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martedì 22 agosto 2023

✔️ RECENSIONE ✔️ VERITÀ NASCOSTE di Anna Maria Fusco


Sei mesi: questo è il tempo in cui una giovane donna pugliese vive l'esperienza più traumatica della propria vita, rapita da uomini che la trascinano da un tugurio all'altro, sottoponendola a violenze di ogni tipo, in attesa di ricevere il tanto agognato danaro del riscatto.

Sei mesi infernali ai quali sarà arduo sopravvivere, eppure Anna Maria attingerà ad un'incredibile forza interiore e a un'inesauribile riserva di fede che le permetteranno di superare qualcosa di inaudito e al limite della sopportazione.



VERITÀ NASCOSTE
di Anna Maria Fusco


307 pp.
Ci sono esperienze difficili da raccontare perché rievocarle provoca ancora tanto dolore anche dopo molti anni.

Per anni Anna Maria Fusco ha tenuto nascosto, per pudore, tutta l'oscena brutalità di ciò che ha vissuto in sei mesi di cattività, in balia della volontà e dell' insensibilità di esseri senza scrupoli né coscienza, cioè i suoi sequestratori.

Anna Maria è una giovane maestra ventunenne di Manduria, figlia di genitori benestanti (il padre è un imprenditore del vino) che il 18 novembre 1983 viene sequestrata da una banda di rapinatori della Sacra Corona Unita, determinata a chiedere un lauto riscatto in cambio del rilascio della ragazza.

In queste tremende pagine, la voce di Anna Maria ci porta nel suo personale inferno, in quei maledetti mesi vissuti lontana da casa e lasciata in condizioni disumane, di incuria e sporcizia totali, con scarsità di cibo e acqua, e soprattutto sottoposta a costanti abusi e sevizie, tanto fisici e psichici, quanto sessuali.

La sua è stata un'esperienza devastante, che l'ha condotta giù per gli scalini più bassi della dignità umana, segnandola in maniera indelebile come persona e come donna.

Che un rapimento sia, già di per sé, un fatto tragico e spaventoso è indubbio, ma ciò che il corpo e la mente di Anna Maria hanno dovuto sopportare è indicibile.

Il lettore resta attonito e ammutolito davanti a un tale rigurgito di malvagità; già quella povera ragazza doveva subire un trauma terribile per il solo fatto di essere privata della sua libertà, della sua vita e del rispetto, da uomini privi di umanità pronti a macchiarsi dei peggiori reati pur di fare soldi, ma a questo si aggiungevano costanti e quotidiane mortificazioni, come se Anna Maria fosse peggio di un animale, da prendere a calci e tenere legato, per di più in ambienti a dir poco degradati, sporchi, infestati da ratti e rettili; per quei bruti ella era un pezzo di carne senza diritti né dignità, da stuprare, percuotere con violenza inaudita, da dileggiare perfidamente.

Un sequestratore in particolare è stato il suo torturatore, colui che abusava della ragazza come e quando voleva, riversando su di lei ogni sorta di istinto animalesco.


Come si sopravvive a vicissitudini del genere?
Anna Maria ce lo racconta ed è straziante.

A sostenerla sono stati la fede e il pensiero della famiglia, oltre a quell'atavico istinto di sopravvivenza che emerge in situazioni al limite e che permette di affrontare, con insospettabile resilienza, qualcosa che mai avremmo pensato né di poter vivere né tantomeno di affrontare e superare.

Anna Maria prega e invoca Dio confidando che Lui non l'abbandonerà e che continuerà a vegliare su di lei; se lo vorrà, farà in modo che lei torni alla libertà, alla sua famiglia e alla sua vita.

Solitudine, disperazione, sofferenza nel corpo, nella mente e nello spirito, terrore, un profondo senso di vergogna, freddo, fame, la consapevolezza di essere diventata in sei mesi un oggetto senza valore, da calpestare, maltrattare, ingiuriare ed eventualmente uccidere senza pietà, se le scellerate richieste dei delinquenti, che la tengono prigioniera, non dovessero essere esaudite.

Al buio, in quelle squallide e immondi "prigioni", Anna Maria piange e prega, ma non solo, fa qualcosa di più, di necessario: tiene viva e allenata la propria mente cercando di memorizzare quanti più dettagli utili per raccogliere informazioni sui rapitori; continua a rivolgere pensieri d'amore alla famiglia e alimenta i ricordi felici dell'infanzia, nonostante gli ignobili tentativi dei suoi carcerieri di farle credere che i suoi cari non l'amino abbastanza, se esitano tanto a pagare per liberarla.

Il racconto di Anna Maria, crudissimo perché drammaticamente e dolorosamente reale, è il grido liberatorio di una donna, ora adulta, che, a poco più di 20 anni, ha visto e sperimentato violenze terrificanti e umilianti, capaci di uccidere dentro, nell'anima, eppure lei - con la sua fede sincera e semplice, la sua incredibile e ammirevole capacità di amare e perdonare - ha saputo ricostruirsi pezzo per pezzo, a lasciare andare odio e rancore, ha continuato a nutrire la speranza e la fiducia in un futuro più lieto, e questa lettera al mondo vuole essere un incoraggiamento per tutti, in particolare per i giovani, perché siano costruttori consapevoli di una umanità migliore, che viva tenendo alti i valori del rispetto della dignità e della libertà dell'uomo, i valori dell'amore e della misericordia.

La storia di Anna Maria è molto forte, colpisce il lettore, lo lascia sgomento e atterrito in presenza di tanto dolore e di tanta malvagità, ma altresì egli resta ammirato dalla grande sensibilità e dalla forza interiore di questa ragazza degli anni 80 che, malgrado i momenti di abbattimento e sconforto, non si è lasciata sopraffare dal male ma, anzi, ha vinto il male con il bene*.

Grazie, Anna Maria, per il coraggio nel condividere una storia - la tua - così dura e intensa.

Ideale per chi ricerca storie di vita vissuta ed è pronto a leggere di esperienze angoscianti ed emotivamente molto forti.


* Lettera ai Romani 12:21

giovedì 8 dicembre 2022

TRIPLA SEGNALAZIONE [ NOIR - SAGGIO ATTUALITÀ - TESTIMONIANZA ]


Buongiorno cari lettori! 

Stamattina desidero presentarvi tre di recenti pubblicazioni: da un noir tutto italiano, ambientato nel Lodigiano, a un saggio che si sofferma su quello che potrebbe essere definito "il più grande insuccesso annunciato della storia economica del Paese", a un libro-testimonianza che vuol mandare un messaggio di speranza a chi subisce interventi e si ammala.

Se siete curiosi di scoprire di cosa trattano questi libri, seguitemi nella lettura del post ^_-


NOIR/GIALLO

Vita personale e lavoro si intrecciano per l’Ispettrice Luce Frambelli, protagonista dei romanzi noir della scrittrice Marina Bertamoni. Conoscere la verità diventa fondamentale, anche per se stessa.
Riuscirà l’ispettrice Luce Frambelli a sconfiggere il mostro che si muove tra Milano e il Lodigiano?



IL MOSTRO DEL LODIGIANO
di Marina Bertamoni



Frilli Editori
15.90 euro

A Castiglione D’Adda, un piccolo comune del lodigiano, parte il primo focolaio di un’infezione proveniente dalla Cina che stravolgerà in breve tempo non solo la vita di tutta l’Italia e dell’Europa, ma quella del pianeta intero.
Per tutti cambia la quotidianità, cambiano i ritmi.

A Lodi la questura deve fare i conti con la messa in sicurezza degli abitanti del luogo e del rispetto delle norme di comportamento imposte dagli Organi dello Stato.
Si creano dunque nuove emergenze e il lavoro di routine subisce un rallentamento.

Per questo quando Ernesto Ghigliozzi arriva in questura a denunciare la sparizione della figlia Annarita, l’indagine parte a singhiozzo, soprattutto perché quella di Annarita, sedicenne inquieta, orfana di madre che vive con il padre a Lodi Vecchio, sembra una fuga volontaria, destinata a risolversi velocemente con il suo ritrovamento.

