per quanto fondamentale, a far sentire Jean Louis completo e realizzato: è il sogno.
Egli ama sognare perché nei suoi sogni si rifugia, per evadere da una squallida quotidianità.

"Jean cercava ad ogni costo di sognare per uscire dalla sua stessa vita, che mal sopportava. Così, giorno dopo giorno, affinò l’arte del sognare a tal punto che ricordava perfettamente ogni sua fantasia a occhi chiusi."

Ma per dormire beatamente e sognare, egli ha bisogno di ingerire dosi di laudano sempre più massicce, così da essere sicuro di dormire e abbandonarsi alle proprie visioni oniriche.

Cosa e chi cerca Jean Louis, sognando?
Benché nel cuore ci sia la sua donna, egli ha conservato sempre un angolino per la madre, colei che l'ha messo al mondo e che egli non ha mai conosciuto; non solo, ma anche la ricerca di Dio e il desiderio di poter vedere il suo Regno diventano un pensiero fisso.

E la cosa più sensazionale è che, con costanza e convinzione, egli riesce ad entrare in un mondo onirico 
che si rivela parallelo alla vita reale e non meno concreto di essa.
Jean Louis interagisce con i personaggi dei propri sogni come se si trattasse di persone vere e impara ben presto ad entrare e uscire dai sogni come se fossero una dimensione reale, che gli appartiene.

Se la solitudine era stata la motivazione di partenza per viaggiare nel mondo dei sogni e distaccarlo dal mondo reale, più sogna e più il protagonista sviluppa una straordinaria e singolare capacità di entrare e di appropriarsi della dimensione dei sogni, squarciando quel velo di tenebre  che è l’inconscio e imparando a padroneggiarlo, ad usarlo a proprio piacimento, addirittura riuscendo a prolungare una visione, ad innestare su un sogno un altro sogno precedentemente vissuto..., insomma, il ragazzo acquisisce la capacità di manipolare i sogni, di guidarli, influenzarli.

Dove lo porterà questa sua acuta e bizzarra curiosità onirica? Fin dove Jean Louis si spingerà per esplorare i sogni e le visioni ad essi collegate?

Secoli dopo, un giovane uomo di nome Jean Louis, con la passione anch'egli per i sogni, si porrà l'obiettivo di utilizzare la moderna tecnologia per provare a giungere dove nessuno si è mai spinto: oltre il visibile.

Ad accomunarlo al primo Jean Louis ci sono diversi fattori: il nome, il fatto di essere stati abbandonati dalla madre ed essere cresciuti in orfanotrofio, il possesso di un oggetto speciale, prezioso quanto misterioso, vale a dire il medesimo pupazzetto di legno, un vero e proprio talismano che per ambedue sarà importante in quanto collegato alle proprie origini e alla figura materna.
E ovviamente ci sono i sogni, ad unirli.

Il Jean Louis dell'era contemporanea, indagando sulle proprie origini, scopre di essere un discendente dell'altro Sognatore vissuto ai tempi di Napoleone e, leggendo le annotazioni scritte da un certo padre Dimitrij agli inizi del XIX secolo, comprende che anche Jean 1 era come lui, innamorato dei sogni e desideroso di dominarli, di usarli secondo il proprio volere per conoscere ciò che finora l'essere umano non ha mai conosciuto; sì, perché il suo antenato era convinto che, attraverso i sogni, l’uomo potesse avere più conoscenza e di sé stesso e del mondo oltre l’umano, fino ad arrivare a Dio.

Grazie a due collaboratori curiosi e arditi come lui, e alla messa a punto di un congegno tecnologico unico nel suo genere, Jean 2 cercherà di introdursi nella mente delle persone e, chissà, creare un mondo onirico davvero vivibile. 

Era possibile confondere la realtà con il sogno e il sogno con la realtà stessa?

Siamo in presenza di un romanzo visionario, molto particolare, in cui il vero protagonista è proprio il sogno e tutto ciò che attiene ad esso, in special modo i suoi poteri immaginifici, le tante e intriganti associazioni ed interpretazioni, cosa sogniamo e perché, cosa esprimono e significano i contenuti dei sogni, se e quanto l'uomo sia in grado di manipolare i sogni.

Il testo è pregno di reminiscenze e passaggi di carattere storico, filosofico, letterario, è scritto con uno stile elegante, enfatico e non è una lettura "d'intrattenimento", nel senso che si lascia apprezzare se la si legge con calma, seguendo i pensieri e i desideri dei protagonisti, la cui mente è sempre rivolta verso ciò che è trascendentale, a fronte di un'esistenza che evidentemente non regala loro nulla di veramente appagante.

Anche se in alcuni punti ho trovato che il testo fosse un po' ripetitivo e che le digressioni, rispetto alla trama fossero non poche (col rischio di risultare dispersive), devo dire che il romanzo di Boschetti è senza dubbio strutturato in maniera ragionata, sapiente, e che abbia al centro uno dei più affascinanti misteri del vivere umano, il sognare e i sogni, appunto, e non solo: anche l'euforia, l'esaltazione, il senso di onnipotenza dell'uomo che cerca di mettersi in contatto con l'Invisibile, con la Divinità, sfidando ciò che è noto ed umano per toccare vette al di là di ciò che si può vedere e toccare.

Consigliato in particolare a chi è affascinato dalla tematica e non teme di immergersi in un libro diverso dal solito e sicuramente originale.

sabato 9 marzo 2024

RECENSIONE ✭ LA NIPOTE di Bernhard Schlink



Kaspar, dopo essere rimasto vedovo, si ritrova tra le mani un manoscritto della defunta e amata moglie; apprende importanti verità sul passato di lei, sul suo percorso esistenziale, sulle scelte operate e sui rimpianti per gli errori commessi.
L'uomo si mette sulle tracce di questo turbolento passato e in questo viaggio la sua vita solitaria e abitudinaria verrà arricchita da un incontro speciale.


LA NIPOTE
di Bernhard Schlink

Ed. Neri Pozza
trad. S. Kolbe
336 pp
«La verità è una sola. Non appartiene né a me né a te, c’è e basta. Come il sole e la luna. E come per la luna, a volte se ne vede solo la metà, ma c’è tutta, è rotonda e bella».


È il maggio del 1964 quando, a Berlino Est, in occasione del convegno promosso dalla Freie Deutsche Jugend (FDJ, l’organizzazione giovanile del partito al comando dell’allora DDR*), i giovanissimi Birgit e Kaspar si incontrano per la prima volta. 

