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sabato 27 gennaio 2024

"IL SEGNALIBRO DELLA MEMORIA"





AUDIOFICTION


LA SIGNORA DEI TULIPANI di Mauro Ruggiero

Un'anziana e taciturna signora dai capelli bianchi vende fiori in una strada di Praga tra l'indifferenza dei 


passanti. Ad accorgersi di lei sembra essere solo un giovane giornalista che, spinto dal desiderio di aiutarla, compra spesso quell'unico mazzetto di tulipani che la donna offre.
Presto, però, il giovane scoprirà che dietro quegli occhi azzurri e assenti, la "Signora dei tulipani" nasconde una storia incredibile e toccante iniziata al tempo dell’occupazione nazista della Cecoslovacchia e della Shoah.



L'uomo incapace di sorridere di Giancarlo Villa

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Londra, 28 Novembre 1962. È una piovosa serata di fine autunno, gelida e cupa.
Due giovani avventori del locale "The Star" si stanno godendo gli ultimi minuti di una serata blues. Il chitarrista del gruppo è un tipo strano, cupo, eccentrico.
La sua terribile storia è una storia di sopravvivenza estrema contro il male; la Storia di un sopravvissuto al campo di sterminio di Mauthausen.

Pur essendo due fiction, quindi con personaggi fittizi, di fantasia, ciò che viene narrato rispecchia vicende assolutamente realistiche; sono racconti brevi ma aventi una loro intensità, che coinvolgono emotivamente l'ascoltatore spingendolo a riflettere sui concetti di bene e di male, e di come questi siano presenti entrambi nel profondo dell'animo umano; in particolare nel secondo audiolibro, il personaggio principale è sopravvissuto all'Olocausto per cui la sua esperienza è ovviamente (e tristemente) fedele alla realtà.
In entrambi i casi l'ascolto è stato gradevole grazie all'espressività dei narratori espressivi.



BIOGRAFICO

Il comandante Franz Ziereis di Giancarlo Villa.
,

Al centro vi è la figura del massimo comandante di Mauthausen, 
il campo di concentramento dove venivano deportati principalmente gli intellettuali polacchi e i prigionieri di guerra sovietici.
Dopo esser entrato nella polizia tedesca, Ziereis scala gli ordini gerarchici fino a ottenere il comando del campo, dove si trasferì con la propria famiglia e risiedette per tutta la durata del suo ruolo.
 
Passato alla storia come uno dei più spietati e crudeli gerarchi, incapace di pentirsi persino in punto di morte, Ziereis era noto per la sua ossessione di sparare dalla sua abitazione, davanti al figlio undicenne, a qualsiasi prigioniero tentasse di scappare.

In questa breve ed essenziale biografia l'ascoltatore apprende come sia stata l'infanzia di Ziereis a Monaco, che era un bambino timido e vittima di bullismo da parte dei coetanei, fino ad arrivare agli orrori commessi da comandante nazista, nell'angolo di secolo più buio per l'umanità.
Interessante, permette di conoscere un altro personaggio meschino che ha contribuito a scrivere una pagina nerissima della storia.


TESTIMONIANZE

Le storie di Stanka e Maria: Il campo di concentramento di Gonars e la deportazione dei rom e dei sinti in Friuli Venezia Giulia durante la Seconda guerra mondiale di Andrea Giuseppini


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Nel campo di concentramento fascista di Gonars, un paese in provincia di Udine, furono internate decine di migliaia di civili sloveni e croati. Il campo rimase in funzione dalla primavera del 1942 fino all’8 settembre del 1943. Si calcola che in questo periodo, all’interno del campo, morirono di fame e di malattie circa 500 persone.

Stanka è un’anziana donna rom, nata nella provincia di Lubiana e deportata nel 1942 nel campo di Gonars. Nei ricordi di Stanka, raccolti in questo audio documentario, ci sono la terribile fame, il gran freddo, e le morti, tra cui quella di una piccola bambina rom.

Maria è invece una sinta italiana, nata nel 1929 a Trieste. Per fuggire ai pericoli dei bombardamenti, Maria e la sua famiglia si rifugiano nelle campagne friulane. Qui, dopo l’8 settembre del 1943 e l’occupazione tedesca, incontrano i rom sloveni deportati a Gonars.

Nei mesi successivi, la madre e un fratello di Stanka, il fratello di Maria e altri giovani rom saranno catturati dai tedeschi e deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti.
Solo in pochi faranno ritorno.

Nell’audiolibro, oltre alle voci di Stanka e Maria, si possono ascoltare quelle della storica Alessandra Kersevan, della partigiana Rosa Cantoni e dello scrittore Boris Pahor.

Testimonianze che vanno ascoltate, conosciute perché sono storie vere, drammatiche, dolorose, che escono direttamente dalla bocca di chi le ha vissute sulla propria pelle, di chi ha sofferto la fame, il freddo, la paura di essere picchiato, ucciso per il solo fatto di essere rom.
Storie che per molto tempo sono state ignorate, non considerate, storie di crimini per i quali i colpevoli non sempre hanno pagato.


Tutte storie da ricordare per il Giorno della Memoria ma affinché questa ricorrenza - che è giustissimo celebrare, non solo il 27 gennaio, ma sempre - non perda il suo valore e il suo fine, è necessario, a mio avviso, denunciare ogni sopruso, violenza, crimine di guerra, tentativi di pulizia etnica/sterminio ecc... che ancora oggi purtroppo avvengono.
Il fatto che ad oggi in tante parti del mondo i diritti di tanti uomini, donne, bambini... vengano costantemente violati non deve far cadere nell'errore di credere che il Giorno della Memoria abbia perso significato, che sia pura retorica e che quindi non serva più ascoltare ancora le testimonianze dei sopravvissuti (il cui numero, ovviamente, si fa sempre più esiguo), leggere libri/articoli o  guardare film/documentari a tema...; nondimeno, proprio per onorare con onestà e in una logica inclusiva questa giornata, nessuna vittima di azioni criminali a scopo di sterminio, di negazione dei diritti umani, va ignorata, sminuita, dimenticata, altrimenti la memoria di ciò che è accaduto durante la seconda guerra mondiale non sarà mai un ricordo, se poi sotto i nostri occhi continuano a verificarsi ingiustizie simili davanti alle quali si tende a girare la testa dall'altra parte e quasi a considerarle "di serie B".


"...se la storia e la memoria pubblica sono un antidoto dovremmo chiedercelo sempre, dove eravamo e dove siamo. Per provare a non correre il rischio di finire in quel maledetto scantinato stantio, a rifugiarsi nello studio, mentre i bambini gridano nella notte. “La memoria della Shoah è di tutti”, ha sostenuto sul sito di “Gariwo” la storica Anna Foa, e ha ragione: è anche delle donne e dei bambini intrappolati a Gaza o nei campi profughi di tutto il Medio Oriente. Sempre che sopravvivano.