Ma i giorni trascorrono e di Annarita non c’è traccia; l’indagine assume ritmi più serrati, anche perché il vicequestore Bentivoglio, responsabile della squadra, ha un motivo molto personale per desiderare di riportare a casa Annarita il più presto possibile; per questo chiede a tutti la massima collaborazione e il rispetto delle regole. 
L’Ispettrice Luce Frambelli, soprannominata Frambé dai suoi colleghi e nota all’interno della questura per il suo orgoglio e per la convinzione di poter fare tutto da sola, abituata com'è a fare di testa propria, comincia a lavorare all'indagine per conto proprio. 

Raccoglie infatti informazioni e testimonianze, grazie ai suoi metodi anticonvenzionali, facendo presagire un quadro sempre più inquietante che la spinge a scandagliare a fondo il contesto familiare di Annarita, le sue amicizie e, soprattutto, le nuove conoscenze virtuali che per la ragazza, costretta come tutti gli adolescenti a un lockdown forzato, sono diventate oramai prioritarie.
Frambé si ritroverà a dover fare scelte dolorose, le uniche che le consentiranno di ricomporre il bandolo della matassa e risolvere il caso, ma che pagherà a carissimo prezzo. 

L'autrice.
Marina Bertamoni è nata a Milano nel 1961. Laureata in Scienze Geologiche, ha lavorato per molti anni in una multinazionale dell’energia. Scrive racconti e romanzi gialli e noir, ambientati nella provincia italiana. Suoi racconti sono presenti nelle antologie dei premi “Orme Gialle” e “Garfagnana in Giallo”, mentre i romanzi che hanno per protagonista Luce Frambelli, giovane ispettrice della Questura di Lodi – Chi muore giace, Dieci parole per uccidere e La pazienza della formica, pubblicati da Fratelli Frilli Editori – sono stati premiati in prestigiosi concorsi letterari, tra i quali ricordiamo il “Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo” e il “Premio Letterario Festival Giallo Garda
.


SAGGIO/ATTUALITÀ

Come anticipato, la seconda segnalazione riguarda un saggio incentrato su una tematica che più attuale non si può. Il titolo dice già tanto da sé.

"I latini dicevano ab assuetis non fit passio.
Se si propongono sempre le stesse soluzioni, se siamo guidati dai pregiudizi, se non verifichiamo le teorie con la realtà potremmo mai avere risultati diversi che nel passato?
Perché il PNRR dovrebbe funzionare se lo schema usato è lo stesso dei Fondi Europei? Perché mai dovremmo occuparci del Sud se pensiamo che l’origine dei suoi problemi sia antropologica?
In Bla bla bla Sud. Perché il PNRR non salverà il Sud e il Paese l'autore illustra l’inizio di un ragionamento da fare per progettare un futuro diverso e migliore e ha cercato di farlo in modo semplice e diretto, ricco di esempi e riscontri.
Le soluzioni per lo sviluppo del Sud ci sono e si può colmare il gap purtroppo ancora oggi esistente con il resto d’Italia.
Se non guardiamo al nostro Paese e al Sud con amore non ci verrà mai nemmeno in testa di cercare delle vie diverse per lo sviluppo e ci adageremo sui più triti luoghi comuni.

>>   IN PREVENDITA    <<


Bla bla bla Sud. Perché il PNRR non salverà il Sud e il Paese
di Pietro De Sarlo


Altrimedia Ed.
232 pp
21 euro
Perché il Sud è rimasto indietro? È possibile un rilancio del sud senza modificare la centralità logistica, amministrativa e politica del Mezzogiorno e del Mediterraneo? 
De Sarlo inizia un ragionamento da fare per progettare un futuro diverso e migliore, con stile semplice e diretto, ricco di esempi e riscontri. 
Nella prima parte troviamo una disamina tra miti, pregiudizi e realtà sulla situazione meridionale. 
Nella seconda parte propone una soluzione per uno sviluppo possibile per colmare i gap che ancora esistono.
Noi tutti reagiamo agli stimoli, se pensiamo che il Sud sia abitato da fannulloni che all’Unità d’Italia a oggi campano sulle spalle del Nord operoso dobbiamo chiederci sulla base di quali dati e informazioni la pensiamo così. 
Perché le cose non stanno affatto in questo modo e i numeri che pubblico lo dimostrano, e sono numeri riscontrabili e certificati perché provengono da banche dati pubbliche e governative. 
E quindi decidete: «Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del Bianconiglio». 
Come Neo in Matrix sceglierete la pillola rossa? Scegliete se credere alle favole o se volete ragionare con la vostra testa basandovi sulla cruda realtà dei numeri. 
Siete liberi di pensarla in modo diverso o di arrivare a diverse conclusioni ma nessuno è libero di prescindere da un bagno di realtà.

L'autore.
Laureato alla Sapienza in Ingegneria, ha un lungo passato manageriale esercitato ai massimi livelli in società italiane ed estere. In tale ambito, come presidente della Fondazione Intesa Sanpaolo Onlus, ha promosso diversi interventi a favore della cultura tra cui le borse di studio per dottorati di ricerca in materie umanistiche. Oltre ad alcuni saggi di natura economica, ha pubblicato il primo romanzo nel novembre 2016, L’Ammerikano (premio della giuria al concorso Argentario 2017 e premio San Salvo-Artese, sempre nel 2017, riservato alle opere prime). Per Altrimedia nel 2020 ha pubblicato Dalla parte dell’assassino (Premio Narrativa Giallo/Thriller nell’ambito della quinta edizione del Concorso Letterario Nazionale Argentario 2020 - sezione Narrativa edita) e La congiura delle passioni (Premio letterario internazionale Montefiore, sezione opere edite, quarto classificato; Associazione Culturale Il Faro - Premio letterario città Cologna Spiaggia 2021, sezione Romanzo storico, terzo classificato; Agitazioni letterarie castelluccesi 2021, sezione Romanzi editi, secondo classificato). È appassionato di cucina, vela, sci e motociclismo.


LIBRI DELL'AUTORE RECENSITI SUL BLOG:




TESTIMONIANZA


Il coma e la rinascita. Una nuova vita, la consapevolezza di “cosa succede, dopo”. Sono questi gli ingredienti di “Altrove e ritorno – il racconto di una rinascita”.


ALTROVE E RITORNO – IL RACCONTO DI UNA RINASCITA
di Salvatore Casaburi


Intrecci Ed.
12 euro
30 marzo 2014 Salvatore viene ricoverato in codice rosso al San Giuseppe Moscati di Napoli per una dissezione aortica. L’unica speranza di sopravvivenza è l’intervento, ma in quelle condizioni le probabilità di riuscire a superarlo sono davvero poche. 
Lascia il suo corpo nelle mani dei medici mentre la coscienza, l’anima, chiamatela come volete, si trova al cospetto della Madre. La Madre di tutti che, con un sorriso rassicurante, lo spinge verso il suo nuovo cammino. 
Un’accecante luce bianca lo avvolge e lo trasporta in posti magnifici, apparentemente deserti.
 “Immaginate che qualcuno vi metta le mani sul petto e vi spinga con forza. Che voi non opponiate resistenza e, come in una scena al rallentatore, cadiate in una vasca colma d’acqua”, ricorda oggi l’autore. “Ecco, fu come un tuffo in una vasca. Un tuffo di schiena con l’acqua che mi risucchiava”.

Dopo venti lunghissimi giorni in terapia intensiva, Salvatore finalmente si sveglia, ed entra nel reparto di degenza cardiochirurgica, riacquistando velocemente le abilità neurologiche e la piena autonomia motoria. 
“Ho scritto questo libro per testimoniare la mia storia, l'esistenza di un "altrove", e per dare speranza a chi subisce interventi e si ammala. A queste persone voglio far sapere che si può guarire completamente. Io ne sono l’esempio”.

L'autore.
Salvatore Casaburi è nato a Frattamaggiore (Napoli) nel 1971. Oggi vive a Treviso. È un formatore e lavora nella scuola. Appassionato di interpretazione dei sogni, questo è il suo primo romanzo.



domenica 29 novembre 2020

Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese - scrittrici palestinesi


Il 29 novembre è la Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese *; in questo post vorrei soffermarmi su alcune scrittrici palestinesi.


Susan Abulhawa, cittadina americana, è nata da una famiglia palestinese in fuga dopo la
Guerra dei Sei Giorni e ha vissuto i suoi primi anni in un orfanotrofio di Gerusalemme. In seguito ha abitato in diversi paesi, tra cui anche il Kuwait e la Giordania. Si laurea in scienze biomediche all'Università della South Carolina. Autrice di numerosi saggi, relatrice a diversi convegni e attivista in ambito umanitario, ha fondato l'associazione Playgrounds for Palestine, che si occupa soprattutto dei bambini dei Territori Occupati. Vive in Pennsylvania. I suoi articoli sulla situazione palestinese sono apparsi su numerose riviste (da IBS).


