mercoledì 24 maggio 2017

Recensione: NON VOLEVO DIVENTARE UN BOSS di Salvatore Esposito



"Ogni vita è una storia da raccontare (...), le vite non devono essere dimenticate": questo libro autobiografico nasce dal desiderio del suo Autore, l'attore napoletano Salvatore Esposito, di parlarci di sè, di ciò che ha valore e significato nella sua vita, e di quelle persone e situazioni che gli hanno permesso di realizzare un sogno.


NON VOLEVO DIVENTARE UN BOSS
di Salvatore Esposito


Ed. Rzzoli
2016

Il primo capitolo di questo libro, a mo' di introduzione, ci racconta un episodio sigificativo che ha spinto Salvatore a mettere per iscritto la propria storia: un giorno è stato chiamato, in quanto personaggio famoso, a visitare i bambini ricoverati in un reparto di oncologia pediatrica, e la madre di uno di essi gli chiese di parlare un po' di sè..., di lui, Salvatore Esposito, e non di Gennaro Savastano, il noto personaggio della serie Gomorra, che gli ha dato moltissima notorietà.

Questa richiesta, semplice ma importante al contempo, ha dato il via a un viaggio nei ricordi grazie al quale Salvatore ha deciso di raccontare di sè, partendo dalla sua famiglia, dalle sue umili "origini":  è un figlio della Napoli popolare, con un padre barbiere, e cresciuto senza vizi, dovendo presto imparare a darsi da fare. 

Salvatore è stato un bambino molto vivace, lui si descrive come un tipetto sicuro di sè, a tratti anche un po' "prepotente", che però ha imparato, col tempo e grazie alla sua famiglia, a smussare certi lati del proprio carattere.
Quella spavalderia ha rischiato di renderlo facile preda di gente male intenzionata, che magari vedeva in lui un futuro bulletto da avviare alla malavita..., ma fortunatamente i sani valori inculcati dai genitori hanno fatto sì che Salvatore non prendesse una brutta strada e che "sfruttasse" il proprio modo di essere, esuberante e un po' sbruffone per qualcosa di decisamente migliore.

Pagina dopo pagine, ci scorrono davanti gli anni di un'infanzia felice a Napoli, la scuola, gli studi universitari, il primo vero lavoro - al McDonald's - che ha costituito anche il primo e concreto passo verso la maturità e il tentativo di essere indipendente.., fino al giorno in cui quella passione per la recitazione, già presente in lui ma fino a quel momento non assecondata, si fa avanti prepotentemente e Salvatore si guarda intorno, ma soprattutto guarda dentro di sè e comprende che non è quella la vita che vuole fare...

"...il sacro fuoco della recitazione bruciava sotterraneo, tornava a ondate ossessivamente" e così ne parla in famiglia, con le persone care che, lo sa, sono e saranno sempre dalla sua parte, pronte a sostenerlo, consigliarlo, aiutarlo.
Ed è così che Salvatore, gradualmente, comincia a prepararsi in vista del trasferimento a Roma: studia , legge, frequenta una scuola di cinema a Napoli e nel 2009 avviene il cambiamento più grande: si iscrive all'Accademia del Teatro Blu a Roma e da lì ha inizio la sua strada per realizzare il proprio sogno di diventare attore.

Mi fermo qui con la storia di Salvatore perchè il mio invito è quello di leggere non solo in che modo è approdato a Gomorra, ma in generale quali sono stati i suoi passi nel mondo della recitazione, con quali sentimenti, pensieri, aspirazioni si è avvicinato ad esso e cosa l'ha reso il giovane uomo che è oggi.

Salvatore, nel suo modo spontaneo di esporci i fatti salienti della sua vita fino a questo momento, dà molto risalto alle persone per lui importanti, a cominciare dalla famiglia - che ha un peso significativo e un valore immenso per lui, perchè i suoi genitori hanno fatto non pochi sacrifici per permettergli di studiare nella capitale e non gli hanno mai fatto mancare tutto il loro sostegno - e da tutte le altre incontrate nel suo cammino, per le quali mostra stima, affetto, gratitudine: in primis Beatrice Bracco, regista e docente che ha fondato l'Accademia da lui frequentata, alla quale deve tantissimo e professionalmente e umanamente; e poi registi, colleghi, lo scrittore Saviano..., insomma Salvatore non dimentica nessuno e ha sincere  ed affettuose parole di riconoscenza per quanti hanno lasciato un'impronta nella sua formazione, come attore e come uomo.

Ci sono tanti aneddoti ed episodi interessanti, ma a prescindere dalla curiosità che si può avere per il giovane attore che magistralmente interpreta Genny, il boss dagli sguardi gelidi e spietati, ciò che si impone all'attenzione del lettore sono le qualità umane di Salvatore, l'amore per la famiglia, per le proprie origini modeste ma sane, i valori e i principi che porta dentro di sè e che hanno contribuito a farlo essere la persona che è; ancora, l'amore per la sua Napoli, di quella Napoli bella, fatta di persone dal cuore grande, accoglienti, generose, allegre.., così come ce la raccontano le opere del grande Eduardo De Filippo o quella dalle mille sfaccettatture - con i suoi lati negativi e il suo innegabile patrimonio culturale, artistico - cantata dall'indimenticabile Pino Daniele.