Forse, chissà, un giorno succederà quello che immagina Elie Duprey (“Contretemps”, 23 dicembre 2023):

"La situazione non lascia spazio all'ottimismo. In Palestina, innanzitutto e prima di tutto, dove il sostegno incondizionato dato a Israele dalle potenze occidentali rende difficile immaginare qualcosa di diverso dall'approfondimento delle dinamiche attuali: pulizia etnica, apartheid, fascistizzazione sempre più spinta della società israeliana, indignazione generale – da parte dell'Occidente – di fronte alle esplosioni di violenza più spettacolari, indifferenza generale – da parte dell'Occidente – di fronte alla violenza quotidiana della colonizzazione. La storia degli Stati Uniti dimostra che certi processi coloniali possono trionfare e certi popoli scomparire. Forse un giorno qualche turista entrando in un casinò di Gaza verserà una lacrima in memoria dei crimini passati, prima di tornare a godere dei benefici della civiltà. Forse no".

Forse sarà così, forse no – in ogni caso decine di migliaia di persone non ci sono più. Dipende anche da noi, dal poco – pochissimo – che contano le nostre voci. Se non le alzeremo abbastanza, e se non verremo ascoltati, chissà, può essere che un giorno qualcuno ci verrà a cercare, sempre che non sia già troppo tardi. Quando busserà alla nostra porta chiedendoci se davvero non sentivamo, non vedevamo, non parlavamo, noi, o almeno io, probabilmente non sapremo cosa dire."


(stralcio di un articolo di Carlo Greppi presente su Gariwo)

sabato 28 gennaio 2023

MACELLAI, BELVE E DIAVOLI: TRE CRIMINALI NAZISTI

 

Amon, Joseph, Irma: nomi comuni per esseri umani che, purtroppo, la Storia ricorderà come straordinariamente malvagi, disumani, votati ad un'ideologia folle e crudele nella quale questi - come tanti altri con loro - hanno riposto ogni cieca fiducia, vendendo la propria anima e finendo per lasciarsi alle spalle ogni briciola di umanità.


(Primo Levi)



I protagonisti di questi tra audiolibri molto brevi sono: Amon Göth, Joseph Goebbels e Irma Grese, tutti e tre militanti nelle file naziste.


Amon il macellaio


Di: Lucas Hugo Pavetto, Giancarlo Villa
Durata: 48 min
Audiolibro
Editore: Saga Egmont
Letto da: Corrado Niro


Amon Göth: un nome che evoca crudeltà, sadismo, assenza di empatia, di pietà.
Tutto ciò che sappiamo di lui ruota intorno alle sue azioni nei campi di concentramento.
Era un omone dal brutto carattere (per usare un eufemismo), facile all'ira, malvagio, e la facilità con cui non si faceva problemi e scrupoli ad ammazzare non solo non era affatto un mistero per chi lo conosceva, gerarchi nazisti compresi, ma anzi forse faceva di Amon il candidato ideale per prestare i propri servigi nei lager. 
Lo chiamavano "il macellaio di Płaszów": i prigionieri erano terrorizzati da lui perché sapevano quanto potesse essere rabbioso, accanendosi sulle proprie vittime con un livello di perversione spregevole, sfogando su poveri innocenti i suoi istinti peggiori, i suoi frequenti accessi d'ira e tutto il suo folle disprezzo per gli ebrei. 
Si faceva accompagnare spesso dai suoi cani Ralf e Rolf, che sguinzagliava sui prigionieri per dar loro una morte atroce, dolorosa, terribile...
Il comandante nazista che incontrò Oscar Schindler, il quale gli "soffiò" più di mille ebrei, mettendoli in salvo.
Un soggetto abominevole che mai dimostrò pentimento per le proprie azioni.



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Goebbels, il diavolo zoppo

Di: Lucas Hugo Pavetto, Giancarlo Villa
Letto da: Corrado Niro
Durata: 39 min
Audiolibro
Editore: Saga Egmont

Joseph Goebbels è stato uno dei più devoti tra i gerarchi nazisti; credeva in Hitler, era il suo idolo, il punto di riferimento; per il dittatore nazista e per le sue idee, Goebbels era pronto a sacrificare tutto, a rinunciare ai propri affetti, pur di vivere all'ombra del suo mito.
Principale artefice delle campagne di “arianizzazione” della cultura nel Terzo Reich e Ministro per l’educazione popolare e della propaganda, era chiamato "il diavolo zoppo" perché aveva una gamba più corta dell’altra a causa di una malattia che lo colpì nell'infanzia, ma il difetto fisico non compromise la sua natura: colto, intelligente, efficiente, esperto di meccanismi della comunicazione; ai suoi comizi usava arrivare volutamente in ritardo perché in questo modo aumentava la tensione nell'uditorio, e le persone lo avrebbero ascoltato con più attenzione. 
Il suo "amore" per l'adorato Führer era talmente forte da spingerlo a scegliere il suicidio, per sé e la sua famiglia, solo il giorno dopo la morte di Hitler.


Irma Grese. La iena di Auschwitz

Di: Lucas Hugo Pavetto, Fiammetta Bianchi
Letto da: Daniele Denora
Durata: 47 min
Audiolibro
Editore: Saga Egmont


È stata probabilmente la guardia donna più sadica in assoluto; possiamo dire che sia stata il corrispettivo femminile di Göth: stessa crudeltà, stesse psicopatie, stesso godimento nell'esercitare la violenza più brutale e, soprattutto, nel veder soffrire (e morire, tra le più atroci sofferenza) le loro vittime preferite, ossia i prigionieri ebrei dei campi di concentramento in cui operavano.
Anch'ella suscitava il terrore quando compariva, e anche questa ragazza (fa impressione pensare che fosse poco più che ventenne...) si divertiva a servirsi dei cani per i propri sadici "giochetti"; anzi, li lasciava di proposito a digiuno per qualche giorno così che poi fossero belli affamati e sbranassero con più ferocia i poveri malcapitati...
A vederla, l'avresti definita un angelo (per il suo aspetto avvenente, gli occhi azzurri, i capelli biondi e la pelle candida) e invece era la bestia bionda di Belsen, di cui erano note non solo l'assenza di umana pietà ma anche la promiscuità sessuale, tanto da intrecciare relazioni stabili (per quel che era possibile in contesti simili) con colleghi (maschi e femmine) e prigionieri/e.