OGNI MATTINA A JENIN (IBS): racconta con sensibilità e pacatezza la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di "senza patria". In primo piano c'è la tragedia dell'esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, come rifugiati, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta. L'autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, che anzi descrive con pietà, rispetto e consapevolezza, racconta invece la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all'amore.

CONTRO UN MONDO SENZA AMORE (IBS): la storia di una donna rinchiusa nel Cubo, tre metri quadrati di cemento armato levigato, privata di tutto. Il mondo lì fuori chiama Nahr una terrorista e una puttana; altri una rivoluzionaria o un esempio. Ma la verità è che Narh è stata una ragazza che ha imparato, presto e dolorosamente, che quando sei un cittadino di seconda classe l'amore è un solo tipo di disperazione; ha imparato, sopra ogni cosa, a sopravvive.

NEL BLU TRA IL CIELO E IL MARE (IBS): la storia ha inizio a Beit Daras, sulla via che dalla Palestina conduce verso Il Cairo, dove vivono Umm Mamduh con le figlie Nazmiyeh e Mariam e il figlio Mamduh. Nel 1948, l'anno della Nakba, la famiglia è costretta dai bombardamenti israeliani a lasciare il paesino, e tra lutti e varie traversie. per i sopravvissuti comincia la dura vita da profughi...


SUAD AMIRY
: è una scrittrice e un architetto palestinese, fondatrice del Riwaq Centre for Architectural Conservation a Ramallah, dove risiede. Nata a Damasco, ha vissuto tra Amman, Damasco, Beirut e Il Cairo, ha studiato architettura all'American University di Beirut e all'University of Michigan, specializzandosi infine a Edimburgo. Attualmente si muove fra Ramallah, New York e l'Umbria. Suad Amiry ha scritto Sharon e mia suocera (2003), a cui hanno fatto seguito Se questa è vita (2005), Niente sesso in città (2007), Murad Murad (2009), Golda ha dormito qui (2013) e Damasco (2016), tutti pubblicati da Feltrinelli. Ha vinto il premio internazionale Viareggio Versilia nel 2004 e il premio Nonino Risit d'Aur nel 2014 
(da Mondadori).


STORIA DI UN ABITO INGLESE E DI UNA MUCCA EBREA (IBS): nel raccontare fatti realmente accaduti e di persone realmente esistite, Suad Amiry, con la grazia e l'ironia che le sono proprie, ci parla di amore, di dolore, di sopraffazioni, affidandosi alla forza dei ricordi di chi la Nakba (catastrofe) e la Shatat (diaspora) le ha vissute sulla propria pelle. (RECENSIONE).


SHARON E MIA SUOCERA (IBS): Una donna palestinese, colta, intelligente e spiritosa, tiene un "diario di guerra". Gli israeliani sparano ma, nella forzata reclusione fra le pareti domestiche, "spara" anche la madre del marito.

MURAD MURAD (IBS). Cambiare sesso. Suad Amiry sa benissimo che è questo l'unico modo per raccontare la paradossale condizione dei lavoratori palestinesi costretti a superare il confine con Israele per trovare lavoro. E così fa. Suad si traveste da uomo e raggiunge nottetempo un villaggio vicino a Ramallah da dove comincia il suo viaggio, lungo le strade costeggiate di olivi che conducono in Israele, insieme al fido Mohammad, a Murad e ai loro amici. Quando, dopo una marcia sulle colline e una serie di traversie, riescono infine a superare il muro e a mettere piede in Israele, è tardi: il lavoro non c'è più. Si confondono con i civili israeliani e salgono su un autobus per cominciare il viaggio di ritorno verso casa. Davanti a loro un paesaggio non ignoto ma visto forse per la prima volta con occhi diversi: tutto quello che era stato "palestinese" non c'è più, non c'è più memoria dell'architettura, delle coltivazioni, della vita quotidiana di un popolo che lì è vissuto per secoli.



OLIVIA ELIAS: originaria di Haifa, in seguito alla nascita dello Stato di Israele e alla Nakba, che
segnò la cacciata delle popolazioni non ebree che vivevano nelle aree israeliane nel 1948, fu costretta a seguire la famiglia in esilio in Libano; successivamente ha vissuto in Canada e infine a Parigi. Economista, poeta ed autrice di studi sulla colonizzazione della Palestina, sostiene i diritti del popolo palestinese attraverso il proprio blog e l’Association France Palestine Solidarité. Oltre ad occuparsi dell’aspetto economico dell’occupazione israeliana (Palestine occupée, la colonisation à marche forcée; Le dé-développement économique de la Palestine), ha pubblicato anche versi che testimoniano il legame più intimo che la unisce alla sua terra natìa (Je suis de cette bande de sable; L’espoir pour seule protection). << fonte 1 - fonte 2 >>



RULA JEBREAL: è nata ad Hajfa nel 1973. Palestinese con passaporto israeliano, in seguito
si è trasferita a Gerusalemme dove frequenta il corso di Laurea in Lingue straniere e Letteratura inglese. Nel 1993 si trasferisce in Italia, a Bologna, con una Borsa di Studio. Inizia a collaborare con «il Resto del Carlino» nel 1997, dove si occupa di cronaca cittadina e per lo stesso giornale, dal 1999, passa alla politica estera con una particolare attenzione alle questioni Medio Orientali. In quegli anni collabora anche con il quotidiano romano, «Il Messaggero», come analista dei conflitti tra il mondo arabo e l'Occidente. Nel 2002 arriva a LA7: prima come ospite di programmi di approfondimento e poi come giornalista per le rassegne stampa dei quotidiani e siti internet in lingua araba. Dal 2003 conduce l'edizione della notte del tg LA7 e in dicembre, il programma Altri Mondi. Frequentemente ospitata in tutte le trasmissioni di approfondimento politico, la Jebreal esordisce nell'editoria nel 2004 per la con Rizzoli con La strada dei fiori di Miral. Nel 2005 conduce su La7 Pianeta 7, il programma di approfondimento nato per raccontare quei paesi che stanno vivendo grandi cambiamenti e che sono protagonisti di una fase significativa della propria storia. Ha condotto nell'estate 2005 Omnibus estate e si è alternata ad Antonello Piroso nel dibattito sul Tema del giorno nella scorsa edizione di Omnibus.
(fonte: la7.it)


MIRAL (IBS): romanzo autobiografico nel quale la giornalista unisce tre generazioni di donne accomunate da un destino che è quello di un popolo e di un Paese. Il romanzo vero di una pluralità di vite, una scrittura capace di evocare un passato perduto e tutta la nostalgia per un futuro di pace che sembra destinato a non arrivare mai.


LA SPOSA DI ASSUAN (IBS): sullo sfondo di una regione del mondo dilaniata dai conflitti, la protagonista fa i conti con la disperazione di un popolo privato non solo della terra ma anche della sua identità. E, giorno dopo giorno, impara a resistere alla violenza costruendo intorno a sé una fitta rete di legami solidali.


(link)
SELMA DABBAGH
: scrittrice anglo-palestinese, avvocatessa, ha lavorato nell’ambito dei diritti umani e del diritto penale internazionale. Vive a Londra e il suo romanzo d'esordio ha vinto il Guardian Book of the Year nel 2011 e nel 2012
(fonte).

FUORI DA GAZA (IBS): ambientato tra Gaza, Londra e il Golfo, il libro ripercorre le recenti vicende del popolo palestinese attraverso le vite di Rashid e Iman nel loro tentativo di costruirsi un futuro nel bel mezzo dell'occupazione, il fondamentalismo religioso e le divisioni tra le varie fazioni palestinesi. 


 
SAHAR KHALIFA
: nata a Nablus, in Cisgiordania, nel 1941, scrive opere di impegno civile per la "causa palestinese" e di denuncia della condizione della donna nella società araba contemporanea
(fonte).

LA PORTA DELLA PIAZZA: Nello scenario dell’intifada palestinese, vicende umane e destini di donne s’intrecciano nella storia di un quartiere, simbolo di una terra occupata.