Oltre a parlarci delle persone che hanno avuto (e/o hanno ancora oggi) un ruolo preponderante nella sua esistenza, Salvatore non manca di raccontarci anche qualcosa di Gomorra, di quanto e quale tipo di lavoro ci sia dietro, e ancora di ciò che, in generale, per lui conta: dalla musica alla passione per il calcio, dai "privilegi" derivanti dalla propria professione ai limiti e alle rinunce che la notorietà porta inevitabilmente con sè, dalla fede al rapporto con i fans.

Un'autobiografia a 360°, quella di Salvatore Esposito, che in queste pagine condivide con quanti lo stimano una ricca parte di sè, e le sue parole, nella loro semplicità e onestà, non solo soddisfano la curiosità di quanti lo seguono come attore, ma incoraggiano in particolare i giovani a non lasciarsi sedurre dalla speranza di guadagni facili, promessi appunto dalla camorra, che purtroppo riesce a "reclutare" tante giovani vite (spesso prive degli strumenti adeguati per "dire no" alla prospettiva di una carriera criminale) che si ritrovano a vivere ogni giorno in una realtà difficile, in un contesto caratterizzato da degrado e delinquenza in cui l'assenza dello Stato è evidente...

Personalmente ho letto questo libro in quanto "fan di Gomorra", ma devo dire che, leggendolo, ho potuto apprezzare Salvatore come persona: è sempre bello e degno di rispetto ed ammirazione leggere di un giovane che, con determinazione, umiltà, spirito di sacrificio, è riuscito a dare un senso a una passione: ha creduto nel suo sogno e non ha smesso di percorrere i passi necessari per provare a realizzarlo, ed è questo il messaggio profondo che emerge da "Non volevo diventare un boss": non bisogna mai accontentarsi, non ci si deve bloccare davanti alle prime (inevitabili!) difficoltà che sorgono quando si prova a fare ciò che si vuole, ad assecondare una giusta ambizione, ma è fondamentale credere nei propri sogni e inseguirli, prefiggersi obiettivi, sfide, e quanto meno provare a concretizzarli.

E' quindi un libro dal messaggio estremamente positivo (per i giovani in special modo, ma non solo), assolutamente scorrevole, che si lascia apprezzare per la sua onestà, perchè in esso il suo Autore si "mette a nudo", parlandoci delle persone decisive e dei fatti salienti che l'hanno guidato fino a questo momento, condividendo apertamente emozioni, paure, speranze, e tutto quanto ha contribuito (e sta contribuendo ancora) a farlo crescere, sotto tutti i punti di vista.


martedì 23 maggio 2017

Novità Milena Edizioni



Cari lettori, oggi vi presento le ultime novità Milena Edizioni.

Partiamo da Vertigine di Mara di Noia è un mix di amore e buona cucina.
Camilla avvolgerà ogni umana vicenda nei profumi e nei sapori delle sue ricette di amore, regalando al lettore una raccolta di segreti da portare con sé in casa propria ogni giorno.


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Miriam ha un secondo nome – Francesca – e una seconda vita – Francesco – che conosce a ventitré anni. 
Si regge in bilico fra gli eventi reali – un matrimonio, i figli, la fine degli studi e il lavoro in radio – e un mondo fatto di sensazioni e sentimenti che non vuole o non sa concretizzare. 
Tutto è cadenzato dal Tiaso, un appuntamento “che è molto più di un tè” con le amiche di sempre, dove dai tempi del liceo le difficoltà e i piaceri della vita quotidiana si raccontano e si risolvono in un’atmosfera magica e sospesa. 
Camilla cucina per tutte delizie vegane a base di amore e universale amicizia; Sveva porta per il mondo la passione per l’arte e la bellezza; Veronica cura le persone, le amiche e ha una famiglia difficile. Accanto a loro i compagni e i mariti, con i drammi e i malesseri del nostro tempo.

Francesco è intensamente altro. Sposato con una donna lontana, è un artista affascinante che sfugge agli schemi e accarezza le corde più profonde di Miriam senza mai dichiararsi davvero. 
Le loro vite scorrono parallele, a volte intrecciate, a volte distanti, sempre legate da un filo invisibile che non si esaurisce. Fino al punto in cui il caso sembra poter rovesciare gli equilibri e aprire la porta al cambiamento. 
Ma il loro è il racconto di ciò che si avverte e non accade, in un bilico di irresistibile incanto e magnifica, spaventosa vertigine.

L'autrice.
Mara di Noia è medico veterinario, dopo la laurea presso l’Istituto di Ispezione degli Alimenti di Origine Animale, abbandona progressi-vamente l’idea che l’animale possa essere cibo, scegliendo questo particolare modo di esercitare la professione medica e contribuendo alla diffusione di un cibo alternativo.
Fonda il progetto Vegachef e il relativo magazine on line, nato per diffondere una cultura alimentare differente. Alla FunnyVeg Academy è titolare della Scuola di Salute Alimentare, sia del corso teorico che pratico. È anche conduttrice radiofonica e televisiva
.