Birgit è incaricata dalla FDJ di accogliere gli ospiti provenienti da ogni parte della Germania; Kaspar è un giovane studioso di storia dell’Ovest. 

I due si innamorano, e mentre i giovani delle due Germanie ballano e suonano insieme, superando ogni barriera e confine, tutto sembra possibile e roseo. 

Nel presente, nella Berlino odierna, quella primavera del 1964 è ormai parte delle illusioni perdute: frantumati i sogni di fratellanza, anche l’amore con e per la sua complicata e sfuggente Birgit pare essersi dissolto nel nugolo offuscato di bugie e segreti che li hanno separati per anni, senza che Kaspar se ne accorgesse. 

Dopo la morte della donna, infatti, Kaspar scopre nel suo computer la bozza di un libro autobiografico che la moglie avrebbe desiderato pubblicare; leggendolo, l'uomo apprende che, prima di lui, Birgit aveva avuto una relazione con un funzionario del Partito, dalla quale era nata una bambina, affidata poi a un’amica. Quest'ultima, a sua volta, aveva avuto da Birgit il triste compito di affidarla a qualcuno che l'adottasse. 

Sebbene deluso e amareggiato, oltre che distrutto dal dolore di un lutto che non ha nemmeno avuto il tempo di elaborare, Kaspar si sente altresì animato anche da una nuova speranza: fare ciò che Birgit non ha mai avuto il coraggio di fare, vale a dire trovare la figlia perduta. 

Inizia così un viaggio che lo porterà in uno degli insediamenti dei Völkischen**, membri dell’estrema destra tedesca che portavano avanti un'idea di “nazionalismo contraddistinto da un codice etnico razzista con una base ideologica anti-moderna”.

Dopo aver chiesto a persone che avrebbero potuto dargli informazioni utili, Kaspar finalmente trova la figlia di Birgit: si chiama Svenja ed è una donna che negli occhi, nei capelli, persino nella voce, ricorda sua madre. 
È sposata col tronfio e iracondo Björn, portano avanti la loro bella fattoria ed hanno una figlia 15enne, Sigrun, una ragazzina dai capelli rossi dallo sguardo vispo e intelligente.

Da sempre (per vissuto e per carattere) tranquillo, ragionevole, accondiscendente e mai aggressivo, Kaspar resta interdetto dai modi di fare del capofamiglia, che quando sente che la madre biologica della propria moglie è da poco deceduta, fiuta l'odore di una possibile eredità e comincia da subito ad avanzare pretese economiche al vedovo, accompagnate da minacce e voce grossa.

Kaspar sarà pure pacato ma non si spaventa per i modi del rozzo fattore: a lui interessa solo interagire con Svenja e poterle parlare di Birgit, farle capire che, anche se è stata abbandonata, non è stata mai dimenticata: anzi, Birgit stava scrivendo un libro sulla propria storia e desiderava tanto poterla cercare per offrirsi a questa figlia perduta, darle una mano (economica e non solo) e provare a stabilire, magari, un minimo di rapporto con lei.

In questa comunità rurale di neonazisti Kaspar è a disagio, anche perché è chiaro che  Björn e Svenja non abbiano molta simpatia per lui; ma a rubargli il cuore è la ragazzina, Sigrun, che con una tenera spontaneità lo chiama subito nonno.

Kaspar è commosso dalla vicinanza emotiva che sente con questa adolescente che è praticamente un'estranea e, per lui che avrebbe voluto dei figli con e da Birgit, pensare di avere una nipote, di punto in bianco, lo riempie di gioia.

Tra i due nasce un'immediata connessione e, nonostante il gap generazionale e l'opposta visione del mondo e della vita, Kaspar e Sigrun si trovano benissimo insieme.

Sigrun è una ragazzina dal carattere molto determinato, legge tantissimo, ha un'ottima dialettica per la sua età, è una figlia obbediente che lavora accanto al padre bracciante; quando riesce ad ottenere - in cambio di lauti bonifici - che la nipote acquisita trascorra del tempo con lui, le sue giornate acquistano un nuovo senso, slancio, scopo.

"Fino ad allora Kaspar aveva vissuto la sua vita, e le vite degli altri per lui erano come i palazzi, le strade e gli alberi che lo circondavano. A meno che non avesse un qualche rapporto con loro e loro con lui; in quel caso le percepiva e riconosceva il valore che assumevano per lui. Adesso invece, per la prima volta, le percepiva per come erano veramente, di per sé, ogni singola vita come un mondo intero, completo e compiuto."


Sigrun è servizievole, premurosa, lo accompagna nella libreria (di proprietà di Kaspar), gli prepara la colazione, insieme vanno ai concerti e il nonno scopre che la ragazzina sa suonare il pianoforte e che cela uno straordinario talento musicale.

Oltre a organizzarle e pagarle le lezioni di piano, i due chiacchierano moltissimo di argomenti importanti e Kaspar ascolta con apprensione e sgomento i discorsi infervorati di quella ragazzina tutta capelli che gli parla esaltata dell'ideologia hitleriana, di Irma Grese come di un'eroina, del Diario di Anna Frank, e dell'Olocausto in generale, come di un'enorme menzogna escogitata dagli ebrei.
Non solo: ma ovviamente lo straniero è visto dai Völkischen come una minaccia alla tranquillità dei tedeschi, al loro benessere e alla realizzazione stessa di una Germania forte e pura.

Kaspar è preoccupato: la testa di Sigrun è strapiena di bugie razziste: è compito suo, in qualità di nonno, aiutarla a rivedere le proprie idee o deve farsi gli affari suoi?
Non sarà una scelta semplice per l'uomo, che dovrà mettere d'accordo la ragione con il cuore per cercare comunque di non perdere questa nipote diventata troppo importante per lui.


Nel complesso, una volta terminato, ho trovato il libro sicuramente scritto bene e interessante, in cui l'intreccio delle dinamiche relazionali del personaggi si amalgama con tematiche esistenziali, politiche, socio-culturali; sono molti, infatti, i passaggi ricchi di dettagli circa le idee di Birgit e dei völkischen sulla Germania, sulla situazione storica, socio-politica ma anche culturale, letteraria, artistica e musicale degli Anni Sessanta e oltre.

Confesso di aver trovato poco stimolante la prima parte del libro, soprattutto quella relativa al passato di Birgit (più che altro perché il ritmo è un po' lento) e di aver gradito maggiormente le pagine in cui si racconta il rapporto tra nonno e nipote, con tutte le disquisizioni sulle idee razziste e nazionaliste di cui è infarcita la testolina della giovane.
Ottima la caratterizzazione dei personaggi anche se, per buona parte del romanzo, personalmente mi è mancato un aspetto per me essenziale: il coinvolgimento emotivo; confesso che mi sono sentita molto distante da ciò che leggevo sulle illusioni e le disillusioni dei tedeschi di quel periodo (anni Sessanta).