UNA PRIMAVERA DI FUOCO: nella primavera del 2002, al tempo della seconda Intifada, il libraio e giornalista Fadel al-Qassam vive con la famiglia nel campo profughi di Ein al-Murgian, vicino a Nablus. Devoto alla causa palestinese, l'uomo si scontra spesso con i due figli: il primogenito Magid che vive per la musica e sogna il successo all'estero, e Ahmad, un sensibile adolescente appassionato di pittura e fotografia. Una cotta per Mira, figlia di coloni in un insediamento israeliano, trascina Ahmad in una disavventura che lo porterà dapprima in carcere e poi su posizioni sempre più radicali, mentre Magid passa dapprima alla guerriglia e viene poi reclutato fra le guardie di Arafat. Culmine drammatico del romanzo è l'assedio alla Musqata'a, sede dell'Autorità palestinese a Ramallah, da parte dell'esercito israeliano, con la prigionia di Arafat e la costruzione del Muro fra territori palestinesi e colonie israeliane.



SALWA SALEM
: nata nel 1940 a Kafr Zibàd, un villaggio della Palestina a pochi chilometri da Yaffa, dove si trasferisce con la famiglia per qualche anno prima di dover abbandonare la propria casa a causa del conflitto arabo-israeliano del 1948 e doversi rifugiare nella città di Nablus in Cisgiordania. Qui trascorre parte della sua giovinezza, partecipando alle frequenti riunioni tenute dal fratello, arrestato più volte per il suo impegno politico in difesa dei diritti dei palestinesi. Nel 1970 si trasferisce in Italia; colpita da un cancro che la porta alla morte nel 1992, ha raccontato la propria  esperienza di palestinese esule in una lunga testimonianza, scritta in collaborazione con Laura Maritano, da cui è nato il libro "
CON IL VENTO NEI CAPELLI".

In esso Salwa Salem racconta la sua storia di palestinese nata in quella terra di aspri conflitti e costretta a un lungo esilio. Quando Salwa ha 8 anni la famiglia viene sradicata dalla sua terra in seguito all'esodo di massa di tre quarti della popolazione palestinese dovuto alla fondazione dello Stato di Israele, e si trasferisce a Nablus. A soli 15 anni Salwa entra nel partito Ba'ath, fa volantinaggio per la causa palestinese, discute con le compagne sui diritti delle donne. Negli anni successivi lotta per poter studiare, lavora come insegnante in Kuwait e riesce a iscriversi all'università di Damasco. Si sposa per amore, e col marito si trasferisce a Vienna e poi in Italia. In un intreccio di fattori storici ed economici, fedi politiche e religiose, scelte complesse fra emancipazione e tradizione, fra desiderio di pace e necessità di lotta, emerge l'originale personalità di una donna che ha voluto essere soprattutto se stessa (GIUNTI).





*  in questo giorno (dichiarato nel 1977 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite) si vuole ricordare che ad oggi "il conflitto" che si consuma in Palestina non solo non ha visto ancora una soluzione, ma al popolo palestinese vengono negati i diritti fondamentali ed inalienabili che appartengono a ogni persona e a ogni popolo, che sia il diritto all’autodeterminazione senza alcuna interferenza esterna, all’indipendenza e alla sovranità nazionale, e il diritto di fare ritorno alle proprie abitazioni che hanno dovuto abbandonare.

Perché proprio questo giorno? Perchè il 29 Novembre 1947  fu approvata dall'assemblea generale la risoluzione 181 che prevedeva il piano di partizione della Palestina elaborato dall'Onu e che definiva l'istituzione di uno stato ebraico e di uno arabo in Palestina, ma solo il primo è stato creato. 

giovedì 20 agosto 2020

Libri in wishlist (agosto 2020)



Libri che vorrei leggere: nel primo si narra del terribile - e di cui poco si parla - genocidio del popolo armeno, visto con gli occhi di una bambina che ha vissuto in prima persona la tragedia; nel secondo si parla di disagio psichico; il terzo affronta il tema della memoria, del ricordo, e della ricerca delle proprie radici.


Le stanze di lavanda. 
Il romanzo di un'infanzia armena 
di Ondine Khayat

-
«Sono nata ricca, ma ho visto la mia fortuna involarsi come uno stormo d’uccelli. Soltanto i miei ricordi mi appartengono, sono tante fragili tracce impresse dentro di me. Certi giorni, il sole le illumina; certe notti, rimangono intrappolate in una tempesta di ghiaccio.
Vivevamo a Marache, in Turchia, al confine con la Siria. È lì che sono venuta al mondo nel 1901. Mio nonno, Joseph Kerkorian, era armeno. Un uomo importante e saggio, solido come una roccia. 
Se, dopo l’inferno che ho conosciuto, dentro di me è rimasta una particella di fiducia nell’umanità, è grazie a lui.
Avevamo una casa magnifica, e un immenso giardino dai fiori di mille colori. Sono stata amata da mio padre, dalla mamma dai baci di lavanda, dalla sorellina Marie, dal mio impetuoso fratello Pierre e da Prescott, il nostro gatto armeno con un nome da lord inglese. 
E da Gil, il piccolo orfano ribelle che un giorno, sotto il salice piangente, mi ha dato il mio primo bacio. 
Erano giorni immensi, eppure non potevano contenerci tutti.
Nell’aprile 1915, il governo turco ha preso la decisione che ha precipitato le nostre vite nell’orrore: gli armeni dovevano sparire.
Può un cuore dilaniato continuare a battere? E un giardino devastato dare nuovi fiori? Come posso donare ancora, proprio io, a cui hanno tolto tutto? Ascolta Joraya, mia adorata nipote, il racconto di una vita mille volte dispersa.»

L'autrice.
Ondine Khayat è nata nel 1974 da madre francese e padre armeno. Attualmente vive a Parigi, dove collabora con varie ONG per la realizzazione di progetti umanitari. Per Piemme ha pubblicato Le stanze di lavanda e Il paese senza adulti.



IL MANICOMIO DEI BAMBINI.
Storie di istituzionalizzazione
di Alberto Gaino


Ed. Gruppo abele
224 pp
"Avevo tre anni quando un’assistente sociale mi portò a Villa Azzurra che di quel colore non aveva proprio nulla. Ci finii perché quella buona donna di mia mamma mi aveva avuto da un uomo che della paternità se ne infischiò allegramente, non l’ho mai incontrato. Lei era giovane e sola…"

Comincia così, con una storia terribilmente simile a molte altre, questo libro scritto per non dimenticare. 
Raccogliendo le cronache e le testimonianze di chi ha trascorso la propria infanzia dentro i manicomi, Alberto Gaino costruisce un racconto di quello che avveniva fra gli anni ’60 e ’70, prima della Legge Basaglia del 1978, senza tuttavia trascurare il presente e il futuro del disagio psichico, spostando l’analisi sui tagli ai servizi pubblici, sulla metamorfosi dei vecchi istituti, fino agli abusi degli interventi psichiatrici. 
In questo scenario, si allarga lo sguardo sulle odierne forme di disagio psichico giovanile e sull’adeguatezza ed efficacia degli interventi da parte della società.





VOGLIO SAPPIATE CHE CI SIAMO ANCORA
di Esther Safran Foer


Guanda
288 pp
Esther Safran Foer è cresciuta in una casa in cui il passato faceva troppa paura per poterne parlare. 
Figlia di genitori immigrati negli Stati Uniti dopo essere sopravvissuti allo sterminio delle rispettive famiglie, per Esther l’Olocausto è sempre stato un’ombra pronta a oscurare la vita di tutti i giorni, una presenza quasi concreta, ma a cui era vietato dare un nome. 
Anche da adulta, pur essendo riuscita a trovare soddisfazione nel lavoro, a sposarsi e a crescere tre figli, ha sempre sentito il bisogno di colmare il vuoto delle memorie famigliari. 
Fino al giorno in cui sua madre si è lasciata sfuggire una rivelazione sconvolgente. Esther ha deciso allora di partire alla ricerca dei luoghi in cui aveva vissuto e si era nascosto suo padre durante la guerra, e delle tracce di una sorella di cui aveva sempre ignorato l’esistenza. 
A guidarla, solo una vecchia foto in bianco e nero e una mappa disegnata a mano. 
Quello che scoprirà durante il suo viaggio in Ucraina – lo stesso percorso che Jonathan Safran Foer ha immaginato per il protagonista del suo romanzo, Ogni cosa è illuminata – non solo aprirà nuove porte sul passato, ma le concederà, finalmente, la possibilità di ritrovare se stessa e le sue radici

L'autrice.
Esther Safran Foer è stata per anni a capo del centro di cultura ebraica Sixth & I. Vive a Washington con il marito Bert e insieme hanno tre figli – Franklin, Jonathan e ­Joshua – e sei nipoti.

sabato 13 febbraio 2016

"Io non mi arrendo": la storia di Roberto Mancini, il poliziotto "morto per dovere"



Lunedì 15 e martedì 16 febbraio andranno in onda su Rai Uno due puntate della nuova fiction Rai con protagonista Beppe Fiorello: "Io non mi arrendo". 

giuseppe fiorello
E' la straordinaria vicenda, ispirata a una storia vera, del poliziotto Roberto Mancini (nel film: Marco Giordano) che ha combattuto l'ecomafia.
Con le sue indagini ha anticipato di quasi vent'anni il disastro della Terra dei Fuochi, ma nessuno gli aveva creduto.
Roberto è morto a 52 anni per un tumore contratto proprio nel corso delle sue indagini.