Il corpo dei ricordi di Daniela Montella, un sorprendente romanzi distopico, in cui il tema è il senso stesso della vita.

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In un paradiso terrestre come lo Stato, unico custode della cultura umana in un mondo ormai devastato dalle guerre, la morte è diventata illegale. 
Paura e dolore sono ridotti ai minimi termini e la tristezza è mal tollerata. Ogni difetto viene eliminato con un colpo di bisturi. 
Eventuali giovani morti, vittime di incidenti o malattie, tornano in corpi nuovi pieni di ricordi del passato. 
Yolande, cresciuta dai seguaci di un culto della morte, fatica ad inserirsi nel mondo perfetto. 
Fra ricordi dolorosi e sogni funesti, il suo unico desiderio è quello di sembrare normale. 
La situazione precipita quando riceve una telefonata inaspettata: Kristof, il suo amato marito, è appena morto.

L'autrice.
Daniela Montella è nata a Napoli. Si occupa di narrativa, poesia, e arti performative.
Scrive articoli e racconti brevi per il web.
Con il collettivo artistico "L'inguine di Daphne" sperimenta la fusione tra musica e teatro.
"Il corpo dei ricordi" è il suo primo romanzo
.

Blogtour "L'albero della Vita" di Ella M. Scarlett - Estratto gratuito



Cari lettori, sono lieta di dare il via al un nuovo blogtour: 8 contenuti originali su 8 diversi blog per presentare il romanzo Paranormal Romance di Ella M. Scarletta, edito da Genesis Publishing!



Il Blogtour è associato al Giveaway su Rafflecopter, che permetterà ai partecipanti di aggiudicarsi due copie dell'ebook del romanzo.

“L'Albero della Vita – La Genesi”
di Ella M. Scarlett 



Editore: Genesis Publishing
Data di uscita: 14/03/2017
Genere: Paranormal Romance, New Adult
Pagine: 315
Formato: Ebook
Prezzo: 3.99€
Ebook, 11,60€ cartaceo




Per Eva il giardino dell'Eden è solo un vago ricordo, così come gli arcangeli e tutto ciò che fa parte del Regno Celeste. L'unica cosa che vorrebbe la ragazza è riavere Adam al suo fianco, ma la terribile maledizione, che pende sui loro capi, sembra destinata a durare per sempre.
Per Lilith, il Regno Celeste è il nemico da sconfiggere ed Eva la pedina ideale per raggiungere i suoi scopi di vendetta. Mentre le forze del bene e del male si risvegliano dal loro antico torpore, vecchi e nuovi legami sono messi a dura prova in quella che, ben presto, si trasformerà nell'ultima grande guerra tra il Regno Celeste e gli Inferi.
Chi avrà la meglio, guadagnando la vittoria?
E il Padre, che ha generato ogni creatura con immenso Amore, rimarrà spettatore dello sfacelo tra Suoi figli?

L'autrice
Ella M. Scarlett - Laureata in Giurisprudenza, pratica la professione di avvocato a Genova, dove è nata e cresciuta. Amante di fumetti e letteratura, coltiva la passione per la scrittura fin da bambina. Passa l’adolescenza immersa nel mondo delle fanfiction, a cui deve molto più di quanto possa dire, e che continua a leggere assiduamente, anche oggi.
Predilige le storie in cui la realtà si intreccia con la fantasia e in cui nulla è impossibile o incredibile, perché l’immaginazione, per lei, non conosce limiti. L’Albero della Vita - La Genesi è il suo romanzo d’esordio, primo volume di una serie paranormal romance, pubblicata dalla Genesis Publishing.