CITAZIONI

"Quando si vive in un paese governato da un regime cattivo, si spera sempre in un cambiamento, e poi un bel giorno il cambiamento arriva. Il regime cattivo viene sostituito da uno buono. Se si era stati contrari, si può tornare favorevoli. Se si era stati mandati in esilio, si può rientrare in patria. Chi è rimasto e anche chi se n’è andato può riappropriarsi del paese che ridiventa il suo paese, quello che aveva sognato. La DDR non ridiventerà mai il paese sognato. Semplicemente non esiste più. Chi è rimasto non prova nessuna gioia, chi se n’è andato non ci può più tornare; il loro esilio è senza fine. Di qui il vuoto. Il paese e il sogno sono irrimediabilmente perduti. Non è la perdita irrimediabile che mi mette tristezza, bensì il vuoto. Il vuoto, il dolore del vuoto, il dolore".

"Come si riesce a sfuggire agli altri? Vivendo con risolutezza la propria vita."

" «Birgit, la figlia, le cose taciute – mi sento come se mi mancasse il terreno sotto i piedi. Come se tutto fosse solo “forse”»."

"Come è quieto il mondo 
avvolto nel crepuscolo, 
così intimo e incantevole, 
come una stanza tranquilla, 
dove gli affanni del giorno 
possono essere dimenticati nel sonno."



NOTE

* Repubblica Democratica tedesca, nota anche con il suo acronimo DDR, fu uno stato formatosi durante la Guerra Fredda nella parte orientale del paese (fonte)

**  Ho trovato in internet questo articolo in pdf, magari potreste trovarlo interessante per approfondire il movimento Völkisch QUI

martedì 27 febbraio 2024

★ RECENSIONE ★ IL RITORNO di Diana Gabaldon (Outlander #3)



Abbiamo lasciato, nell'Amuleto d'ambra, Claire Randall impegnata a raccontare a sua figlia Brianna la verità sull'incredibile avventura da lei vissuta fra il 1945 e il 1946, quando scomparve misteriosamente; grazie al magico cerchio di pietre di Craigh na Dun, Claire era stata catapultata nella Scozia del Settecento, dove si era innamorata follemente del nobile giacobita James Fraser. 
In questo terzo volume seguiamo Jamie e Claire da Lallybroch a Culloden, intenti a provare a cambiare la storia affinché gli Highlander non soccombano davanti agli inglesi.



IL RITORNO
di Diana Gabaldon



Ed. Tea
trad. V.Galassi
394 pp
Finalmente Claire e Jamie possono fare ritorno dalla Francia (assieme al giovanissimo e devoto Fergus) alla Scozia, e casa significa Lallybroch. 
Lontani dagli intrighi di Parigi, la coppia ritrova un po' di conforto e serenità nell'idilliaca vita da Laird, ma la pacchia termina presto: Jamie, infatti, non solo deve obbedire a Prince Charles e unirsi alla battaglia contro gli inglesi, ma deve anche andare da suo nonno Simon Fraser (con cui non ha praticamente mai avuto relazioni di alcun genere) per riferirgli l'ordine da parte del re di "prestare" gli uomini del proprio clan per la guerra.

Simon Fraser, detto Lord Lovat e anche The Old Fox, è tutto fuorché un nonnino pacioccone e simpatico: è un individuo volgare, cafone e sgradevole e Claire, che accompagna il marito per incontrarlo e parlargli, avrà modo di rendersene conto da subito.

Mentre Jamie cerca di addestrare gli uomini a sua disposizione per l'imminente Rivolta, Claire continua a fornirgli tutte le (poche) informazioni che conosce sul destino della Scozia in questa fase storica.

La loro speranza è quella di poter agire sul futuro, modificando le sorti della battaglia così come Claire le conosce (che poi è come si sono in effetti già verificate, viste dalla prospettiva futura) e risparmiare un sacco di morti agli scozzesi.

Ma saranno davvero in grado di cambiare le carte in tavola o tutto ciò che avverrà è già stato deciso ed è immodificabile?

Il lettore accompagna passo passo Jamie e la sua Sassenach in questa avventura pericolosa che li vede attraversare paludi e affrontare gli acerrimi nemici; a Prestonpans, Jamie e l'esercito giacobita intraprendono la loro prima battaglia contro di essi e riescono ad uscirne vincitori.
Ma la fortuna non sarà sempre dalla loro parte...

Rivedremo vecchie conoscenze, come Colum MacKenzie, suo fratello Dougal e il viscido duca di Sandringham, che riesce a far prigioniera Claire in casa propria con l'obiettivo di poter attirare Jamie e consegnarlo agli inglesi.

Ma soprattutto non mancherà l'odiatissimo Jack "Black" Randall, sempre malvagio e perfido; eppure, sarà proprio lui a rivolgersi a Claire per chiedergli aiuto: suo fratello minore Alex è in fin di vita e la donna lo aiuterà ad andare incontro alla morte alleviandone le sofferenze fisiche.

Questo terzo volume è appassionante come i precedenti anche se ho riscontrato un ritmo meno incalzante; ci si sofferma molto sulla lotta giacobita e sulle scarse possibilità di vittoria degli scozzesi; mentre si avvicina la famosa e catastrofica battaglia di Culloden, sale la tensione e hanno luogo avvenimenti importanti, che incidono molto sui due protagonisti e sul loro amore.

Teniamo presente che questo è il resoconto che Claire fa a Brianna e Roger Wakefield nel 1968, per cui Claire è adesso nel presente ma non ha mai smesso di pensare al passato, anzi i suoi ricordi sono costantemente abitati dai "fantasmi" delle tante persone conosciute due secoli prima, primo tra tutti, il suo amato Highlander dai capelli rosso fuoco.
E a proposito di lui, ciò che le preme sapere è: fermo restando che la battaglia di Culloden fu una terribile disfatta, chi sopravvisse? E se ci fosse proprio James Alexander Malcolm MacKenzie Fraser tra i pochi fortunati che riuscirono a non morire?

Le ultime pagine sono movimentate e dinamiche perché rivediamo un'altra persona che Claire ha incontrato nel Settecento in Scozia e che... è viva nel 1968, il che significa che è anch'essa una viaggiatrice.