Tre ritratti brevi, essenziali (non esaustivi), che caratterizzano in modo succinto questi tre nazisti, tutti accomunati da una devozione totale a un'ideologia folle e antisemiti nel sangue (ma qui c'è proprio un odio verso i propri simili in generale che fa paura).
Di essi ci vengono date le informazioni principali circa la giovinezza, la vita privata, l'adesione al nazismo, tratti caratteriali, comportamento all'interno dei lager.
La lettura è drammatizzata, rendendo l'ascolto piacevole e coinvolgente.
Ci sono particolari che fanno accapponare la pelle, pur essendo comunque noti a quanti si siano già interessati all'argomento.

venerdì 27 gennaio 2023

PORRAJMOS di Andrea Giuseppini - la persecuzione nazifascista di rom e sinti - ✤ GIORNATA DELLA MEMORIA, 27 gennaio 2023 ✤

 

 In occasione della Giornata della Memoria, l'anno scorso ho ricordato le vittime dell'Olocausto e proposto una breve bibliografia e sitografia per chi volesse approfondire l'argomento.

Quest'anno ho avuto modo di ascoltare su Audible un interessante audiodocumentario riguardante la persecuzione nazifascista dei rom/sinti. 


(Primo Levi)



PORRAJMOS.
La persecuzione nazista e fascista dei rom e dei sinti
di Andrea Giuseppini



Tracce.studio
1 ora 22 minuti
Audiodocumentario
Se vi dico "Porrajmos", cosa vi viene in mente?

Forse non sono in tantissimi a sapere il significato di questa parola ed è proprio per questa ragione che ne parliamo (nel post del 2022 ne diedi solo un piccolo accenno).


Porrajmos, nella lingua della maggior parte dei rom e dei sinti, significa "divoramento"; un'altra parola, da affiancare a questa, è Samurdaripen, cioè “il grande genocidio”

Entrambi i vocaboli indicano lo sterminio che il Terzo Reich attuò nei confronti delle popolazioni rom e sinti.
Fu una vera e propria persecuzione su base razziale,  scientificamente programmata con lo scopo di distruggere l’intero popolo, la sua cultura e la sua lingua e
 che portò alla morte di oltre 500.000 persone.

Ma, a differenza di quanto accaduto con gli ebrei, per i rom il riconoscimento del loro genocidio è arrivato più tardi e non senza polemiche; inoltre, non c’è stato nessun tipo di risarcimento né umano né sociale.


Nel documentario intervengono Otto Rosenberg (uno dei pochi “zingari” sopravvissuti allo sterminio), Gnugo de Bar (nato all’interno del campo di concentramento riservato ai sinti e attivo a Prignano sulla Secchia (MO) tra il 1940 ed il 1943), Milka Goman (che fu arrestata e portata nel campo di concentramento di San Bernardino ad Agnone), Giovanna Boursier (giornalista), Mirella Karpati (pedagoga e studiosa del mondo zingaro e della Romanologia), Luca Bravi (ricercatore).


Era il 16 dicembre 1942 quando Heinrich Himmler ordinava la deportazione di rom e sinti che vivevano in Germania nel campo di sterminio di Auschwitz. Ha così inizio «la soluzione finale» per questo popolo.

Ascoltiamo, quindi, l'intensa testimonianza di Otto Rosenberg, nato a Berlino nel 1927, che già nel 1936 fu deportato nel lager di Marzhan; sette anni dopo, Rosenberg sarà internato nello Zigeunerlager, il lager degli zingari di Auschwtz-Birkenau (dove incontra Josef Mengele, l'angelo della morte), poi trasferito nel campo di Buchenwald e infine liberato a Bergen-Belsen.

Otto Rosenberg è l'unico superstite della sua famiglia e di questo ha sempre portato il "peso": perché solo io sono sopravvissuto? Commuovono le sue parole che rivelano il dolore sempre vivo e che si fa sentire più forte nei giorni di festa. Per anni egli ha mantenuto il silenzio per anni, fino a quando ha sentito che fosse giusto lasciare la propria preziosa testimonianza.

Ascoltare la voce di questi sopravvissuti all'inferno, che in quei maledetti lager hanno perso i propri cari, induce a porsi delle domande e a fare delle riflessioni su come mai questo genocidio è stato a lungo negato, "sminuito", dimenticato, anzi si è cercato proprio di negare che tale genocidio fosse avvenuto per motivi razziali, adducendo che fossero piuttosto motivi di natura sociale, ma gli "zingari" non furono deportati perchè asociali o come saltimbanchi e giostrai, bensì vennero internati e uccisi in quanto considerati razzialmente inferiori.

«Gli Zingari risultano come un miscuglio pericoloso di razze deteriorate»: queste parole le pronunciò Robert Ritter, medico e psicologo tedesco nonché direttore del Centro Ricerche per l’Igiene e la Razza di Berlino; è tristemente noto per le sue teorie discriminatorie proprio sugli zingari, da lui ritenuto tarati geneticamente, irrecuperabili, pericolosi e quindi da sterminare. 
Ad essere precisi, le origini degli "zingari" non sarebbero da considerare "non ariane" (in quanto indoeuropee) e quindi "impure", ma avendo loro vagabondato ed essendosi "contaminati" con altri popoli di “razza inferiore”, hanno irrimediabilmente compromesso la loro purezza.

Purtroppo, anche in Italia, durante il regime fascista, si registrò un tipo di politica discriminatoria verso le persone di origine sinti e rom, che il governo giustificò con esigenze di sicurezza interna e di igiene pubblica. Il primo provvedimento del governo di Mussolini risale al 1926, quando venne ordinato il respingimento alla frontiera italiana di zingari, saltimbanchi e simili, che cercavano di entrare nel nostro Paese.

Un altro aspetto importante che emerge nell'audiolibro è la cifra dei morti tra i sinti durante la guerra; essa non è semplice da determinare e questa difficoltà nel documentarne il numero preciso risale già a prima della guerra; del resto, se per gli ebrei sono stati presi in considerazione le comunità (e chi non era tornato, a guerra finita), per i sinti questo non è stato possibile.

La cosa che mi ha lasciata perplessa e anche un po'... amareggiata è stato ascoltare come la richiesta di riconoscimento, da parte di Sinti e Rom tedeschi, del genocidio della propria gente, sia stato per anni giudicato quasi un insulto all'onore della memoria delle vittime dell’Olocausto; anche lo stesso Elie Wiesel si oppose all'inserimento degli zingari nel memoriale  di Washington.

C'è da dire che, durante la cerimonia di consegna del Nobel per la pace, lo stesso  Wiesel dichiarò: “Confesso che mi ritengo in qualche modo colpevole verso i nostri amici Rom. Non abbiamo fatto abbastanza per ascoltare la vostra voce angosciata. Non abbiamo fatto abbastanza per sensibilizzare la gente ad ascoltare la vostra voce sofferente”.