Tratto dal capitolo I “Presentimento


In origine il giardino venne creato per ospitare l’uomo e la donna: quella bizzarra mescolanza di carne e spirito che Dio aveva creato di fronte agli occhi attoniti della stirpe celeste.Tutti gli angeli si erano commossi per la bellezza di quella nuova forma di vita, al contempo fragile e forte nella sua finitezza.Inni di lode e gioia si erano innalzati da ogni angolo del Regno Celeste per celebrare il Padre e l’ennesima opera da Lui compiuta, ma non tutti si erano rallegrati della notizia.C’era qualcuno, infatti, che non amava l’idea degli umani. Qualcuno che rifiutava di unirsi ai festeggiamenti e che protestava a gran voce denunciando l’ingenuità dei suoi fratelli.Lucifiel, primo tra i Serafini e sommo consigliere del Padre, guardava con diffidenza quella nuova creazione, quella nuova vita che aveva preso dominio di una parte della Terra e la cui natura gli appariva come un abominio.Di fronte al suo sconcerto, il Signore si mostrò indulgente e, senza rabbia, lo invitò a scendere coi suoi fratelli sulla Terra.«Osservali e prova a dar loro una possibilità» gli disse. «Quando tornerai da me, ne discuteremo ancora.»Seppur diffidente, Lucifiel scese nell’Eden per camminare al fianco degli umani. Come altri, prima di lui, rimase incantato dalla loro bellezza esteriore, dal loro aspetto al contempo simile e distante da quello della razza celeste, privo della loro luce e della loro conoscenza, ma caldo al tocco e fisico come quello di ogni altra creatura terrena. Allo stesso tempo, con una sorta di orrore crescente, cominciò ad apprezzarne la natura e, soprattutto, i limiti.Sebbene in possesso di un’anima, gli umani non percepivano la Volontà del Signore: erano ciechi alla Sua Luce e sordi alla Sua Voce. La loro essenza non era altro che una scintilla inconsistente, una flebile fiamma prigioniera della carne e schiava dei bisogni di quest’ultima. Non c’era altro che egoismo in loro, desideri e ambizioni sconosciuti alla razza celeste e pericolosi per l’equilibrio dell’intero Regno.Ciò che Lucifiel vide nell’uomo fu la distruzione della propria stirpe e la scomparsa di tutto ciò che egli amava.Quando espose i suoi timori al Padre, però, venne deriso dai suoi fratelli e giudicato meschino per i suoi pregiudizi. Nessuno di loro lo appoggiò, nemmeno uno sollevò la voce in suo favore. Nessuno di loro vide mai ciò che per lui era chiaro fin dall’inizio: l’umanità doveva essere distrutta.«Non capisco le tue paure, Lucifiel. Cosa pensi potrebbero farci? Siamo superiori in ogni modo. Dimentichi, forse, chi sei? Cosa sei?»La Luce lo rassicurò a lungo, cullandolo nel proprio tepore, mostrandogli la Creazione in tutta la sua gloria. Lucifiel guardò e si commosse, come mai aveva fatto prima di allora. Vide i grandi animali che danzavano nell’aria spalancando soffici ali simili a quelle della stirpe celeste; gli innumerevoli predatori dalle morbide pelli colorate capaci di attraversare deserti e foreste in un battito di ciglia; le gigantesche bestie coperte di squame dai colori dell’arcobaleno, che dormivano in fondo agli abissi e potevano respirare nelle profondità dell’acqua. Per loro, il Signore aveva creato un immenso giardino: prati sconfinati ricamati di boccioli in fiore, rigati da pennellate di acqua azzurra e grigia, che brillavano di luce propria sotto i raggi tiepidi del sole; alte montagne dalle cime cosparse di terra fredda e bianca; distese di sabbia cocente in cui solo le piante più robuste riuscivano a mettere radice.Nonostante quella meravigliosa visione, nonostante il piacere che gli impediva perfino di parlare, l’animo di Lucifiel restava turbolento e la sua mente non riusciva a trovare pace, né avrebbe potutotrovarne. Non finché l’uomo avrebbe continuato a camminare indisturbato sulla Terra.«Oggi, forse, non rappresentano un rischio, ma non sarà sempre così. Le loro menti hanno la capacità di apprendere senza limiti. Hanno le nostre stesse potenzialità, perché Tu hai voluto che fossero così. Li hai resi come noi eppure non potrebbero essere più differenti. Ascolta le mie parole: oggi gli fai dono della Terra e domani vorranno l’intero Regno» ripeteva instancabilmente, volta dopo volta, ma nessuno gli prestava orecchio.Ben presto, le sue proteste divennero oggetto di critica e biasimo da parte degli altri angeli e un fastidio evidente per il Padre, che iniziò a ignorarne il consiglio e a evitarne la compagnia.Sebbene la sua solitudine lo ferisse, sebbene la derisione dei suoi fratelli lo facesse sentire umiliato, Lucifiel non smise mai di dire ciò che pensava realmente e intraprese quella che considerava ormai l’unica strada possibile: decise di svelare a tutti la vera natura degli umani.





CALENDARIO BLOGTOUR

23/05  Chicchi di pensieri
24/05 Le storie di Erielle
25/05 Peccati di Penna
26/05 La Fenice Books
27/05 Il Flauto di Pan
29/05 Il Bosco dei Sogni Fantastici
30/05 A Book for a Dream
31/05 Universi incantati


Il Giveaway:



lunedì 22 maggio 2017

Recensione: LA VENTIQUATTRORE (Delitto in albergo) di Maurizio Castellani



Una ventiquattrore dal contenuto misterioso, un uomo dalla professione decisamente particolare trovato morto in un albergo tranquillo e poco affollato, e tre amici pronti a investigare sul delitto... tra una mangiata e l'altra!


LA VENTIQUATTRORE (Delitto in albergo)
di Maurizio Castellani


Marco Vincenti è un 50enne che per più di vent’anni ha svolto la professione di geometra; avendo ricevuto in eredità da una vecchia zia un albergo a Casciano Terme, un paesino in provincia di Pisa, decide di cambiare vita e di abbandonare il lavoro di geometra per abbracciare quello di albergatore.
Si trasferisce quindi in questo modesto e un tantino vetusto alberghetto in stile anni ’50, decisamente poco moderno (a cominciare dal nome: da zia Maria) ma tranquillo, e inizia da subito a prenderne in mano la gestione in maniera convinta.