Mi verrebbe voglia di iniziare subito il successivo e non posso che consigliare la saga a chi ama il romance mescolato ai fatti storici con l'elemento fantasy del viaggio nel tempo; la penna della Gabaldon è ipnotica, per me, riesce a trasportarmi in un periodo storico affascinante, descrivendolo benissimo e in modo vivido, tanto da sentirmi immersa totalmente in quel contesto.
L'amore tra Claire e Jamie è sempre coinvolgente, forte, sincero, ardente e votato anche al sacrificio pur di salvare l'altro quando è in pericolo.


"Lascia che io te lo dica nel sonno quanto ti amo. Perché non c'è molto che io possa dirti mentre siamo svegli, se non le stesse, povere parole, ripetute ancora e ancora. Mentre dormi tra le mie braccia, invece, posso dirti cose che suonerebbero sciocche nella veglia, e i tuoi sogni sapranno che sono vere. Dormi, mo duinne".


Recensioni    

lunedì 19 febbraio 2024

>> RECENSIONE << IL BOSCO DI FAGGI di Salvina Alba



Sentirsi imbrigliati in una situazione che crea disagio, frustrazione, infelicità è una delle sensazioni più spiacevoli che si possano provare ed è proprio ciò che vive il protagonista di questo romanzo, la cui vita procede in una corsa quotidiana per compiere sacrifici per far quadrare i conti e non scontentare coloro che gli sono vicini.
Ma a volte basta poco perché avvenga qualcosa che sconvolge l'esistenza proprio quando sembrava arrivata a un punto morto.

IL BOSCO DI FAGGI
di Salvina Alba


Ed. Convalle
234 pp
Alain ha venticinque anni, vive a Torino e lavora come operaio in una fabbrica; non ama il suo lavoro meccanico, fatto di gesti sempre uguali e alienanti, ma non può certo permettersi il lusso di licenziarsi: deve lavorare, come tutti, per portare lo stipendio a casa.
Alain vive con il padre invalido e un fratello (Roberto) e una sorella (Anna) ancora minorenni; la situazione familiare è difficile perché vede Alain come l'unico responsabile dell'andamento della casa, visto che il padre è inabile e va assistito e i fratelli adolescenti, che frequentano ancora la scuola, mostrano un irritante menefreghismo verso i sacrifici del fratello maggiore, che desidererebbe da loro un po' di collaborazione per alleggerirgli il carico.

E invece, dopo otto ore in fabbrica, Alain deve pure sistemare casa, cucinare, sparecchiare, occuparsi del padre e stare anche attento a che i fratelli facciano il loro dovere a scuola.

Insomma, Alain si sente soffocato dalle responsabilità, spesso è frustrato, arrabbiato, avrebbe voglia di urlare, sbattere la porta e scappare da quella situazione (mollare casa, lavoro, tutto) ma fortunatamente ad offrigli un po' di consolazione c'è la musica e ci sarebbe anche la fidanzata, Serena. 

Con Serena il condizionale è d'obbligo ma non perché la ragazza abbia qualcosa che non va: lei è dolce, comprensiva, premurosa, innamorata di Alain e, soprattutto, vorrebbe sposarsi, metter su famiglia, costruire qualcosa di stabile insieme.
Eppure Alain temporeggia: lui si ripete di amare Serena e comprende che il desiderio di lei di sposarsi sia legittimo, ma... non è pronto a fare il grande passo.

Perché? 
La difficile situazione col padre e i fratelli, e le responsabilità che ha verso di loro, lo bloccano e lo stressano, per cui prendere un ulteriore impegno con Serena è qualcosa che per ora non se la sente di affrontare.

Ovviamente le sue esitazioni innervosiscono la fidanzata, con cui spesso litiga; menomale che c'è almeno la musica a consolarlo e distrarlo! Alain non solo suona il piano ma scrive anche canzoni che canta e suona col suo gruppo di amici - Ginko, Manuel e la sua ragazza, Silvia -, con cui si riunisce per suonare i pezzi.
Un giorno i ragazzi gli comunicano una notizia che potrebbe essere bella e brutta insieme, per Alain: hanno ricevuto una proposta imperdibile, quella di fare delle serate nel mese di agosto, in giro per la regione.

Un'opportunità davvero vantaggiosa per la band; rinunciarvi sarebbe da matti.

Eppure Alain sente la delusione montagli nel petto: come potrebbe lui lasciare casa per un mese intero?
Chi bada al padre, a Roberto e Anna, alla casa? 
Lui vorrebbe tanto poter essere libero e andarsene in giro a suonare e cantare... ma come fa?
Ha degli obblighi che gravano tutti sulle sue spalle, scrollarseli di dosso, come se niente fosse, è più facile a dirsi che a farsi.

Ma quando si vuole qualcosa a tutti i costi, la soluzione al problema la si può trovare e, in un modo o nell'altro, Alain la trova.

In un impeto di autodeterminazione e volontà, si organizza e decide di seguire il suo gruppo nella tournée estiva. 
Ma poco dopo essersi messi in viaggio i ragazzi fanno un incidente stradale che sconvolge tutti i piani e che sarà l'inizio di un'esperienza incredibile, estrema, assurda, dai risvolti inaspettati per tutti, in special modo perAlain.

Non voglio aggiungere molto altro perché ciò che vive Alain (e, fino a un certo punto, anche Ginko, Silvia e Manuel) è un po' il fulcro del romanzo; posso però accennare al fatto che l'incidente costituisce una sorta di point break per il protagonista, che viene risucchiato in una situazione inquietante, paradossale, kafkiana.

Incontra persone molto strane e poco rassicuranti e vive momenti di vero panico, in cui si ritrova accusato di aver commesso azioni terribili per le quali deve pagare un "prezzo", ma questo prezzo è incomprensibile, irragionevole; Alain finisce in un incubo dai contorni agghiaccianti, paurosi, in cui si trova ora imprigionato, ora lasciato libero di provare a scappare attraversando un bosco di faggi.

La narrazione in prima persona ci lascia entrare da subito nel vivo delle vicende personali e famigliari di Alain e, quando insieme a lui lo accompagniamo in questa esperienza al limite dell'assurdo (dopo l'incidente), non possiamo non chiederci, con lui: "Ma è uno scherzo della mente di Alain? Sta forse perdendo il lume della ragione? Quanto di ciò che sta vivendo, e che lo sta terrorizzando e confondendo, è reale?".