Personalmente, trovo sbagliato pensare che riconoscere le sofferenze di un altro popolo  sminuisca quelle di un altro, e neppure se ne può fare un discorso puramente numerico (più morti ➡️ più considerazione). Credo semmai che riflettere su quante e quali malvagità l'essere umano, in nome di ideologie di varia natura, sia capace di compiere verso i propri simili, senza escluderne alcune (per qualsivoglia ragione) ma anzi ricordando tutti coloro che hanno subìto ingiustizie, senza operare distinguo tra vittime di serie A e B, sia fondamentale affinché i "per non dimenticare", i "mai più" e la stessa Giornata della Memoria mantengano fede all'obiettivo di agire perché certe brutalità non accadano più a nessuno, in nessuna parte del mondo e a nessun popolo o categoria di persone, che sia per religione, orientamento sessuale, motivi politici, razziali...

Includere, nella celebrazione del ricordo, e non escludere, perché il rispetto del dolore va dato a tutti, fosse anche a una singola persona.

Non posso che consigliare l'ascolto di questo audio documentario, breve ma molto interessante.


Sito consigliato per l'approfondimento personale:  http://porrajmos.it/


Siti consultati:

  • www.treccani.it
  • museonazionaleresistenza.it
  • https://www.combattentiereduci.it/notizie/genocidio-degli-zingari-il-dovere-della-memoria
  • http://sucardrom.blogspot.com/2015/10/giacomo-gnugo-de-bar-lultimo-grande.html
  • www.lameridiana.it
  • https://memoria.comune.rimini.it/news/porrajmos-genocidio-dei-sinti-dei-rom-sottoil-terzo-reichhttps://www.lageredeportazione.org/wp-content/uploads/2021/04/MIRELLA-KARPATI.1149865963.pdf

venerdì 18 marzo 2022

[[ RECENSIONE ]] "Josef Mengele. L'angelo della morte di Auschwitz" di Richard J. Samuelson


"Josef Mengele. L'angelo della morte di Auschwitz" di Richard J. Samuelson  è un libro che, seppur brevemente, ripercorre la cupa e terribile figura di un personaggio storico di cui tutti abbiamo sicuramente sentito parlare e che è associato ad uno dei capitoli più brutti della storia contemporanea.


letto da Marileda Maggi   
Credo di non sbagliarmi se dico che Josef Mengele sia davvero uno dei più inquietanti e sadici protagonisti della follia nazista. 
Basta il suo nome perché la nostra mente vada a fatti ed immagini terribili, legati ai campi di sterminio e, soprattutto, agli abominevoli e disumani esperimenti condotti proprio da quest'uomo, che lavorò come medico ad Auschwitz per 21 mesi. 
Un tempo sufficiente per provocare innumerevoli e irreversibili danni.

L'Autore parte dall'inizio, illustrandoci brevemente gli anni della giovinezza, la laurea in Antropologia e poi in Medicina, il morboso interesse per le ricerche sulla genetica (convinto che le differenze razziali e sociali avessero origini genetiche, appunto), l'iscrizione al partito naazionalsocialista, il ferimento in guerra, il congedo con onore e l'assegnazione al campo di sterminio.

Era chiamato "l'Angelo della Morte" e trasformò l'ospedale di Auschwitz in una vera e propria clinica degli orrori, torturando e seviziando le vittime del campo con esperimenti spietati e terrificanti:  bambini, nani, rom e, soprattutto, i gemelli, la vera ossessione del folle dottore nazista.

Questi era intenzionato a "studiare" la genetica delle povere cavie con l'infame scopo di incrementare la nascita di bambini ariani così da poter rafforzare il futuro Reich. 
Uno dei suoi obiettivi, ad es., era modificare la pigmentazione dell’iride al fine di ottenere più bambini con gli occhi azzurri; a tal fine, Mengele iniettava negli occhi dei bambini diverse soluzioni che non solo non sortivano l'effetto sperato, ma rovinavano gli occhi alle vittime, procurando loro gravi infezioni, cecità. 
Non tutti sopravvivevano ai crudeli trattamenti... 
Gli organi tolti alle vittime erano inviati all’Istituto per l'antropologia, la genetica umana e l'eugenetica a Berlino, etichettati come “materiale di guerra - urgente”.

Questo libro l'ho ascoltato, non letto, ma a livello emotivo è stato comunque angosciante sentire le crudeltà inferte a vittime innocenti da questo.... essere - che chiamare uomo è difficile, anche se, ovviamente, lo è, ed è questo che rende tutto più brutto -; pensare a ciò che hanno potuto soffrire riempie il cuore di un tremendo e profondo gelo, mette i brividi ogni volta che leggo queste storie.

È un viaggio nell'inferno, ma per quanto doloroso, non possiamo tirarci indietro dal ricordare che la memoria e la conoscenza sono fondamentali perché l'Umanità non commetta più gli stessi errori.

Certo, sembra strano dire una verità del genere in queste settimane in cui l'orrore della guerra è tornato prepotentemente ad angosciarci; le immagini della guerra in Ucraina ci fanno star male e ci confermano come l'Uomo sia davvero un cattivo scolaro, e poco impara dalle lezioni di "maestra Storia".

Tornando al medico nazista...: aveva poco più di trent'anni ed è stato capace di lasciare un'impronta nella storia... ma che impronta mostruosa! 

A farci innervosire, però, è il sapere che purtroppo quest'uomo non è mai stato consegnato "alla giustizia", non ha subito condanne per i suoi numerosi e sadici crimini; la vicenda di Mengele è continuata anche dopo la guerra.

Gli bastava cambiare nome e riusciva a passare frontiere come se niente fosse, fino ad arrivare in Paraguay, Argentina, Brasile, dove è vissuto indisturbato fino alla sua morte, avvenuta per cause naturali nel 1979.

Samuelson mette in campo alcune delle ipotesi per spiegare come sia stato possibile che questo individuo sia fuggito e abbia vissuto tranquillamente (e non sempre sotto falso nome) per molti anni dopo la guerra, senza che nessuno lo riconoscesse e ne permettesse l'arresto.

Chi l'ha aiutato a fuggire e chi l'ha protetto durante la sua latitanza? È possibile che ci fossero Paesi (ad es. gli Stati Uniti) con un qualche interesse a "proteggerlo"?

E inoltre, che fine hanno fatto gli appunti segreti redatti da Mengele ad Auschwitz? Ha impunemente proseguito i suoi folli esperimenti anche in Sudamerica? 
Domande a cui ancora oggi è davvero difficile dare risposte certe ed univoche.

Un particolare inquietante che non conoscevo (o forse l'avevo dimenticato) è che trascorse gli ultimi tre lustri della propria dannata esistenza in un paesino in particolare: Cândido Godói, un piccolo villaggio brasiliano al confine con l’Argentina, in cui era presente una minoranza di polacchi e tedeschi.
Fece di questa località una sorta di "laboratorio"; del resto, è una coincidenza se proprio dal 1963 (anno in cui Mengele si stanziò lì) la cittadina gradualmente è divenuta la località con la più alta incidenza di gravidanze gemellari dell’intero pianeta?