La sua storia è narrata nel libro "Io morto per dovere"  di Lucia Ferrari e Nello Trocchia, scritto con la collaborazione della moglie di Roberto, Monika, e ci restituisce un ritratto commovente ed esemplare.

Ed. chiarelettere
15 euro
11.02,2016
Sinossi

Un uomo sapeva già tutto del disastro ambientale nella cosiddetta Terra dei Fuochi. Vent'anni fa conosceva nomi e trame di un sistema criminale composto da una cricca affaristica in rapporto con gli immancabili colletti bianchi, giudici, imprenditori e avvocati in combutta con la feccia peggiore della malavita organizzata e con le eminenze grigie della massoneria.
Quest'uomo è Roberto Mancini, riconosciuto come "vittima del dovere" dal Ministero dell'Interno.


lunedì 25 gennaio 2016

Le mie letture in corso (gennaio 2016)



Buongiorno e buon inizio di settimana, lettori!
Quali letture hanno allietato il vostro week end?

Queste sono le mie e, come sempre, se avete letto/conoscete questi due libri e vi va di lasciarmi un parere, lo leggerò molto volentieri! ;)

Il primo è la testimonianza straziante di una sopravvissuta all'orrore di uno dei più terribili regimi dittatoriali del XX sec.
L'altro è un romanzo di un autore con cui non ho mai stabilito un grosso feeling, ma provo comunque a rileggerlo.

Entrambe le letture saranno due obiettivi della Reading Challenge.

TORNATA DALL'INFERNO.
La vicenda sconvolgente di una donna 
sopravvissuta all'orrore dei Khmer rossi
di Claire Ly


Ed. Paoline
trad. A. Venuta
168 pp
11 euro
2006
Sinossi

L'autrice racconta la sua agghiacciante esperienza durante uno dei regimi dittatoriali più feroci del ventesimo secolo, quello di Pol Pot, capo dei Khmer rossi, responsabile dello sterminio di quasi due milioni di cambogiani, su una popolazione di sette milioni. I quattro anni di «detenzione» nel campo di lavoro costituiscono l'«inferno», contraddistinto da condizioni disumane: fame, povertà, malattie, privazione di qualsiasi proprietà, sfruttamento del lavoro, indottrinamento dei bambini e loro reclutamento come sorveglianti o soldati, persecuzione dei borghesi e degli intellettuali, esecuzioni sommarie, violenze, vendette, corruzione, delazioni. 
Grazie alla sua tempra, all'amore per i figli, al senso di ribellione e odio, a qualche favore ottenuto da conoscenti del padre defunto, al colloquio interiore con il Dio degli occidentali (che diventa capro espiatorio e testimone-interlocutore segreto), l'autrice riesce a sopravvivere e a «tornare» da questo inferno, proprio lei appartenente a quella classe sociale che il regime voleva eliminare o «rieducare» con ogni tipo di privazioni. 

Una testimonianza toccante e sconvolgente, che non intende tanto denunciare o indugiare sulle atrocità commesse dal regime comunista, quanto sottolineare il percorso interiore dell'autrice, che gradualmente passa da un odio sconfinato a una visione illuminata dalla fede in Gesù. Quindi accanto e oltre l'aspetto di attualità storica, c'è l'aspetto spirituale: il percorso di conversione lento e graduale dal buddismo al cattolicesimo, con frequenti paralleli tra filosofia buddista e spiritualità cristiana, tra la figura di Buddha e quella di Gesù. 



IL CASTELLO
di Franz Kafka

Ed. Eiandui
trad. P. Capriolo
356 pp
11.50 euro
Trama

L'agrimensore K. contempla il simbolo del potere.
 Ogni sua azione e ogni suo pensiero sono rivolti a quell'incombente castello: la sua unica aspirazione è mettersi al servizio del Conte che vi dimora. Ma le difficoltà sono insormontabili. 
Quando tutti gli sforzi di K. si saranno rivelati vani, il caso gli offrirà l'occasione, tuttavia egli sarà troppo stanco per continuare la sua lotta.
La solitudine, l'incapacità di trovare nella trama dei gesti quotidiani un senso plausibile, la consapevolezza che a dominare è una finalità insensata perché senza un fine: Il castello - uguale e contrario del Processo - denuda i punti cardine del pensiero di Kafka, incastonandoli in una tensione narrativa che ci costringe a riflettere sul senso del nostro esistere.

lunedì 11 gennaio 2016

Recensione: LA TREGUA di Primo Levi



Appena terminato un libro intenso che, in particolare nelle ultime pagine, mi ha messo su un magone di tristezza e commozione.

Giornata della Memoria

LA TREGUA
di Primo Levi


Ed. Einaudi
10 euro
272 pp
2005
Nel gennaio 1945 i cancelli di Auschwitz furono aperti; spinti dall'avanzata dell'Armata Russa, i tedeschi si diedero precipitosamente alla fuga, nonostante l'ordine "dall'alto" fosse quello di non lasciare sopravvissuti e di "recuperare ogni uomo abile al lavoro".

Da quel momento inizia l'odissea di Primo Levi - e del resto dei sopravvissuti al Lager - verso la libertà, in vista del ritorno a casa.

In questo suo secondo romanzo - col quale vinse nel 1963 la prima edizione del premio Campiello e da cui è stato tratto, nel 1997, un film per la regia di Francesco Rosi, con protagonista John Turturro -, che è il seguito di Se questo è un uomo (1947), Levi narra proprio di questo suo rocambolesco viaggio che, partendo dalla terribile e dolorosa Auschwitz, lo porterà a Torino, ma soltanto dopo aver attraversato ben sette Paesi: Polonia, Unione Sovietica (Bielorussia e Ucraina), Romania, Ungheria, Cecoslovacchia, Austria (due volte), Germania. 

È un viaggio incredibile, popolato da personaggi  multiformi e pittoreschi, tutti a modo loro segnati da una guerra non ancora davvero finita, e forse, come dice il Greco - uno degli uomini con cui Primo si ritroverà a legare i primi tempi - "la guerra non finisce mai".
Il lungo periodo che precederà il sospirato ritorno nella sua Torino va da gennaio ad ottobre, e vede il nostro Autore stremato da fatiche, digiuni, umiliazioni, malattie, ma sempre mosso da una buona dose di determinazione per cercare di continuare a sopravvivere, nonostante il tortuoso viaggio che lo aspetta e la sosta in diversi campi russi non sempre super puliti o organizzati.

Il viaggio di Levi, come dicevo, si popola man mano di persone, fatti, aneddoti, valutazioni e riflessioni personali, in cui emergono le difficili condizioni di vita dei sopravvissuti, che in fondo non sempre ricevono quella pietosa accoglienza che si sarebbero aspettati, dopo l'orrore visto e subito nei campi di concentramento.
Un orrore incancellabile e per sempre racchiuso negli occhi e nella mente di chi ne è stato vittima:

"Poichè, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno ha mai potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell'offesa, che dilaga come un contagio. E' stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è una inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l'anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia"

Ma siamo ancora all'inizio e non tutti sanno bene - o vogliono sapere? - quello che è successo in quei posti tremendi per mano dei vigliacchi nazisti tedeschi, e spesso Levi e compagni dovranno fare i conti con atteggiamenti di diffidenza, sospetto, misti a una indefinita pietà, da parte dei popoli presso cui troveranno temporaneamente rifugio.