Ad aiutarlo ci sono l’amico Piero e la bella Grazia, la nipote della signora Luisa che lavora all’albergo da tempo; la donna sostituisce temporaneamente l’anziana parente e, nonostante gli iniziali timori di Marco, si rivela molto attenta ed efficiente e nel tenere in ordine la struttura e nel prendere le prenotazioni degli ospiti.

Tra questi ultimi, un giorno, sopraggiunge un certo signor Corrado Fantozzi, rappresentante di “prodotti non meglio specificati”  destinati al pubblico femminile: un uomo distinto, riservato, di poche parole un po’ brusco e sempre con una valigetta ventiquattrore in mano, da cui non si separa praticamente mai.
Questo signore - dal simpatico Marco soprannominato l’asciutto – viene però trovato morto nella propria stanza: a scoprirne il cadavere è proprio Marco, che entra in camera dopo averlo chiamato parecchie volte e non avendone ricevuto risposta. Sul comodino accanto al letto c’è un flacone di sonniferi: forse c’entra qualcosa con la morte dell’uomo?

Immediatamente Marco inizia ad indagare, insieme agli amici Piero e Andrea; i tre spesso e volentieri si incontrano per aggiornarsi su ciò che di volta in volta scoprono intorno alla figura del defunto rappresentante e, tra un ragionamento e l’altro, si concedono gustosi pranzi e cene, accompagnati da buon vino.
A “vegliare” sulle loro indagini di improvvisati Sherlock Holmes, ci pensa il maresciallo Bevacqua, col quale i tre condividono dubbi, ipotesi e congetture.

Il mistero dell’uomo con la ventiquattrore troverà la propria conclusione e soluzione, com’è giusto che sia in un romanzo giallo, e ci si arriva attraverso i vivaci ragionamenti dei tre amici e grazie a tanti piccoli indizi importanti: uno sconosciuto dal taglio di capelli singolare con cui l’asciutto è stato visto la sera prima di morire; il nome di una donna e un numero di cellulare; il lavoro particolare dello stesso Fantozzi…
Ma Marco non si dedicherà soltanto alla soluzione del caso: sarà impegnato anche ad interagire con il gentil sesso, che sia un’amica d’infanzia o la bella e procace Grazia, che non manca di girargli attorno mostrandogli le proprie grazie…!


La narrazione dei fatti è scandita in giorni e ore e comprende un arco di tempo che va dal 23 marzo al 13 aprile; anche se è in terza persona, il racconto delle vicende ha comunque un tono molto colloquiale, informale, diretto, intervallato molto spesso dai pensieri di Marco, un uomo intelligente, ironico, amicone, amante della buona cucina e delle belle donne; i suoi due amici sono “toscanacci” come lui, sempre allegri e buontemponi e “l’aria” che si respira in questo breve romanzo è decisamente gioviale, “casereccia” (nel senso di genuina, verace), cameratesca; un linguaggio immediato, colorito,  arricchito di pittoresche espressioni toscane,  uno stile molto fluido, un ritmo pimpante rendono “La ventiquattrore” un giallo spensierato, divertente, con una gradevole dose di umorismo che ne fa una lettura senza dubbio piacevole.

domenica 21 maggio 2017

Recensione: E ORA PARLIAMO DI KEVIN di Lionel Shriver (RC2017)



Qual è la responsabilità civile e penale di genitori i cui figli commettono feroci atti criminali, organizzati nei minimi dettagli con uno spaventoso sangue freddo?
Questo libro di Lionel Shriver mette a nudo con una lucidità spiazzante i pensieri più reconditi di una madre la cui esistenza è stata letteralmente stravolta da un figlio assassino.



E ORA PARLIAMO DI KEVIN
di Lionel Shriver


Ed. Piemme
Trad. A. Romeo

"La madre del terribile Kevin Khatchadourian, ecco quello che sono adesso, un'identità che può essere annoverata tra le piccole vittorie di nostro figlio (...). Non sono sicura di voler capire Kevin, trovare un pozzo dentro di me così scuro da riuscire a dare un senso a ciò che ha fatto".

Il libro è impostato in forma epistolare; a scrivere le lettere è la protagonista, Eva Khatchadourian, e il destinatario è suo marito Franklin; esse raccolgono un arco di tempo che va da novembre 2000 ad aprile 2001; dalle prime righe comprendiamo che i due sono separati e che questo è avvenuto dopo i fatti del giovedì, di quel giovedì maledetto in cui si è verificata la tragedia che ha sconvolto la vita di tanta gente, compresa quella di Eva e della sua famiglia.

Ma procediamo con ordine.
Eva Khatchadourian è sposata con Franklin Plaskett, l'amore della sua vita; la coppia è felice e serena, nonostante le differenze di vedute su tanti argomenti; Franklin, ad esempio, è il classico americano DOC, fiero di appartenere alla nazione più democratica del mondo, al Paese delle grandi opportunità, in cui è possibile vivere un'esistenza appagante perchè Stati Uniti significa libertà, ricchezza.... Insomma, come si può disprezzare un Paese come gli USA?