Concludendo, è un libretto che tratta un argomento senza dubbio interessante; certo, la sua brevità non permette di approfondire tanti aspetti, ma può costituire una motivazione per fare ricerche personali.

Noticina sulla voce narrante: il timbro è molto piacevole, ma in certi momenti il suo tono di voce era... irritante, ma tanto!! Perché? Beh, il volumetto tratta temi senza dubbio terrificanti e atroci ed infatti le musiche di sottofondo sottolineano l'atmosfera lugubre in certi specifici frangenti; la voce della narratrice, al contrario, in alcuni passaggi da brividi... aveva un tono troppo "leggero", come se stesse leggendo una favoletta per bambini....!





giovedì 27 gennaio 2022

✤ Le vittime dell'Olocausto ✤ Giornata della Memoria, 27 gennaio 2022



In questo giorno, istituito nel 2005 quale ricorrenza internazionale da celebrare ogni anno, si ricordano le vittime dell'Olocausto, attuato dai Nazisti e dai loro collaboratori durante la Seconda Guerra Mondiale e che ha portato alla morte sei milioni di Ebrei e milioni di altre persone.

Non è semplice documentare il numero preciso delle vittime dell'Olocausto, in quanto non esiste alcuna lista ufficiale di coloro che morirono; per farne una stima più vicina possibile alla realtà, ricercatori,  organizzazioni ebraiche e agenzie governative hanno usato, sin dal 1940, fonti diverse quali censimenti, archivi tedeschi o dei paesi dell'Asse, e indagini condotte dopo la guerra.





Come dicevo, ad essere stati perseguitati ed assassinati sono stati 6 milioni di Ebrei.
Sul sito Enciclopedia dell'Olocausto (vi consiglio di visionarlo, se non l'avete ancora mai fatto), è possibile leggere i numeri delle altre vittime della follia nazista:

- circa 7 milioni (inclusi 1,3 milioni di civili ebrei sovietici, i quali sono anche inclusi nei 6 milioni di Ebrei) di civili sovietici;
- circa 3 milioni (inclusi circa 50.000 soldati ebrei) di prigionieri di guerra sovietici;
- 1,8 milioni  di civili polacchi, non-ebrei circa (inclusi tra i 50.000 e i 100.000 membri delle elites polacche);
- 312.000  civili serbi (in Croazia, Bosnia, ed Erzegovina);
- 250.000 circa tra le persone disabili che vivevano in istituti;
Rom (Zingari) fino a 250.000;
- Testimoni di Geova, circa 1.900;
- Criminali recidivi e individui definiti asociali, almeno 70.000;
- Oppositori politici tedeschi e membri della Resistenza nei paesi dell'Asse (numero indeterminato);
- centinaia e centinaia di omosessuali (inclusi i quasi 70.000 criminali recidivi e gli asociali elencati precedentemente).


Vi lascio - e lo faccio anche come promemoria per me - alcuni titoli per approfondire l'argomento delle persecuzioni verso queste altre categorie, di cui forse non si parla abbastanza...


Le donne di Ravensbruck. Testimonianze di deportate politiche italiane di Lidia Beccaria Rolfi, Anna Maria Bruzzone (Einaudi, 2020).

A Ravensbrück, il campo di concentramento destinato ad accogliere una popolazione in prevalenza 
femminile, morirono circa novantaduemila donne. 
Lidia Beccaria Rolfi (che là fu deportata e sopravvisse) e Anna Maria Bruzzone hanno raccolto le testimonianze di alcune prigioniere che raccontano la loro esperienza di deportate, coperte di stracci, divorate dai pidocchi, sfinite dalla denutrizione, dalle botte, dai bestiali turni di lavoro. 
Un libro sull’orrore patito, ma anche sulle forze del cuore, dell’anima e della mente che le cinque prigioniere seppero opporre all’atroce realtà del Lager.

Vedi anche Il cielo sopra l'inferno. La drammatica storia vera di Ravensbrück il campo di concentramento nazista per sole donne di Sarah Helm.


Il flagello della svastica. Breve storia dei delitti di guerra nazisti di Edward Russell (Pgreco Ed., 2017).

La brutalità nazista, l'orrore dell'Olocausto e la tragedia dei lager. Tutto questo condensato in un amaro resoconto dei crimini di guerra perpetrati dalla Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. Basato sulle testimonianze presentate ai processi di Norimberga e scritto da Lord Edward Frederick Langley Russell, che fu personalmente coinvolto nei procedimenti giudiziari contro i criminali di guerra, questo libro si pone come memoria irrinunciabile e dura condanna delle atrocità commesse dai nazisti. Dalle esecuzioni ad Auschwitz al massacro di Lidice o, ancora, alla distruzione del ghetto di Varsavia, siamo messi di fronte a ignobili massacri, verso i quali non è possibile chiudere gli occhi e tacere, ma occorre ricordare, nella misura in cui ricordare significa autenticamente capire.





Triangolo rosa. La memoria rimossa delle persecuzioni omosessuali di Jean Le Bitoux (Manni Ed., 2013).

Con l'avvento del nazismo in Germania si scatena l'odio contro gli omosessuali: i Tedeschi hanno
bisogno di futuri combattenti per la grandezza della nazione e della razza, e i gay diventano nemici da identificare ed eliminare. Inasprite le leggi, 100.000 omosessuali sono vittime di delazione, marchiati e perseguitati dalla polizia e dalle SS, più di 10.000 finiscono nei campi di concentramento, e le persecuzioni si estendono via via nei territori annessi dalla Germania. Finita la guerra, vittime, testimoni e storici tacciono. La deportazione omosessuale è rimossa dalla memoria collettiva, spesso le commemorazioni dei triangoli rosa sono osteggiate dalle altre categorie di deportati e non di rado continuano ad esistere per decenni leggi persecutorie e omofobe; in questo libro Jean Le Bitoux, utilizzando le fonti più varie, da testimonianze dirette a conversazioni e interventi di Sartre e Foucault, ci restituisce questa storia dimenticata e indaga le ragioni della rimozione, dell'oblio.





Fra Martirio e Resistenza, La persecuzione nazista e fascista dei Testimoni di Geova di Matteo Pierro (Ed. Lariologo, 2002).

Matteo Pierro è il responsabile del Centro di Documentazione sui Bibelforscher (Studenti Biblici) che ha sede a Salerno. Nei campi di concentramento nazisti, il triangolo viola cucito sull'uniforme carceraria, identificava i Bibelforscher (gli odierni Testimoni di Geova). "Fra martirio e resistenza" ricostruisce la loro vicenda attraverso inediti documenti dell'epoca, dichiarazioni di ex deportati e di storici di fama mondiale. Il libro inoltre descrive la denuncia delle atrocità naziste compiuta da questa minoranza e la repressione che subirono in Italia, sotto il regime fascista. Contiene una significativa documentazione fotografica e nella ricca appendice, la storia di Narciso Riet, arrestato dalle SS a Cernobbio nel 1943. 





Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute di Marco Paolini (Einaudi, 2014).

Questa è la storia di uno sterminio di massa conosciuto come Aktion T4. T4 sta per Tiergartenstrafte numero 4, un indirizzo di Berlino. Durante Aktion T4 sono stati uccisi e passati per il camino circa trecentomila esseri umani classificati come "vite indegne di essere vissute". Tale progetto era volto all'eliminazione del "diverso" e dell' "inutile"; un progetto tenuto segreto ma in realtà realizzato sotto gli occhi di tutti, con una regia attenta a cogliere il consenso della classe medica e della popolazione, indotta a credere che fosse la cosa giusta. Nel '41, anche a seguito delle crescenti proteste della popolazione che si interroga sul numero di decessi negli istituti e della Chiesa Cattolica che denuncia lo sterminio, Aktion T4 cessa ufficialmente, ma le uccisioni proseguono fino a dopo la fine della guerra: migliaia le persone che sparirono in questo modo, non solo in Germania e Austria. Gli esiti di questa operazione vedono coinvolti anche Ospedali Psichiatrici italiani (Trieste, Venezia, Treviso, Pergine Valsugana TN).
Cominciarono a morire prima dei campi di concentramento, prima degli zingari, prima degli ebrei, prima degli omosessuali e degli antinazisti e continuarono a morire dopo, dopo la liberazione, dopo che il resto era finito".

Altri testi: I medici nazisti di  Lifton R.J..,  Il nazismo e l'eutanasia dei malati di mente di Alice Ricciardi von Platen.





Porrajmos  è un termine poco noto, traducibile come "grande divoramento" ed è la parola usata da Rom e Sinti per indicare lo sterminio del loro popolo sotto il nazismo.
La persecuzione degli Zingari assunse caratteristiche molto simili a quella degli Ebrei, in quanto entrambi i popoli erano ritenuti “portatori di sangue estraneo”; nel caso degli zingari, essi furono oggetto della strategia nazista dell’annientamento biologico in quanto considerati  “asociali” e “parassiti schivi del lavoro”, quindi individui potenzialmente pericolosi e capaci di turbare l’ordine pubblico.


Cuore di zingara di  Marcella Delle Donne (Ediesse Ed., 2014)

Rosanna, una bimba di tre anni, è il filo conduttore della storia di un clan familiare rom, fatto di personaggi straordinari, in prevalenza donne intrepide e appassionate segnate dall’esclusione e dalla presenza di un capo clan tragicamente dominante. Rosanna ci conduce tra i campi rom di Firenze, Roma e Torino. Scopriamo mondi altri, dove passato e futuro si annullano nel presente. Mondi fatti di suggestioni, di magia, di disperazione e... amore sublime. Per non dimenticare, la sezione del libro posta a premessa della peregrinazione di Rosanna, racconta la storia del Porrajmos, il genocidio del popolo rom nei campi di sterminio della Germania nazista e non solo.

Altri testi: Io non mi chiamo Miriam di Majgull Axelsson (c'è la recensione sul blog), La persecuzione nazista degli zingari, di Guenter Lewy; Quando arrivammo c'era solo erba alta. L'Olocausto infinito di rom e sinti di Paolo Cagna Ninchi.





SONO RIMASTO IN BILICO (Rasim Sejdic)

Sono rimasto in bilico
sulla lama del coltello
sono rimasto gelato come la pietra.

Il mio cuore tremò
sono caduto sul filo del coltello.

M’è rimasta la mano destra
e l’occhio sinistro
ho versato lacrime
ad Auschwitz dove sono rimasti gli zingari.
La lacrima è scesa
la mano ha preso la penna
per scrivere parole qualunque.



OLOCAUSTO DIMENTICATO (Paula Schöpf)

Silenzio, desolazione, oscura notte
il cielo è cupo, pesante di silenzio!
Aleggia nell’aria la nenia della morte!
Da queste pietre, grigie pietre,
da ogni rovina, dalle cornici infrante
esala disperazione di sangue e lacrime.
Il mio spirito s’impiglia nel filospinato
E la mia anima s’aggrappa alle sbarre,
prigioniera in casa nemica!
Chi sono? Nessuno! Tu chi sei?
Nessuno!
Voi Sinti chi siete? Nessuno! solo ombre,
nebbia! Nebbia che per abitudine è rimasta
prigioniera della più grande infamia
della storia dell’uomo!





SE QUESTO È UN UOMO (Primo Levi)

Voi che vivete sicuri 
Nelle vostre tiepide case, 
Voi che trovate tornando a sera 
Il cibo caldo e visi amici: 

 Considerate se questo è un uomo 
 Che lavora nel fango 
 Che non conosce pace 
 Che lotta per mezzo pane 
 Che muore per un sì o per un no. 

 Considerate se questa è una donna, 
 Senza capelli e senza nome 
 Senza più forza di ricordare 
 Vuoti gli occhi e freddo il grembo 
 Come una rana d'inverno. 

 Meditate che questo è stato: 
Vi comando queste parole. 
Scolpitele nel vostro cuore 
Stando in casa andando per via, 
Coricandovi alzandovi; 
Ripetetelele ai vostri figli. 
 O vi si sfaccia la casa, 
 La malattia vi impedisca, 
 I vostri nati torcano il viso da voi.




Fonti consultate: 

http://www.romsintimemory.it/
https://encyclopedia.ushmm.org
http://www.informareunh.it/lolocausto-delle-donne-non-conformi-o-inutili/
http://www.superando.it/2015/01/20/quel-primo-olocausto/
https://www.jolefilm.com/spettacolo-tv/ausmerzen/
https://www.figlidellashoah.org/ 
http://www.deportati.it/ (N.B.: nella sezione "libri online" potrete leggere e scaricare legalmente molte testimonianze di ex-detenuti nei lager e tanti altri scritti)
Ibs.it

mercoledì 26 gennaio 2022

Recensione: UNA BAMBINA E BASTA di Lia Levi



Credo non ci sia anno che passi (ed è mia intenzione impegnarmi affinché sia sempre così) senza che io legga almeno un libro (romanzo, autobiografia, reportage ecc...) che sia dedicato specificatamente all'Olocausto, al tema dello sterminio all'interno dei campi di concentramento nazisti, alle atroci esperienze di persone che hanno subito questa barbarie e sono sopravvissute, o che sia ad esso "collaterale", come nel caso di questo libro di Lia Levi.
Lia Levi non ha vissuto l'orrore dei campi di concentramento perchè tanto lei che i famigliari hanno potuto nascondersi all'interno di un convento a Roma negli anni di fuoco della seconda guerra mondiale, aspettando che il caos del conflitto e, in particolare, la furia dei tedeschi passassero, lasciandoli indenni e insieme.
E così è stato, grazie a Dio.
In questo breve scritto autobiografico, l'Autrice ci racconta la sua vita negli anni della guerra e di come essa sia stata travolta dall'introduzione delle leggi razziali da parte del fascismo, fatto che ha obbligavo la sua famiglia (ebrea) - e non solo la sua, chiaro - a cercare di sfuggire alla persecuzione.
Il suo è il racconto di una bambina che vede come tutto attorno a sé cambi da un giorno all'altro e come tutto questo si rifletta negli occhi e nei comportamenti dei genitori.