Levi ci descrive il trascorrere dei giorni, dei mesi, all'interno dei campi russi, in attesa di poter mangiare, di potersi lavare, di conoscere il proprio destino; ed intanto, al pari di una commedia umana, ci passano davanti episodi di vita quotidiana che spesso fanno sorridere, altre volte fanno tristezza, in cui Levi ricorda con e per noi le diverse persone incontrate: dall'efficiente infermiera Marja alla segretaria giovane e prorompente Galina, dal burbero e cinico Mordo Nahum - chiamato il Greco - all'esuberante romanaccio Cesare.

Il Nostro passa le giornate, che scorrono spesso noiose e lente, con compagni di viaggio più esuberanti e creativi di lui, e tra essi spiccano in particolare i già citati il Greco e Cesare, accomunati da un alto senso pratico e una spiccata propensione per gli affari, pur essendo diametralmente opposti di carattere (scontroso e taciturno il primo, solare e spensierato il secondo); e lui segue i due compari come un segugio, occupando il tempo in negoziazioni per le quali non è molto portato, ma che quantomeno gli permettono di metter qualcosa nello stomaco e di riempire le giornate...:

"...allo scopo di non aver tempo, perchè di fronte alla libertà ci sentivamo smarriti, svuotati, atrofizzati, disadattati alla nostra parte"

E così le settimane passano, mentre il sogno ad occhi aperti di tornare in patria resta, accompagnato da altri piccoli deliri giornalieri, altri sogni più confusi, insensati, perchè

"E' questo il frutto più immediato dell'esilio, dello sradicamento: il prevalere dell'irreale sul reale. Tutti sognavano sogni passati e futuri, di schiavitù e di redenzione, di paradisi inverosimili, di altrettanto mitici e inverosimili nemici cosmici, perversi e sottili, che tutto pervadono come l'aria".

Storie di singole persone che sono passate - anche se brevemente - nella vita dell'Autore, lasciando ciascuna un loro segno, un ricordo degno di essere trascritto e "immortalato"; storie di una vita che ricomincia con timore, paura, speranza, con addosso 

"la sensazione greve, incombente, di un male irreparabile e definitivo, presente ovunque, annidato come una cancrena nei visceri dell'Europa e del mondo, seme di danno futuro".

Ho letto questo libro sempre col pensiero di quel è stata la morte di Primo Levi, e sono giunta alle ultime righe, come vi anticipavo, con un senso enorme di tristezza.

Quanta è stata immane e inumana l'esperienza dei Lager per chi c'è stato, per ogni singola persona che l'ha vissuta e che è riuscita a sopravviverne?

Il ritratto che del viaggio - e, con esso, delle persone incontrate, dei fatti accaduti... - verso casa ci ha dato l'Autore è struggente ed intenso, perchè incredibilmente lucido e vero, scritto con una penna ora ironica e leggera, ora greve e nostalgica, di certo sempre essenziale e diretta, di chi sta riportando qualcosa che ricorda bene, che mai dimenticherà, e lo è ancor di più - ed è questo che mi commuove e tocca profondamente - se si pensa al fatto che arrivare a casa, ritrovarsi in compagnia di familiari ed amici, in un clima finalmente disteso e sereno, non ha significato automaticamente uscire dall'incubo del Lager anche con la mente e col cuore.

Eh no, la memoria di un sopravvissuto, ci dice Levi, torna là, in quel campo, e sembra quasi che quella sia la realtà e la propria casa sia il sogno.
Il numero tatuato a ricordargli cosa ha vissuto, e nelle orecchie quella voce perentoria e tragicamente nota che, crudelmente, continua a chiamarti all'appello, come a ricordargli che una parte di lui non sarà mai libera.

Non posso che consigliare la lettura di questo romanzo autobiografico.


libro sull'Olocausto

giovedì 5 novembre 2015

In libreria “La profezia delle triglie” il romanzo di Michele Caccamo e Luisella Pescatori



In libreria è disponibile “La profezia delle triglie” il romanzo di Michele Caccamo e Luisella Pescatori che affronta il tema della clandestinità.

LA PROFEZIA DELLE TRIGLIE
di Michele Caccamo e Luisella Pescatori

David and Matthaus
Prezzo: 15,90 euro
ISBN: 978-88-6984-056-2
Pagine: 166
“Le triglie, nel Mar Mediterraneo, hanno nell’occhio spento una riga di sangue. Era un dettaglio insignificante per i pescatori della Sobek, su quell’imbarcazione non facevano caso ad altro che alla quantità di pesca portata a bordo.”
Un successo notevole che ha superato ogni aspettativa per il libro La profezia delle triglie già dalla prevendita, che ha ricevuto un boom di prenotazioni, tanto che la prima tiratura è andata esaurita e ne è già stata mandata in stampa una seconda per soddisfare le numerose richieste. 
Una conferma per l'apprezzato poeta Michele Caccamo che, in questo suo lavoro in cui si avvale della collaborazione della valente penna di Luisella Pescatori, parla di immigrazione, profughi, barconi come nessuno aveva mai fatto prima.

Il romanzo nasce dalla testimonianza vera di un ragazzo egiziano che ha dovuto affrontare la giustizia italiana, accusato di essere uno scafista e che ancora oggi è rinchiuso in carcere. 
La sua storia si mescola quindi, in una prosa delicata e poetica, mai scontata, che alterna la drammaticità degli eventi della migrazione alle incantevoli leggende della sua terra e alla sacra poesia delle Sure del Corano, a quella di tante speranze, di sofferenze indicibili per le quali la partenza sul motopesca è già l'approdo di un lungo e terribile viaggio attraverso il deserto, la sua atmosfera di morte e le sue insidie.

“La profezia delle triglie” è quindi un testo che concede al lettore di vivere storie individuali, intense e crude; ne disegna una triplice esistenza. Ispira metafore, così come il Corano. Offre, nella vita di ogni clandestino e del suo massacrante viaggio, la possibilità di una rinascita. Un testo illuminante, spirituale, con un finale inaspettato. Un sano riconoscimento alla dignità della cultura araba che affronta argomenti di grande attualità, ma con lo stile di una delicata e struggente poesia.

Gli autori
Michele Caccamo è Poeta drammaturgo e scrittore. È pubblicato e tradotto all’estero e conosciuto nel mondo arabo come il Poeta della fratellanza: per la sua attenzione all’integrazione e il suo impegno letterario nell’incontro tra popoli e religioni. Firma per un magazine on line estero articoli di critica musicale. È anche autore di testi di canzoni.

Luisella Pescatori è attrice di teatro al suo debutto letterario. Si avvicina a vari generi di scrittura creativa, dapprima con un adattamento teatrale, su drammaturgia di Michele Caccamo, poi come web editor, e come contributor per un magazine on line, sul quale cura una rubrica personale di poesia e tendenza.

giovedì 15 ottobre 2015

Il libri che hanno ispirato il film "Everest", con Jake Gyllenhall e Josh Brolin



Buongiorno, cari lettori e amici!

Vi piace andare al cinema?
Io non ci vado molto spesso (non quanto vorrei!), ma quando vado è perchè ho le idee abbastanza chiare su cosa voglio guardare (tipo, settimana prossima non si scappa con Io che amo solo te).
E uno dei "criteri" che mi guidano nella scelta del film, è sicuramente il fatto che siano tratti o ispirati a dei libri.

Se vi piacciono, non solo i libri, ma anche i film avventurosi, approfittatene, perché al cinema credo sia ancora in programmazione (DOVE) un film basato su fatti realmente accaduti:

EVEREST

TRAILER


Film d'apertura del Festival di Venezia 2015, presentato Fuori Concorso.

REGIA: Baltasar Kormákur
SCENEGGIATURA: Mark Medoff, Simon Beaufoy
ATTORI: Jake Gyllenhaal, Josh Brolin, John Hawkes, Jason Clarke, Robin Wright, Michael Kelly, Sam Worthington, Keira Knightley, Emily Watson

Ispirato da una serie di incredibili eventi accaduti durante una pericolosa spedizione volta a raggiungere la vetta della montagna più alta del mondo, EVEREST documenta le avversità del viaggio di due diverse spedizioni sfidate oltre i loro limiti da una delle più feroci tempeste di neve mai affrontate dall'uomo. Il loro coraggio sarà messo a dura prova dal più crudele dei quattro elementi, gli scalatori dovranno fronteggiare ostacoli al limite dell'impossibile come l'ossessione di una vita intera che si trasforma in una lotta mozzafiato per la sopravvivenza.