Di diverso parere è sua moglie Eva - che ha fondato un'agenzia che pubblica libri di viaggio -, di origini armene, dalla personalità decisa, forte, molto pragmatica, poco incline ai sentimentalismi, che non riesce a sentirsi parte integrante del beone e ipocrita popolo americano (da lei ultra criticato e disprezzato), tutto patatine fritte e hamburger.

La vita dei due procede comunque alla grande, fino a quando, sulla soglia dei 40 anni, ai due non viene il desiderio di avere un figlio.

A Franklin piacerebbe essere padre; per Eva è un po' diverso: a lei piace l'idea di mettere al mondo una creatura che appartenga ad entrambi e che in qualche modo li aiuti a rispondere alle grandi domande esistenziali che da sempre l'essere umano si pone; un figlio ti fa capire chi sei, qual è il senso della vita, ti dà la sensazione che qualcosa di te non morrà mai perchè si protrarrà nelle generazioni successive.

Nonostante la comune decisione di avere un bambino, la scoperta della gravidanza mette in difficoltà Eva, che accetta con evidente disappunto l'idea di mettere da parte tutte le sue ambizioni professionali per fare la mamma.

Ma accetta comunque il compito... In fondo, avere figli è stata una scelta consensuale, no? Chi obbliga una coppia a fare i genitori, se non lo vuole? Non è il figlio che chiede di nascere, quindi è stupido scaricargli addosso frustrazioni e risentimenti!
Beh, questo è vero in teoria, ma poi gli stati d'animo, le paure, le ambizioni mortificate, i pensieri più intimi... sono un'altra cosa, ed Eva non può fare a meno di provare da subito per il suo bambino sentimenti contrastanti.

Quando Kevin nasce e le viene messo tra le braccia, e poi quando deve allattarlo per la prima volta, Eva non si sente travolta dall'emozione di essere madre; si deve sforzare per provare amore per quel cosino rosso che sembra guardarla torvo e disgustato!
E la sua sofferta indifferenza (Eva comunque avverte un certo senso di colpa per questo mancato feeling con la creaturina frutto del proprio seno) cozza, stride in modo evidente con l'entusiasmo e la tenerezza del marito, che accetta il ruolo di padre con una tale gioia da apparire tenera e patetica insieme, agli occhi di una donna pratica come Eva.

Le lettere di Eva al marito (e alle quali non riceve risposta) sono scritte con grandissima lucidità, quasi con distacco, non perché non traspaiano emozioni e pensieri - tutt'altro! - ma in quanto questi vengono quasi "dissezionati", vengono esplicitati con un'analiticità sconvolgente, che spiazza il lettore e allo stesso lo induce a continuare la lettura.
Il racconto del passato - di quegli anni che precedono il giovedì -, e quindi la genesi del rapporto con Franklin, il matrimonio, la gravidanza, l'arrivo della secondogenita, Celia, e il resto, inevitabilmente si mescola col presente, in cui capiamo che Eva vive da sola, isolata da parenti e amici; le è rimasto soltanto il lavoro e ad inseguirla ci sono gli sguardi di disprezzo delle persone e i ricordi dolorosi di ciò che è avvenuto e che è immutabile, la consapevolezza di un oggi intriso di solitudine, e un futuro che non ha nulla, ma proprio nulla, da regalare.

Ma cosa è accaduto che ha cambiato radicalmente la vita dei Plaskett?

Inutile girarci attorno: l'8 aprile 1999 Kevin, il sedicenne Kevin Khatchadourian (chiamato KK da giornalisti e opinione pubblica, dopo il giovedì), ha ucciso un gruppo di persone, tra studenti e un'insegnante; adesso è rinchiuso in carcere a Chatham, a scontare una pena che non potrà mai soddisfare alcun senso di giustizia, perché non restituirà i morti alle famiglie distrutte dalla tragedia messa in atto da questo ragazzino che sapeva quel che faceva.

Ecco, questo è il cuore del libro e tutto ciò che Eva ci racconta, o meglio che racconta e ricorda al marito, è funzionale a quel giovedì, agli omicidi commessi da Kevin.

Quando accadono stragi di tale portata, le domande che nascono istintive sulla bocca di chiunque ascolti l'orribile notizia, sono sempre le stesse: Perché? Perché un sedicenne, di una famiglia benestante, brillante, con ottimi voti, non rientrante nella "classica" categoria dello studente brufoloso sfigato, deriso dalle ragazze e bullizzato dai ragazzi, arriva a commettere tali nefandezze? Cosa lo ha spinto a macchiarsi di più omicidi?
E quanto è responsabile la famiglia, che nel proprio seno ha cresciuto un tale pericolo per la società? Ha forse voluto e preferito ignorare i probabili (?) segnali che il ragazzo (psicopatico? depresso? lucidamente folle? o semplicemente CATTIVO, arrabbiato col mondo?) ha lanciato agli inconsapevoli (quanto inconsapevoli??) genitori? Si sarebbe potuta evitare la tragedia?

Leggendo, veniamo a sapere da subito che Eva è stata processata in quanto genitore di un assassino minorenne e in quanto negligente nei suoi confronti.
Scopriamo anche che è l'unica della famiglia che va a trovare il carcerato, che non sembra affatto felice di vederla, tant'è che tra i due continua ad esserci quel rapporto conflittuale che c'è sempre stato.