UNA BAMBINA E BASTA 
di Lia Levi


 
Edizioni E/O
128 pp

 
Ha appena finito la prima elementare, Lia, quando la mamma le dice che a settembre non potrà più tornare in classe, ma che dovrà iscriversi ad una scuola ebraica. 
Eh già, perché Mussolini, che comanda su tutti, non vuole più i bambini ebrei nelle scuole. 
A dire il vero, non li vuole da nessuna parte, tant'è che Lia e famiglia sono costretti a lasciare la città in cui vivono, Torino, e poi anche Milano (in cui si trasferiscono per poco tempo); senza considerare che il papà ha perso il lavoro ed è sempre giù di morale, la bimba e le sorelle vengono iscritte a un corso di francese (scelta che la piccola proprio non comprende) e in seguito, come se tutti questi cambiamenti non fossero già troppi, devono ritrasferirsi, stavolta a Roma, nel quartiere di Monteverde e, una volta lì, le cose precipitano...

Sì, perché verrà a far loro visita, e non una volta sola, un signore della questura, avvertendoli che, siccome sono ebrei, certe cose non le possono fare! Ad es., non possono tenersi in casa la domestica Maria perché, appunto, sono ebrei, e tra l'altro Maria non lo è. 
La domestica avrà pure un'aria sempre scocciata, triste e noiosa come la pioggia, ma le sono tutti affezionati in casa Levi, pure perché ha praticamente visto crescere le bimbe.

Lia è una bambina attenta, curiosa, riflessiva e, per tutto ciò che vede e succede attorno a sé, ha mille domande, che puntualmente rivolge alla madre.
Gli adulti sono così, fanno tanto i maestri nel decidere cosa e quando tu, bambino, puoi venire a conoscenza di certi fatti misteriosi, e pretendono che tu debba accettare le loro informazioni senza aprire bocca.

"Non mi piacciono i grandi quando decidono di farti un discorso: si sentono evoluti e magnifici, ti guardano negli occhi, cercano il tono a mezza altezza... ora saprai tutto anche tu, ci penseranno loro a impacchettarti la notizia come una merendina.
Io non voglio ascoltare proprio niente, non perché abbia paura di chissà quali segreti, ma perché mi annoia tutto il teatrino. Questo non lo capiscono. Dal momento in cui hanno deciso di rovesciare nelle tue braccia il dono della loro confidenza, tu devi essere lì come un uccello neonato che aspetta il cibo dal becco della madre. E invece non è vero niente."

Lia sente da subito (parliamo degli inizi, 1938) che c'è qualcosa nell'aria che fa stare tutti preoccupati, che li induce a parlare a bassa voce e a lanciare occhiate alle figlie per controllare che non stiano ascoltando.
Ma lei, Lia, sente, vede  e registra tutto, e fa pure domande, se le va.
Certo, non tutto le è chiaro; ad es., non capisce bene perché sua zia - che vive al confine con la Francia - sia stata arrestata, proprio lei che è tanto tranquilla e buona; e non sa ancora perché abbia regalato il suo bell'anello alla mamma, dicendole che a lei sarebbe servito di più, perchè ha delle figlie.

La situazione peggiora e i Levi sono costretti a fuggire di nascosto e separarsi; le bambine  vengono portate in un convento cattolico alle porte di Roma: è l'unico modo per sfuggire all'arresto e alla deportazione, come purtroppo sentono che sta accadendo ad altri ebrei. 

In questo collegio cattolico Lia si sente un pesce fuor d'acqua e sa che le bimbe (cattoliche) ne percepiscono la diversità: non partecipa alla messa, fa il segno della croce al contrario, non conosce le preghiere che esse recitano a memoria (non solo, ma per restar fedeli alla propria fede, le allieve ebree recitano lo Shemà ogni sera, insieme, nelle loro camere), insomma non è come loro.

Eppure, pian piano, la narrazione da parte delle suore di questo "Dio dei cattolici", che fa grazia e misericordia e che pare meno arrabbiato del "Dio degli ebrei", stuzzica la curiosità dell'intelligente ragazzina, che vede in una possibile conversione una sorta di àncora di salvezza, che la farebbe stare più tranquilla e al sicuro, oltre a farla sentire meno "diversa" dalle compagne.

Ma non ha fatto i conti con la madre «tigre leonessa che ha poco tempo per libri e sinagoghe perché deve difendere le figlie», la loro vita ma anche la loro identità minacciata. 

Intanto, il tempo passa, i tedeschi arrivano a Roma e l'atmosfera in convento si surriscalda: verranno a rastrellare e ad arrestare questi ebrei che si nascondono?
Lia sogna di poter tornare nella loro vecchia casa, insieme alla mamma e al papà.
Forse, quando la guerra finirà... e lei potrà smettere di essere una bimba ebrea in fuga, ma solo una bambina.
Perché, alla fine, questo lei è: una bambina e basta.

È un libro che si legge velocemente, in poco tempo, è davvero scorrevolissimo e piacevole nello stile, e il punto di vista della giovanissima protagonista ci guida nella lettura, dandole la giusta dose di spensieratezza (grazie al suo caratterino, all'arguzia, alla caparbietà e alla sua vivace curiosità) che va ad incastrarsi con la drammaticità degli eventi da lei vissuti (le conseguenze delle leggi razziali in termini di discriminazione e necessità di trovare un posto sicuro in cui rifugiarsi), narrati sempre e comunque dalla prospettiva di una bambina di dodici anni che si fa domande su tutto ciò che vive ed osserva ma che, almeno per il momento, non tutto coglie appieno.
Adattissimo per lettori molto giovani, e del resto è un testo usato molto nelle scuole.





L'ho letto in occasione della Giornata della Memoria, che cade il 27, ed infatti anche domani troverete un post a tema, dove mi soffermerò un po' sulle vittime dell'Olocausto, tra cui figurano, accanto alla maggioranza di ebrei, altre categorie di persone, che subirono la persecuzione per motivi anch'essi razziali o di altro genere.


Se può interessarvi, vi lascio i link di altri post a tema.