L'autrice è abile nell'introdurre il protagonista e il lettore in questa "seconda parte" del libro senza salti bruschi ma, anzi, in modo naturale; il ritmo e il tipo di dinamiche che si innescano sono decisamente diverse (se non opposte) alla prima parte: prima dell'incidente, la vita di Alain scorre piatta, grigia, priva di grossi stimoli ed egli è infelice, non appagato di come vive perché i suoi desideri lo porterebbero verso altre esperienze, anche verso un'altra donna; dopo l'incidente, le cose cambiano e Alain vive un'avventura surreale, pericolosa, inspiegabile, in cui si vede costretto a contare solo su se stesso per uscirne sano e salvo.

Ma da cosa o da chi deve salvarsi esattamente?

Addentrarsi nel bosco di faggi diventa per Alain una tappa obbligata e necessaria per affrontare il proprio disagio esistenziale, le cause della propria infelicità, il sentirsi ingabbiato in una prigione che, se da una parte lo immobilizza, dall'altra egli è cosciente che potrebbe addirittura lasciarla, se proprio lo volesse.

Il romanzo di Salvina Alba è un'efficace metafora di come spesso l'uomo si crei delle strade e delle dimensioni diverse e alternative rispetto a quelle che sta vivendo, nell'illusione di poter essere libero, contento, soddisfatto, cercando di ritagliarsi il proprio posto nel mondo e seguendo i propri desideri.

È una lettura che, per quanto mi riguarda, ha saputo incuriosirmi soprattutto quando, a partire dall'incidente, lo scenario muta drasticamente e ogni certezza - tanto per Alain quanto per il lettore - viene meno, per cui la voglia di capire cosa ci sia dietro l'avventura nel bosco mi ha spinta a proseguire con molto interesse nella lettura.

Un romanzo che sembra partire con un "basso profilo" per poi aprirsi a scenari ricchi di interrogativi e sorprese, oltre che di significato. 

Consigliato!

sabato 17 febbraio 2024

[[ RECENSIONE ]] NICO E I CIBI DELLA SALUTE di Imma Pontecorvo

 

Quanto è importante educare le giovani generazioni a mangiar sano e a cercare di ridurre il più possibile il consumo di cibi troppo grassi e zuccherini! 

Questa che vi presento oggi è una storia adatta sia ai bambini, per stimolarli a riflettere sull'importanza di avere sane abitudini alimentari, sia agli adulti (genitori ed insegnanti), chiamati a indirizzare i propri i piccoli verso un modo corretto di mangiare.



NICO E I CIBI DELLA SALUTE
di Imma Pontecorvo

56 pp
Nico è un bambino che frequenta la seconda elementare e ama da impazzire il momento della ricreazione perché può rilassarsi sotto il grande tiglio in fondo al cortile in compagnia di Pietro, suo grande amico e compagno di banco; non solo, ma si divertono a scambiare le figurine e poi... che bello mangiare la merendina che la mamma ha messo nello zaino!

Pietro è l'amico paffutello che mangia dolci e beve coca-cola a più non posso, col risultato che, quando si tratta di accelerare il passo o addirittura correre, Pietro non è proprio agile!

Un giorno si unisce a loro un nuovo compagno di classe di nome Alan, timido e riservato, che stupisce tutta la classe perché dal porta-merenda tira fuori... della frutta!

Eh sì, Alan non mangia crostatine, ciambelle e girelle, bensì banane e mele, il che genera commenti e smorfie da parte di qualcuno, tipo Laura e le sue "seguaci", che trovano niente meno che disgustoso il mangiare frutta.

Ma una mattina accade qualcosa che spaventa tutti e che sarà motivo di riflessione su cosa voglia dire mangiar sano.
Pietro si sente male mentre tutti i bambini sono in palestra a giocare, così viene portato al Pronto Soccorso.

Cosa gli è successo? Come mai si è sentito male?

Ovviamente Nico e i suoi amici sono tristi e preoccupati perché non conoscono la ragione del malore ma è la maestra a spiegarglielo.

Prendendo spunto proprio da ciò che è successo al loro compagno, l'insegnante tiene una bella e utilissima lezione su come il cibo che mangiamo sia determinante per la nostra salute e come alcuni cibi siano più sani di altri, che invece vanno ridotti, se non a volte proprio eliminati.

Attraverso un costruttivo lavoro di gruppo incentrato proprio sull'alimentazione e volto ad aiutare Pietro a mangiar bene, quando tornerà a scuola, Nico e i suoi compagni avranno modo di riflettere su quanto ciascuno di noi, sin da piccolo, sia responsabile di ciò che mangia perché da questo può dipendere l'insorgere di certi disturbi o, al contrario, il crescere sani e forti.

"Nico e i cibi della salute" è un breve racconto per bambini (adatto a una fascia tra i 5 e gli 8 anni) che incoraggia ad affrontare questa tematica importante e necessaria: sviluppare corrette abitudini alimentari nella vita di tutti i giorni per aiutare il nostro corpo a crescere bene, tenendo lontane quelle malattie frutto di una cattiva alimentazione (obesità, diabete ecc...).

Il linguaggio è molto semplice, adeguato a giovani lettori, corredato di illustrazioni colorate, ricco di dialoghi vivaci e molto realistico nel tratteggiare i rapporti tra compagni e tra bambini e adulti; accanto all'alimentazione, ci sono anche temi come l'amicizia, la solidarietà e l'inclusione.

Un libro di facile lettura, ideale per trattare quest'argomento fondamentale con i bambini; può costituire un valido spunto per gli adulti.

Avevo già incontrato Nico in un precedente racconto di Imma Pontecorvo, "Nico e il fantastico mondo del mare", che si soffermava sulla necessità di mantenere pulite le spiagge e di rispettare il mare, preservandolo dall'inquinamento; non posso che consigliarvi la lettura di entrambi.

giovedì 15 febbraio 2024

|| RECENSIONE || D COME DAVIDE. STORIE DI PLURALI AL SINGOLARE di Davide Rocco Colacrai

 

Leggere poesie è come attraversare una porta che conduce in una dimensione fatta di immagini, suggestioni, evocazioni, ricordi, ritratti e frammenti di vicende e persone in cui il lettore sensibile si rivede, ritrovando nei versi pezzi di sé e del proprio vissuto emotivo ed esperienziale.


D COME DAVIDE. STORIE DI PLURALI AL SINGOLARE
di Davide Rocco Colacrai


Sono 26 i componimenti che formano questa silloge poetica divisa in sei parti e caratterizzata dalla presenza, in diverse delle poesie che la compongono, di tematiche di interesse sociale, storico e civile. 
Ed. Le Mezzelane
 92 pp

Accompagnate spesso da citazioni letterarie (Antonia Pozzi, Pier Vittorio Tondelli...) e musicali (Lucio Dalla, Anna Oxa, Luciano Ligabue...), molte di queste liriche hanno un preciso rimando a fatti storici drammatici e di rilievo, come il racconto degli esuli d’Istria e Dalmazia, la tragedia di Rigopiano, la strage di Ustica, il massacro di Shatila.