Sì, perché tra Kevin ed Eva non è mai intercorso amore, comprensione, complicità, sintonia...; Eva ha sempre mantenuto un certo distacco emotivo e Kevin a sua volta ha sempre mostrato di andare maggiormente d'accordo col paparino, affettuoso fino all'eccesso; infatti, con Franklin, il piccolo Kevin si dimostra un bambino tranquillo, mentre con la madre continua a piangere, passando dal provocatorio mutismo infantile fino alla ribellione adolescenziale agli ordini della madre.

Ovviamente vi risparmio i particolari del difficile rapporto di Eva con Kevin, tutte le sensazioni di lei come madre circa il figlio, un ragazzino da sempre strano, arrabbiato col mondo, chiuso nel suo mondo ma per null'affatto stupido o asociale.
Anzi, crescendo, Kevin rivela un'intelligenza fuori dal comune, un intuito sorprendente, una capacità di leggerti dentro e prevenire le tue parole che fa paura.

A differenza del marito, reso quasi "ottuso" dal troppo ed eccessivo amore protettivo verso il povero piccolo Kevin, la lucidissima Eva vede ciò che nessun altro nota e rabbrividisce di fronte agli sguardi taglienti ed inquietanti del figlio, davanti ai suoi rari sorrisi, mai spontanei e onesti, ma sempre sarcastici e "in formato ghigno malefico".

Cosa c'è in Kevin che non va?

Nel corso degli anni, accadono tanti piccoli fatti che, alla luce di quel giovedì, Eva comprenderà essere i presupposti, i famosi segnali ai quali lei e il marito, in quanto genitori, avrebbero dovuto dare importanza, per interpretarli in modo giusto.

Considerazioni.

Leggere questo libro, questo epistolario, è stato, per me, emotivamente faticoso; lo stile è molto scorrevole e l'Autore dà alla narratrice una tale capacità di raccontare i fatti in modo ordinato e chiaro, che è impossibile staccarsi dalla storia; si è avidi di sapere, di giungere al cuore dei fatti..., ed in fondo è quello che succede ogni giorno al cospetto delle tante e frequenti brutali notizie di omicidi, che ormai sono diventati fatti quotidiani, che rischiano di non stupirci neanche più...: c'è o no un certo inquietante interesse, a tratti morboso, per i particolari truculenti degli omicidi, meglio ancora se commessi da serial killer, da geni del male che hanno architettato delle stragi per filo e per segno, con una perizia e un'attenzione quasi... affascinanti...?

Lettera dopo lettera, Eva ci mette davanti ad un susseguirsi di fatti e di episodi che scavano nell'intimità di una famiglia come tante, e ne viene fuori un quadro lacerante, doloroso, sofferto, filtrato dalla controllata razionalità, dall'intelligenza e dalla profonda umanità di Eva, che - nonostante un'iniziale ed inevitabile impressione non proprio positiva (quella di essere una donna fredda, una madre anaffettiva, scostante, troppo dura) - non smette di chiedersi se la colpa per la tragedia perpetrata dal figlio non sia anche sua, e del rapporto indubbiamente ostile con lui.

La storia raccontataci da Eva solleva una fiumana di sentimenti ed emozioni contrastanti nel lettore: dall'indignazione alla pietà, dalla rabbia allo sconcerto, dal dolore alla tristezza impotente, dalla certezza della disapprovazione e della condanna al cospetto di efferati assassinii alla perplessità nell'attribuzione delle colpe e di fronte alla prospettiva del perdono.

È una lettura che, quindi, non lascia assolutamente indifferenti, ma coinvolge, solleva interrogativi, dubbi, anche paure (soprattutto se i lettori hanno figli, o sono educatori/insegnanti...), che fa scuotere il capo, che mozza il respiro quando si giunge a certi momenti cruciali, sconvolgenti ed emotivamente forti.

Shriver ha scritto un libro che disorienta, turba, indigna, ferisce, e tutto questo a maggior ragione perché a narrarci ogni cosa è una madre: una madre distrutta e terribilmente sola che non viene meno al dovere di autoesaminarsi, che affronta la sofferenza derivante dal ripercorrere un passato immodificabile, che guarda in faccia la desolazione del proprio presente, privato degli affetti più cari, e alla quale resta soltanto la possibilità di andare avanti, di sopravvivere.
Nonostante tutto. Nonostante le turpe azioni commesse da Kevin.

Un libro tagliente, doloroso, nel quale spicca la figura di questo ragazzo, del quale leggiamo la storia - la personalità, le azioni... - e stentiamo a credere che possa essere realistico, verosimile.

Però l'Autore stesso - attraverso la voce narrante - ci ricorda che... accidenti se la storia è lontana dalla realtà...! A rammentarci quanto giovani in carne ed ossa possano essere dei possibili Kevin, ci pensano i telegiornali, i fatti di cronaca, e questo pone interrogativi urgenti a tutta la società, in primis a quanti sono impegnati nell'educazione delle giovani generazioni.