La pellicola narra la disastrosa spedizione sull'Everest avvenuta nel 1996, raccontata nel saggio Aria sottile (Into Thin Air), scritto nel 1997 da Jon Krakauer; si ispira anche a "A un soffio dalla fine" di Beck Weather.



A UN SOFFIO DALLA FINE
di Beck Weather, 
S.G. Michaud


Ed. Corbaccio
252 pp
18 euro

Nel maggio 1996 Beck Weathers si trova con altri alpinisti sotto la vetta dell’Everest, quando sulla montagna si scatena una terribile tormenta di neve. 
Nove sono le vittime di questa immane tragedia raccontata da Jon Krakauer in Aria sottile, ma a una di esse, Beck Weathers, viene data una seconda chance. 
Arrivato in condizioni disperate al campo base, cieco, ricoperto interamente di ghiaccio, viene abbandonato dai suoi compagni che a loro volta tentano di mettersi in salvo. 
Solo la moglie non si arrende a quello che appare un destino segnato, e organizza una rischiosissima missione di salvataggio… 
A un soffio dalla fine, ripubblicato con una nuova prefazione dell’autore a quindici anni dalla prima edizione, non è solo la storia incredibile di una spedizione drammatica, in cui morirono otto uomini, ma è anche la testimonianza emozionante e commovente di un sopravvissuto che ha saputo vedere la realtà che lo circonda, la famiglia, gli amici, la vita di tutti i giorni, con occhi nuovi.




ARIA SOTTILE
di Jon Krauser


Ed. Corbaccio
tra. L. Perria
352 pp
19.90 euro
Dall'autore di «Nelle terre estreme» un bestseller che è un classico indiscusso della letteratura di montagna.

Quando nel maggio del 1996 Krakauer fu inviato dalla prestigiosa rivista Outside a partecipare a una spedizione sull’Everest per scrivere un articolo sulla proliferazione delle scalate a pagamento condotte da guide professioniste, sembrò il logico coronamento di una carriera che era riuscita a combinare le sue due passioni: l’alpinismo e la scrittura. 
Il 10 maggio, però, una tempesta colse di sorpresa le quattro spedizioni che si trovavano sulla cima. 
Alla fine della giornata nove alpinisti erano morti, incluse due delle migliori guide. 
Krakauer è tra i fortunati che sono riusciti a ridiscendere «la Montagna». 
Aria sottile è molto più che la cronaca di quella tragedia; oltre ad offrire un punto di vista privilegiato – quello della prima persona – su una vicenda che a distanza di quasi vent’anni fa ancora discutere, offre soprattutto un esame provocatorio delle motivazioni che stanno dietro alle ascensioni ad alta quota e una drammatica testimonianza del perché quella tragedia si poteva evitare.
Krakauer descrive in modo indimenticabile la fatica di esistere e ancor più di muoversi a 8000 metri. 
È un acuto esaminatore dell’ascetismo masochistico che spinge gli alpinisti; sa che per voler salire sull’Everest bisogna avere una buona dose di follia. 
La sua storia contiene quella che deve essere l’essenza dell’inferno: l’infinita capacità delle cose di divenire peggiori di quello che temi. Grazie alla sua straordinaria capacità narrativa che rende vivido il racconto di ogni passo sulla montagna e alla feroce critica delle decisioni prese lassù quel 10 maggio, Krakauer ha scritto un bestseller che è diventato ormai il classico indiscusso della letteratura di montagna.

L'autore.
Jon Krakauer è nato nel 1954 ed è cresciuto nell’Oregon, dove suo padre e i suoi amici, tutti famosi alpinisti, fecero sorgere in lui la passione per la montagna. Poco più che ventenne ha compiuto imprese degne di nota nell’ambito dell’alpinismo nordamericano e ha scalato la parete est del Cerro Torre sulle Ande della Patagonia. Dal 1983 si dedica alla scrittura a tempo pieno. Oltre ad «Aria sottile», bestseller internazionale tradotto in moltissime lingue, Corbaccio ha pubblicato «Il silenzio del vento», «In nome del cielo», «Dove gli uomini diventano eroi» (anche in edizione TEA) e «Nelle terre estreme» da cui è stato tratto il film Into the Wild scritto e diretto da Sean Penn.

venerdì 9 ottobre 2015

Anteprima Giunti. CI VEDIAMO A VENEZIA di Suzanne Ma (una storia vera)



L'Italia negli occhi di una ragazzina cinese.
Uno sguardo inedito. Una storia dura, piena di forza e di speranza.

CI VEDIAMO A VENEZIA
di Suzanne Ma


Ed. Giunti
trad. L. Melosi
288 pp
14.90 euro
in libreria:
21 OTTOBRE 2015
Il sogno di Pei, dalla Cina all'Italia in cerca di un futuro - Una storia vera

Titolo originale: ''Meet me in Venice. A Chinese Immigrant's Journey from the Far East to the Faraway West'' (2015).

Trama

Suzanne, canadese, e Ye Pei, cinese, hanno appuntamento in un paesino della provincia di Padova, alla fermata dell'autobus. Pei ha diciassette anni, è in Italia da poco e ha già capito che quello che l'affascinava quando era nel Qingtian - Venezia, i ponti, la laguna scintillante - è molto lontano dalla sua realtà. Suzanne, che ha origini cinesi, gira il mondo per conoscere e raccontare le storie dei migranti.
Tappa per tappa, Suzanne seguirà l'avventura italiana di Pei, una tra le migliaia di immigrati cinesi nel nostro paese. Pei che in Cina aveva una cotta per un compagno di classe e un blog: una vita da adolescente normale, lasciata per un lavoro in nero a Solesino come sguattera nel bar di una conoscente.
Ma la ragazza è brillante e capisce presto che per riuscire in questo strano paese bisogna ingegnarsi. 
Impara a celebrare il sacro rito italiano del cappuccino, studia la lingua, prende la patente... 
Da Padova a Rimini ad Ancona e oltre, il suo sogno cresce e matura, fino alla decisione di rimanere in Italia e costruire qui la sua vita.

L'autrice.
Suzanne Ma ha girato il mondo raccogliendo storie sulla moderna diaspora cinese in Europa, Canada, Stati Uniti e Cina; dopo la laurea in giornalismo, ha vinto il Premio Pulitzer Travelling Fellowship che le ha permesso di finanziare il lavoro sul campo per scrivere questo libro. i suoi genitori l'hanno spinta ad imparare il cinese, incoraggiandola a scoprire il valore della sua identità e della sua cultura. L'Autrice vive in Canada con il marito.

martedì 19 maggio 2015

Recensione: IL DIARIO DI ANNA FRANK



Un libro che ho amato e continuo ad amare, e finalmente lo condivido con voi, lettori ed amici.


IL DIARIO DI ANNA FRANK


Quando la giovanissima Anne comincia a scrivere il suo diario, nel giugno del 1942, è una 13enne allegra, intelligente, con un grande spirito di osservazione, capace di inquadrare immediatamente gli altri – coetanei e adulti – e di descriverli in poche parole.

Mi ha sempre fatto tenerezza il pensiero che una ragazzina così spiritosa, giocherellona e socievole potesse essere altrettanto sensibile, acuta e matura da realizzare come, nonostante attorno a lei ci fossero tante persone – tutte potenziali confidenti -, in realtà a nessuna di esse ella sentiva di poter confidare tutto quel che provava e pensava, e proprio per questo vide in Kitty (il nome dato al diario segreto) la sua unica confidente.
Nonostante la vita di Anne, all’inizio del diario, ci appaia come sufficientemente tranquilla, l’ombra cupa e terribile delle leggi antisemite aleggia sulla vita della sua famiglia, e soltanto un mese dopo, la famiglia Frank, con l’aiuto di Miep Gies e di altri pochi amici, dovrà nascondersi negli uffici in cui lavorava Otto Frank, in Prinsengracht 263, ad Amsterdam.

Le giornate della giovane Anne cambiano radicalmente: avere 13 anni ed essere costretta a restartene chiusa in casa, facendo sempre attenzione a non fare troppo rumore, consapevole ogni giorno e ogni notte del pericolo di essere scoperti ed arrestati, non è una cosa semplice da vivere e gestire.