In questi versi l'autore trasmette con efficacia tutto il senso di impotenza, di smarrimento, il peso della malinconia ("un alito di malinconia a soffitto del cuore") e quello dei ricordi, gli odori, i pensieri, i sentimenti associati a certe esperienze e a determinati luoghi, il dolore e la paura di chi si rende conto che sta per essere ingoiato dal buio della morte. 

Ritratti di donne, che le parole dipingono, con sapienza e sensibilità, nelle loro fragilità come nella loro forza, di uomini che hanno lasciato il segno nella storia e nelle coscienze (vedi i giudici Borsellino e Falcone), di scrittori, di gente semplice e comune, di genitori che hanno lasciato il proprio paese per emigrare all'estero.

La penna dell'autore scava, mette a nudo emozioni, memorie, sogni, speranze, e attraverso un linguaggio ricco di figure retoriche e associazioni simboliche, avvolge con malinconia e intensità, con tenerezza e dolcezza, il lettore trasportandolo in scenari emotivi e umani in cui le storie dei singoli diventano universali, e non potrebbe essere diversamente visto che il linguaggio poetico ha il dono di arrivare al cuore di chiunque vi si accosti col desiderio di essere arricchito e di ritrovare, nella forza evocativa delle parole dei poeti, squarci di vita personale, emozioni, esperienze, verità che appartengono al vissuto di ogni uomo.

È una raccolta che si lascia apprezzare per stile e tematiche, molto piacevole da leggere grazie alla capacità dell'autore di toccare argomenti dolorosi e ricchi di umanità con eleganza e autenticità.


Di questo autore ho letto e recensito sul blog un'altra raccolta di poesie:
"DELLA STESSA SOSTANZA DEI PADRI- POESIE AL MASCHILE" (RECENSIONE).



lunedì 12 febbraio 2024

RECENSIONE 👨‍👩‍👧‍👦 UNA FAMIGLIA AMERICANA di Joyce Carol Oates



Questa è la storia di una famiglia borghese benestante che negli anni Settanta vive in una fattoria da fiaba, tra cavalli e mici, in un'atmosfera famigliare serena, gioiosa.
I Mulvaney destano invidia in quasi tutti coloro che li conoscono.
Fino al giorno infausto in cui accade una cosa che colpisce uno di loro e, di conseguenza, tutta la famiglia. Un evento drammatico da cui parte il "disfacimento" dei Mulvaney, tanto a livello sociale che privato.


UNA FAMIGLIA AMERICANA
di Joyce Carol Oates



Ed. Il Saggiatore
trad. V. Curtoni
512 pp

I Mulvaney, se li conosci, li ami.
O li invidi.
Sì, perché sembrano perfetti, felici, affiatati, sereni, moderatamente cristiani, sempre educati e corretti, di un'esuberanza e di un'allegria sane, floride.
A far da sfondo a quest'allegra combriccola - composta da Micheal Sr, mamma Corinne e i quattro figli, Patrick, Mike, Marianne e Judd - c'è la loro dimora: High Point Farm, una bella e grande fattoria nel Nord dello stato di New York dove gli umani convivono pacificamente con cavalli, gattini e altre bestiole.

I Mulvaney si sono guadagnati il rispetto di tutti quelli che li conoscono: lui, il capofamiglia, ha un’impresa edile ben avviata ed è un rispettato membro del Country Club; Corinne è una donna attiva, profondamente religiosa e con la passione per l’antiquariato e la politica. 
Anche i figli fanno la loro bella figura: Mike junior è un campione di football, Patrick uno scienziato in erba (intelligentissimo e colto, dà del filo da torcere a chiunque incappi in una conversazione "filosofica" con lui, che ha sempre la risposta e le argomentazioni pronte); il piccolo Judd è la mascotte della squadra; la femminuccia di casa - la dolce Marianne - è una studentessa modello, altruista, comprensiva, sempre attenta agli altri, una sedicenne brava e obbediente che mai si sognerebbe di infilarsi volontariamente in qualche guaio né di commettere cattive azioni.

L'unica "colpa" di Marianne è essere una Mulvaney di sedici anni, ingenua.

La vita idilliaca di questo nucleo famigliare si spezza nel giorno di san Valentino del 1976: c'è il ballo della scuola, a conclusione del quale accade qualcosa di terribile alla povera Marianne. 
Quello che le accade, in famiglia verrà chiamato sempre l'«incidente», cercando di evitare accuratamente altri termini più adatti a descrivere il tipo di violenza subita dalla ragazza ad opera di un compagno di scuola, tale Zachary Lundt.

"L'incidente" diventa un fattaccio da non nominare più con nessuno e in nessun caso; Marianne sviluppa tanti e sbagliati sensi di colpa, che la inducono a tenersi tutto dentro e non voler rendere noto "il fattaccio".

A casa, quando la cosa si viene a sapere, tutti ne restano addolorati, sconvolti, arrabbiati.
Se Judd e Mike cercano "semplicemente" di evitare l'argomento doloroso per Marianne e per i genitori, Patrick matura dentro di sé un'enorme e cieca rabbia verso il farabutto che s'è approfittato della sua sorellina.
Corinne è distrutta, non accetta l'idea di non essersene accorta immediatamente e vorrebbe proteggere la sua bambina da tutto, compresi i pettegolezzi cattivi e ingiusti di chi non sa e parla alle spalle, addossando colpe a chi non ne ha e scagionando chi le ha.
E poi c'è lui, il padre: Micheal Sr è anch'egli dilaniato e vorrebbe spaccare la faccia a tutti gli ipocriti che si sono già schierati dalla parte del figlio di papà, contro cui nessuno ha intenzione di mettersi.

"...i Mulvaney erano una famiglia nella quale tutto ciò che accadeva era prezioso e tutto ciò che era prezioso era immagazzinato nel ricordo e tutti avevano una storia. Per questo molti di voi ci invidiavano, credo. Prima degli eventi del 1976, quando tutto per noi andò in pezzi e non venne mai più ricomposto nello stesso identico modo".

La serenità della casa è ormai annientata; in un attimo la famiglia perfetta non esiste più: ciascuno combatte la propria lotta in nome della giustizia, della vendetta o del perdono, tutti si trasformano e si allontanano, sia col cuore che fisicamente. 