Consigliato a quanti si sentono in grado di affrontare una lettura a forte impatto emotivo, cruda e, perché no, scioccante.
So che c'è il film, per cui conto di vederlo al più presto; intanto, vi lascio il trailer:





Obiettivo n.26 - Un libro scritto in forma epistolare



sabato 20 maggio 2017

Spazio emergenti: "Ikanos la Gazza La Corona Spezzata" di Chiara Orlando // LOVE GENERATION di Noelle Olsen



Cari lettori, rieccoci insieme in questo sabato mattina, che qui sul blog ha inizio con una doppia segnalazione.


A giugno vedrà la sua pubblicazione un fantasy per ragazzi, il primo volume di una serie:


Ikanos la Gazza 
La Corona Spezzata 
di Chiara Orlando

Fantasy 
dai 12 anni in su
EKT- Edikit 
12 euro
Sarà disponibile da GIUGNO ma è possibile comperarlo in prevendita sul sito dell'editore: 


TRAMA

Nella città di Mabre vige una ferrea gerarchia. A governare è la famiglia dei Leoni, aiutati dai nobili della Città Alta e dai Lupi Bianchi, feroci militari.
Le famiglie più umili, come le Pecore, i Maiali, i Conigli e le Galline vivono nella Città Bassa. Poi c’è il Recinto che separa la civiltà dal Margine, area desolata e pericolosa alla quale sono stati relegati i criminali, gli emarginati, i dissidenti, i mendicanti e gli storpi. Questo è il regno dei Ratti, padroni incontrastati di Sottomabre, città nata nei cunicoli fognari sotto il Margine, cuore pulsante del crimine di Mabre, popolata da Serpent, Volpi e Gazze Ladre.

Ikanos è proprio una Gazza Ladra. Abbandonato appena nato dai genitori, sopravvive di espedienti al Margine, insieme ad altri Cuccioli di Strada; un fortunato incontro con le sorelle Chioccia però gli offre l’opportunità di mettere la testa a posto e sfruttare le sue capacità per un lavoro onesto: trovare per altri le cose smarrite. Procede tutto bene, fino a quando in ufficio non si presenta un misterioso personaggio in cerca di una mappa che sostiene gli sia stata rubata. Ikanos non è convinto da questo nuovo cliente;il suo istinto gli dice che sta nascondendo qualcosa.

Tra misteri e colpi di scena, la Gazza Ladra, insieme ai suoi amici, si metterà alla ricerca della mappa, ritrovandosi catapultato in un’incredibile avventura.


Il secondo romanzo è un rosa:


LOVE GENERATION
di Noelle Olsen


<<…quella di Arianna era veramente la “Generazione d’Amore” che descriveva Bob? Una generazione di svalvolati sognatori? Una generazione custode del più grande dei sentimenti?>> 


Anno 2006. Arianna Lombardi, diciottenne studentessa dell’ultimo anno di liceo, vive una vita quasi perfetta: famiglia benestante, feste in yacht, amici a volontà. 
Arianna, però, custodisce un segreto. O meglio: custodisce una persona dentro di se’ di cui è segretamente innamorata. 
Lui, Tommy Ferrari, il classico belloccio popolare e altezzoso. S’incontrano spesso, tra feste e ore scolastiche, come se una forza misteriosa voglia sempre intervenire sui loro destini. Tutto sembra andare a gonfie vele nella vita di Arianna, quando una notizia sconvolgente si abbatte su di lei come un fulmine a ciel sereno, in quella calda giornata di Agosto, cambiando per sempre la sua vita. 
Un evento capace di inaugurare una catastrofe silenziosa, sistematica. Tutto quel castello di sogni, speranze, illusioni giovanili, rimpiazzato giorno dopo giorno da una realtà tortuosa, fatta di preoccupazioni e responsabilità. 
Una notizia che cela dietro di se’ una verità molto più agghiacciante. 
Arianna si troverà ad affrontare, come tanti altri suoi coetanei, il lungo percorso in cui vede il suo mondo innocente, la sua ‘‘generazione d’amore’’ trasformarsi in un mondo crudo e colpevole . 
Il cammino dall’adolescenza all’età adulta.

venerdì 19 maggio 2017

Musica e citazioni letterarie (#1)



Probabilmente succede a tanti di noi lettori di ritrovare una citazione letteraria all'interno del testo di una canzone che ci capita di ascoltare o che amiamo particolarmente.

Ecco ad esempio uno splendido e poetico passaggio della bellissima canzone IN UN'ALTRA VITA (dall'album "Con Voi") del cantautore Claudio Baglioni; non è una citazione riportata pedissequamente, ma io credo che si sia comunque ispirata ai versi di Gibran:



Io farò della mia anima lo scrigno per la tua bellezza,
io mi prenderò le pene nel sepolcro del mio petto,
dentro una carezza, nel miracolo di un tetto, 
nella luminosità di un domani
che sarà e sarai passione, affetto 
e strada che non finirà…


Ed ecco la poesia cui mi riferisco:



Farò della mia anima



Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene. 
Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l’eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.

Kahlil Gibran



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