Ma fa sorridere e commuovere la forza e la voglia di vivere di quest’adolescente, nelle cui pagine - in cui racconta le giornate nel nascondiglio, delle litigate con la mamma e con i coinquilini, Van Daan e il dentista Dussell -, mostra sempre e fino alla fine una gran fiducia nella vita e nel futuro.

Quando, col passare di mesi, le notizie sull’andamento della guerra continuano a peggiorare e le poche positive non sembrano far ben sperare, la fiducia di riuscire a sopravvivere alla guerra si scontra con la paura, legittima, che questo non accadrà…

Anne ha una personalità determinata, forte, ma è ancora in formazione e, anche se le prove della vita l’hanno necessariamente resa più matura per l’età che ha, resta un’adolescente con i suoi bisogni, con i turbamenti derivanti dai cambiamenti psico-fisici che sta vivendo, con le sue pulsioni, i suoi desideri.

E non sono poche le pagine di diario in cui Anne si sfoga parlando degli adulti che la circondano, lamentandone l’ottusità, il loro non voler capire le esigenze e le vedute dei giovani: mamma Edith è tanto “moderna”, coraggiosa e pacata ma quanto riesce a far innervosire la figlia minore trattandola come una bimbetta?! E verso di lei Anne non ha certo parole di lode, anzi arriva a dire – con la foga propria dell’adolescente, che tende ad enfatizzare le emozioni – di non volerle bene e di ritenerla antipatica.

E vogliamo parlare della stupidità, della saccenteria e della superficialità della signora Van Daan? E della semplicioneria del marito?

Nonostante si parli spesso bene dei rapporti tra sorelle, Anne dichiara di non sentirsi molto affine e vicina alla maggiore, Margot, da tutti ritenuta più bella, più giudiziosa, insomma più tenuta in considerazione rispetto alla sorellina sciocca e chiacchierona. Non nascondo che avrei voluto che ci fosse pervenuto anche il diario di Margot, per leggere e conoscere anche i suoi sentimenti, le sue paure, i turbamenti, i desideri non rivelati…, la sua solitudine.

Il papà, chiamato affettuosamente Pim, è l’unico adulto in cui Anne trova comprensione, conforto…, eppure anche Pim a volte non la capisce del tutto, non la difende come lei vorrebbe, e questo finisce per deludere la nostra Anne, che si sente sempre più sola.

E poi c’è lui, il maschietto di casa, Peter Van Daan, con cui Anne non lega da subito, ritenendolo
peter van pels
pigro, troppo timido e sciocco, ma che un anno e mezzo dopo (dall’entrata nel rifugio) diventerà per lei una figura importante, che le regalerà tante emozioni e piccole gioie.

Gli ultimi mesi del diario sono quelli che, ogni volta, mi commuovono tanto, forse perché so che si avvicina l’ultima pagina, oppure perché la stessa Anne - che nel rifugio, in due anni, è senza dubbio cresciuta, maturata - ci ha lasciato in eredità delle frasi e dei passaggi molto belli, che ci aprono uno spiraglio sulla sua anima, sui suoi sentimenti, sulle aspettative nutrite verso un domani che non si prefigurava poi tanto roseo.

L’Anne del nascondiglio ha, nonostante le condizioni non siano a lei favorevoli, modo di crescere, di diventare una piccola donna, capace di autoesaminarsi, di riconoscere pregi e difetti suoi e altrui; se c’è un aspetto di Anna che emerge prepotente, nel corso del diario, è la voglia (il bisogno) di essere considerata, rispettata per quella che è, di ricevere coccole, attenzioni, conforto.

Anne, onesta com’è, non si vergogna certo di scriverlo:


 “Spesso ho bisogno di essere consolata, di frequente non sono abbastanza forte e le volte che sbaglio sono di più di quelle in cui riesco a comportarmi come vorrei.”

Emerge ancora un’Anne sensibile di fronte alla bellezza della natura, la sola che resta oltre tutto, oltre noi, oltre l’infelicità e la tristezza personali, alla quale possiamo guadare con gioia perché da essa prendiamo la serenità di cui abbiamo bisogno ogni giorno per ricordare a noi stessi che finchè abbiamo il cielo sopra di noi... non avremo mai una vera e propria ragione per essere infelici.

“Per tutti quelli che hanno paura, si sentono soli o infelici, il sistema migliore è certamente uscire, andare in un posto in cui si è completamente soli, soli col cielo, con la natura e con Dio. Perchè soltanto allora, solo allora si avverte che tutto è come deve essere e che Dio vuole che gli uomini siano felici nella natura semplice, ma bella. Finchè esiste questo, ed esisterà sempre, so che in qualsiasi circostanza può esserci consolazione. E sono fermamente convinta che la natura può cancellare molte miserie.

E tocca profondamente leggere la fiducia che una ragazzina di 15 anni, costretta dalla follia dell’uomo a nascondersi per evitare l’arresto o una fine ben peggiore, custodisce dentro sè, continuando a credere, ancora e nonostante tutto, nella bontà dell’uomo.

“Nonostante tutto, continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità."

Quando lessi il diario di Anne per la prima volta non avevo ancora 13 anni, ma ricordo con quanta partecipazione ne lessi le emozioni, i pensieri, i desideri, le vicende vissute da lei e da chi le era accanto. Ricordo bene quanto la sentissi vicina a me in tanti lati del carattere e come questo me la rese, nel mio immaginario, una sorta di “amica”, che avrei voluto incontrare, con cui avrei desiderato parlare, o anche semplicemente ascoltarla, visto che Anne era un tipetto molto espansivo ma, allo stesso tempo, una ragazzina arguta e sensibile.

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Un'adolescente che sognava di diventare una giornalista e una scrittrice e con questo diario (sarebbe più corretto dire “i diari”) è riuscita sicuramente a lasciare qualcosa di importante, un documento storico ed umano, che si aggiunge agli altri, circa le sofferenze subite dalle vittime di un terribile conflitto mondiale.

Rileggo, dopo tanti anni, questo diario e ritrovo, non senza commozione, la "mia" amica Anne, e dalla sua voce mi arriva, intatta, la sua allegria, la sua schiettezza, il coraggio che l’hanno accompagnata sempre ed in particolare in quei due anni nel rifugio e oltre, quando avrebbe avuto tutte le ragioni per disperarsi.

Ogni volta che penso ad Anna – anche in quanto “simbolo” dei 6 milioni di ebrei sterminati – rivivo dentro di me dei sentimenti contrastanti, anzi per dirla con le sue parole, mi sento, davanti al suo ricordo, “un fastello di contraddizioni” (o “contraddizione ambulante”, se preferite): da una parte, la tristezza per quello che è stato il suo destino…, il profondo senso di ingiustizia che provo nel pensare che una ragazza con dei sogni sul proprio futuro, con una tale voglia di vivere ed essere felice, sia dovuta soccombere a motivo della malvagità dell’Uomo; dall’altra, la certezza che la voce di Anne non ha smesso di parlare, di farsi sentire, di travalicare i fili spinati dei lager o gli anni trascorsi, per giungere a noi, ancora oggi, nel 2015, più vivida e forte che mai, per ricordarci quanta forza, voglia di vivere, fiducia nel prossimo... può essere racchiusa in un solo piccolo cuore, la cui vita è stata spezzata troppo presto e troppo barbaramente.

Non saprei dirvi quante volte, da quando avevo 11 anni, ho letto e riletto (e sottolineato e ricopiato) il diario di Anne Frank, ma una cosa posso dirla con certezza: ne ho sempre ricevuto una grande emozione e giunta all’ultima pagina, a quel 1° agosto 1944, ogni volta non avrei voluto chiudere il libro e avrei desiderato che per lei ci fosse stata un’altra conclusione, ma anche se così non è stato, ciò che ci resta è una testimonianza viva, il ritratto di una ragazza che, 
attraverso le parole che ci ha lasciato, continua di certo a vivere nella memoria di chi la sente vicina


Nota.: Come dicevo su, il Diario di Anna Frank è uno di quei libri “dell’infanzia” che, pur avendo riletto un sacco di volte e pur amandolo moltissimo, non ho mai recensito. Ringrazio Sofia Domino (autrice di "Quando dal cielo cadevano le stelle") per avermi coinvolta nel progetto “Cara Kitty", dandomi così l’occasione giusta per condividere con voi questo mio “libro del cuore” qui sul blog.
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