Ogni Mulvaney prende la propria strada, prendendo le distanze dalla fiabesca fattoria in cui hanno vissuto la felicità e l'unione, per percorrere cammini differenti, distanti l'un dall'altro; per dimenticare, per non litigare, per non riversare rancori e ira su chi si ama, per cercare di andare avanti, ingoiando il boccone amaro dell'ingiustizia.

Da amati e ammirati a reietti: i Mulvaney diventano, all'interno della cerchia di amicizie (di adulti e ragazzi) degli appestati, gente da cui è meglio stare alla larga perché son capaci di combinare pasticci.

Attorno ai membri di casa Mulvaney si forma la cosiddetta "terra bruciata", un'opera meschina di isolamento e allontanamento da parte di coloro che, fino a una settimana prima, erano amici.

Pur amandosi, i due genitori e i quattro figli non sanno più interagire tra loro; a separarli c'è quel muro creato dall'incidente occorso a Marianne, ed è lei la prima che va allontanata in quanto la sua presenza ricorda troppo tutto il dolore, l'impotenza, la rabbia.

La storia ci viene narrata in retrospettiva dal piccolo di casa, Judd, attraverso il cui racconto entriamo in questa famiglia e, già dopo poche pagine, ci sembra di conoscerli e riconoscerli come se facessimo parte di loro.

"Narrando questa storia dei Mulvaney, dei quali mi trovo a essere il figlio più giovane ma anche, spero, un osservatore neutrale, o almeno qualcuno le cui emozioni sono state purgate ed esorcizzate dal tempo, io voglio scrivere ciò che è vero. (...) Molto si basa su ricordi e su conversazioni con membri della famiglia su cose che non ho vissuto in prima persona e che non potrei mai conoscere, se non seguendo le vie del cuore. Come diceva papà (...) «Noi Mulvaney siamo legati dal cuore»."

Ci fanno sorridere i nomignoli affettuosi affibbiati a tutti - umani e no -, i piccoli e simpatici aneddoti legati all'infanzia che, quando si ricordano da adulti, sembrano sempre più divertenti e buffi; li vediamo cambiare da un giorno all'altro dopo l'incidente, condividendo con ciascuno la sua tempesta emotiva; di alcuni comprendiamo le scelte, di altri meno, ma negli anni impariamo a capirli, a scusarli, e a me personalmente tutti hanno suscitato tenerezza per motivi diversi, nonostante qualcuno (come papà Michael) abbia preso una strada peggiore degli altri. 

Nell'arco di 14 anni, i Mulvaney non si allontanano mai del tutto ma ognuno di essi intraprende un cammino personale importante, imparando a liberarsi dall’obbligo sociale di incarnare la perfezione,di comportarsi secondo delle etichette, di essere per forza  accettati dagli altri per contare qualcosa, e scegliendo di diventare semplicemente se stesso.

"Quali sono le parole giuste per riassumere una vita, tanta affollata confusa felicità che si conclude con un atroce dolore al rallentatore?"

Già, lettori, quali sono le parole giuste per parlare dei Mulvaney?
Di Micheal senior: l'aitante, il gioviale, il burlone, il ricco e carismatico padre, marito, amico e imprenditore o l'uomo solo, arrabbiato col mondo e con i propri cari, ridotto a una larva che trova piacere soltanto nel bere?
Di Corinne, la madre e moglie cristiana, fervente, saggia, entusiasta, o della "seconda Corinne" che vede il proprio nido casalingo disfarsi sotto i propri occhi?
Di Marianne, debole, indifesa, bisognosa di amore, di essere accolta, accettata per ciò che è e per quella macchia sul suo passato.
Di Patrick, la cui razionalità non basta per calmare i fiumi di furore e vendetta che lo lacerano dentro.

La Oates ha saputo magistralmente raccontarci le vicende di questa famiglia, di come l'ossessione per l'ingiustizia subita da una di loro abbia pesato sulle loro vite, singole e in quanto membri del medesimo nucleo famigliare.

Il tratteggio umano che emerge da queste pagine mi ha soddisfatta appieno, la penna della scrittrice americana scorre senza intoppi e facendo crescere, di capitolo in capitolo, l'interesse e la partecipazione affettivo-emotiva ai fatti narrati e ai personaggi coinvolti.

Si fa il tifo per loro, per i cari Mulvaney.
Vi prego, ritrovatevi. Basta un abbraccio e una sincera pacca sulla spalla per spazzare via le nubi.


Un romanzo che mi è piaciuto davvero molto e che vi consiglio, se amate la narrativa americana contemporanea e le saghe famigliari.

giovedì 8 febbraio 2024

⛺🔪RECENSIONE 🔪⛺ ESTATE DI MORTE di Harlan Coben

 

Dopo vent'anni dalla misteriosa scomparsa di sua sorella - legata a una serie di efferati omicidi avvenuti in un campeggio estivo - l'avvocato Paul Copeland viene catapultato nuovamente nel passato: ciò che è successo anni prima lo sta ancora inseguendo, sfidandolo a scoprire ciò che davvero è accaduto a sua sorella, scomodando fantasmi e disseppellendo segreti inimmaginabili.


ESTATE DI MORTE
di Harlan Coben



Ed. Mondadori
trad. L. Guida
378 pp
"Il passato stava tornando, tutto quanto. Sembrava che i morti stessero scoperchiando le loro tombe."

Paul Copeland, avvocato e Procuratore della contea di Essex, sta provando a costruirsi una carriera politica mentre intanto combatte le ingiustizie a suon di arringhe; vicino ai quaranta, vedovo (l'amata moglie Jane è morta di cancro e Paul ha aperto una fondazione per la ricerca in suo onore), è padre della piccola Cara, che trascorre più tempo con la zia Greta che col genitore super impegnato.

Un pomeriggio, mentre è a scuola e sta assistendo ad una rappresentazione di ballo di Clara, viene raggiunto da due detective in cerca di risposte.
Mai avrebbe sospettato che il passato, come una furia, ripiombasse di prepotenza nel presente sconvolgendoglielo.
Ancora una volta.
E questo passato ha il viso e il nome di Camille.

Camille Copeland era la sorella di Paul, di cui si son perse le tracce vent'anni prima durante un campeggio estivo; a quel tempo, accaddero fatti davvero agghiaccianti, che videro quattro ragazzi - Gil Perez, Margot Green, Doug Billingham e, appunto, Camille Copeland - protagonisti e vittime della furia omicida di un serial killer denominato "il tagliagole dei boschi"; i quattro amici si avventurano nei boschi di notte e non fecero più ritorno alle loro tende né a casa. 
Margot e Doug furono assassinati e i loro cadaveri ritrovati; ma Gil e Camille svanirono nel nulla, il che fece nascere la convinzione che il killer li avesse comunque uccisi ma fosse riuscito a nascondere molto bene i loro corpi nei boschi attorno al campeggio.
Per quegli assassinii sanguinosi fu arrestato e condannato Wayne Steubens, a quel tempo molto giovane anch'egli, e che era l'assistente principale del proprietario del campeggio, il signor Ira Silverstein.

Pur non avendo mai visto il corpo senza vita di Camille, la famiglia Copeland ha sempre creduto che fosse morta in quella sventurata estate; certo, avere una tomba presso cui piangere avrebbe potuto aiutarli ad elaborare meglio il lutto... ma è andata così.

Camille non c'è più da tanto tempo, ormai, e benché il papà di Paul (morto tre mesi prima) abbia chiesto al figlio, in punto di morte, di cercare ancora Camille, Paul sa che c'è poco da cercare e che l'unico che potrebbe dare loro un po' di pace e rassegnazione è Steubens, che però non ha mai detto dove ha sepolto i corpi di Gil e Camille.
Anzi, si dichiara innocente!

E allora che vogliono i due detective?
Paul viene chiamato all'obitorio per il riconoscimento di un uomo ucciso la notte prima; questi (che sembra chiamarsi Manolo Santiago) è in qualche modo legato agli omicidi del bosco; non solo, ma una cicatrice sul braccio di questo Santiago rivela una verità sconcertante: il morto è, in realtà, Gil Perez, il ragazzo che - assieme a Camille - era nei boschi ma non fu mai ritrovato.

Questa scoperta getta Paul in un baratro di ricordi strazianti, riaprendo ferite mai rimarginate.

Se Gil era riuscito a sopravvivere alla follia di Steubens, dove si era nascosto durante tutto questo tempo? E perché non è riapparso prima? 
Che cosa era accaduto davvero nei boschi durante quella tragica vacanza? 
È possibile che anche Camille sia ancora viva? 

Da questo momento per Paul inizia una vera e propria ricerca per sapere la verità su chi uccise Margot e Doug e su cosa accadde a Camille e Gil: è proprio la persona in carcere l'assassino?

Paul è un ottimo avvocato, attento, scrupoloso, intelligente, tenace e lo dimostra nel modo in cui porta avanti i casi affidatigli; attualmente, ad es., sta seguendo il caso di una minorenne che fa la spogliarellista e che ha denunciato due giovanotti di averla stuprata.
Il caso non è semplice, tutto è contro la ragazza e per di più i due presunti stupratori sono dei "bravi ragazzi" figli di papà, ricchi e viziati, i cui genitori sono disposti a tutto pur di far uscire puliti i propri figlioli.

Paul si ritrova a dover subire le minacce delle famiglie dei ragazzi, i loro meschini tentativi di infangarlo, colpendo anche i suoi famigliari.
Ma Paul non si lascia intimorire e porta avanti entrambe le battaglie, quella in tribunale e quella volta a scoprire cosa accadde a Camille.

Ad affiancarlo in questa ricerca c'è Lucy, una donna che ha conosciuto molto bene Paul ma che non lo frequenta più da tanto tempo, cioè proprio da quelle maledette vacanze estive: Lucy, attualmente docente universitaria con una laurea in psicologia, è la figlia di Ira, il proprietario del campeggio e "a quel tempo" non solo era anche lei al campo ma quella notte era con Paul, essendo i due fidanzati.

La tragedia li travolse, li ferì e piegò, allontanandoli, ma oggi c'è qualcuno che sta spuntando nuovamente alla porta di entrambi esigendo tutta la loro attenzione.

Sia Paul che Lucy avrebbero voluto solo dimenticare l'estate che cambiò definitivamente le esistenze di ambedue e delle loro famiglie, ma gli spettri del passato - che mai hanno smesso di perseguitarli e condizionarli - riaffiorano per presentare loro un conto salato: la verità.

L'autore ha costruito un impianto narrativo sostanzioso, con non poca "carne al fuoco": per dipanare la matassa degli omicidi del campeggio, Paul deve affrontare e sciogliere altri nodi più personali e famigliari, deve inoltrarsi in un dedalo di reticenze e ambiguità, di bugie e segreti, fare i conti con le zone d'ombra della sua stessa famiglia e con il proprio inestinguibile senso di colpa per non aver vigilato a dovere sulla sorella. 

La trama si apre a diversi piccoli colpi di scena che creano un effetto novità di volta in volta; il lettore, insieme a Paul, scopre tanti pezzi di verità che non avrebbe immaginato e che, effettivamente, possono a un certo punto sembrare "too much", nel senso che, pur di dare una spinta alla storia e renderla accattivante e ricca, Coben vi ha messo dentro tanta roba, anche lo spionaggio russo!

La soluzione di ogni piccolo/grande mistero e dubbio arriva, alla fine, ma devo dire che l'ho trovata un po' troppo tirata, come se l'autore abbia forzato per cercar di creare l'effetto wow... ma ottenendo un effetto bah.

Nel complesso, non mi è dispiaciuto perché gli riconosco una grande snellezza e agilità nel ritmo, ho apprezzato l'abbondanza di dialoghi, i riferimenti agli aspetti irrisolti del passato e anche (nella parte iniziale) l'atmosfera da legal-thriller quando il protagonista è impegnato negli interrogatori in tribunale; avrei preferito una maggiore e più matura caratterizzazione di Paul, che invece ho trovato adulto solo quando si tratta di fare l'avvocato, ma nel privato ha ancora da lavorare su se stesso.

Quindi, mi è piaciuto ma non è un capolavoro di thriller; nondimeno, lo stile di Harlan Coben mi intriga, per cui leggerò altro di suo.

Curiosità: mi è venuta la voglia di leggere questo autore dopo aver visto una mini serie ispirata a un suo romanzo, SUBURBIA KILLER. La serie è complicata e strapiena di dinamiche, sorprese, inganni e questo mi aveva affascinata. Ho scoperto che anche da Estate di morte è stata tratta una mini serie 

"Mi sforzai di ricordare che la speranza è la più crudele di tutte le amanti, che può sbriciolarti l’anima. Ma ora non volevo saperne, volevo coltivare la speranza. Volevo conservarla e fare in modo che per un po’ mi facesse sentire leggero."
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