"L' inferno di Treblinka" di Vasilij Grossman
NOI, BAMBINE AD AUSCHWITZ di Andra e Tatiana Bucci
Giornata della memoria - per non dimenticare
BAMBINO N. 30529 di F. Weinberg
SI CHIAMAVA ANNA FRANK di M. Gies
IL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI di G. Bassani
IO NON MI CHIAMO MIRIAM di M. Axelsson
LA TREGUA di P. Levi
SE QUESTO E' UN UOMO di Primo Levi
ANNA FRANK. DIARIO
IL BAMBINO DI SCHINDLER di L. Leyson
LA LISTA DI SCHINDLER di T. Keanellay

mercoledì 27 gennaio 2021

Recensione: "L' inferno di Treblinka" di Vasilij Grossman





La più terribile fabbrica della morte nazista ci viene descritta in questo esemplare reportage, fondato su testimonianze di prima mano, scritto subito dopo la liberazione del campo, nell'autunno 1944, ed uscito nello stesso anno sulla rivista «Znamja», firmato dal più popolare e seguito corrispondente di guerra dell'Armata Rossa: Vasilij Grossman.




L' inferno di Treblinka
di Vasilij Grossman


Adelphi
trad. C. Zonchetti
79 pp
Una distesa incolta, sterile, anonima, punteggiata da pini e sabbia, è stata teatro, negli anni della seconda guerra mondiale, di una feroce barbarie, "il patibolo per antonomasia, un luogo che - dalla barbarie della preistoria ai pur feroci giorni nostri - il genere umano non aveva ancora conosciuto; e che, molto probabilmente, l'universo intero tuttora non conosce. Lì venne eretta la principale fabbrica della morte delle SS, degna copia di Auschwitz...", dove nulla era pensato per la vita, tutto era inteso per la morte.

Il lager di Treblinka (la cui costruzione iniziata a fine maggio-inizio giugno del 1942 fu conclusa e divenne operativa il 22 luglio 1942) era diviso in due sezioni, una a cui erano destinati i prigionieri (polacchi soprattutto) e l'altra era per gli ebrei.
Regnava un ordine maniacale e soprattutto una crudeltà che fa rabbrividire, testimoniata da quei pochi che a quel campo sono miracolosamente sopravvissuti: grazie alla loro voce sappiamo com'era la vita in quell'inferno e a quali atrocità fossero sottoposti i deportati, alla mercé dei malvagi e sadici funzionari delle SS.

"Tutti questi esseri non avevano nulla di umano. Cervello, cuore e  anima, parole, gesti e abitudini erano deformati, un'orrenda caricatura che ricordava a stento tratti, pensieri, sentimenti, abitudini, gesti umani".


Le SS agivano unicamente con l'obiettivo di annichilire volontà e coscienza delle loro vittime, annientarne la psiche, riducendole in uno stato di shock psicologico mettendo in moto un circolo così crudele da essere assurdo e privo di logica.

Sconvolge - ogni volta, e non potrebbe essere diversamente, perché non è che ci si può abituare a certe letture come ci si abitua al caffè senza zucchero o ad alzarsi presto la mattina - leggere lo sgomento, il terrore, lo smarrimento dei poveri deportati - anziani, uomini, bambini, donne, ragazzine, persone sane, fragili, disabili... - all'arrivo nel lager: cosa ne sarà di loro? Che cos'è questo posto in cui sono arrivati dopo ore interminabili e sfiancanti di viaggio, trascorse ammassati in un vagone freddo, troppo piccolo per troppa gente...?
Cosa vogliono quei soldati che li guardano con un ghigno cattivo e urlano loro parole in tedesco?


Fa rabbia e fa sentire impotenti l'atteggiamento sprezzante delle SS del campo, divertite all'idea di poter decidere della vita e della morte di quei poveri corpi, già tanto provati, e che da lì a pochi giorni saranno sempre più magri, emaciati, infreddoliti. Irriconoscibili.

Treblinka funzionò ogni giorno per tredici mesi, e se la media mensile era di trecentomila vittime, in dieci mesi Treblinka sterminò tre milioni di persone.

E' un libro breve ma che, nel suo essere asciutto, nell'esposizione dei fatti in modo preciso, colpisce dritto allo stomaco, e non può essere diversamente quando leggiamo lo strazio di donne e uomini le cui carni furono lacerate dai cani addestrati ad attaccare i prigionieri, presi a manganellate, ci ferisce l'orrore delle camere a gas, della morte che sopraggiunge lenta (venticinque minuti circa) per mancanza d'ossigeno.
 
Questi ufficiali di Hitler privavano gradualmente gli esseri umani di ciò di cui ogni persona ha diritto di godere: per prima cosa toglievano loro la libertà, la casa e la patria e li portavano in un bosco desolato e senza nome. Una volta scesi dai treni, sul piazzale della stazione, venivano defraudati dei loro beni, delle lettere, delle fotografie dei loro cari. 
Una volta finiti dietro il filo spinato si separavano gli uomini dalle mogli, le madri dai figli; e infine, a quegli esseri umani ormai nudi, privi di documenti, non avevano più un nome.

Grossman ci dice però i nomi di questi ufficiali delle SS, di questi uomini esperti nel male - nell'uccidere, nel distruggere, nel cremare, perchè nulla vada dimenticato e si perda nell'oblio.

"Chi scrive ha il dovere di raccontare una verità tremenda, e chi legge ha il dovere civile di conoscerla, questa verità. Chiunque giri le spalle, chiuda gli occhi o passi oltre offende la memoria dei caduti."

Avvertiamo, ad ogni pagina, la dolorosa consapevolezza dell'orrore che si è consumato per mesi in quell'inferno, cui si aggiunge l'urgenza di sostenere con forza e convinzione che ogni singolo uomo è tenuto, dinanzi alla sua coscienza, alle future generazioni e al genere umano, a rispondere a una domanda: che cosa ha generato il razzismo? 

"Che cosa bisogna fare affinché il nazismo, il fascismo, l'hitlerismo non abbiano a risorgere né al di qua né al di là dell'oceano, mai e poi mai, in secula seculorum?"

È una domanda che l'autore si poneva nel 1944 ma che echeggia ancora ai nostri giorni, insieme alla necessità di ricordare quello che è stato, affinché non accada ancora, ai danni di nessun essere umano, in qualsiasi parte del mondo e a prescindere da fattori etnici, religiosi, politici, sessuali ecc...


 "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, 
perché ciò che è accaduto può ritornare". 

(Primo Levi)

lunedì 27 gennaio 2020

Recensione: NOI, BAMBINE AD AUSCHWITZ di Andra e Tatiana Bucci



.

Tatiana e Andra Bucci ci raccontano, in questa toccante testimonianza, quello che hanno vissuto quando furono internate in un Kinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci sperimentazioni mediche.
Ad Auschwitz-Birkenau vennero deportati oltre 230.000 bambini e bambine da tutta Europa; solo poche decine sono sopravvissuti. 
Questo è il drammatico racconto di due di loro.


NOI, BAMBINE AD AUSCHWITZ
di Andra e Tatiana Bucci


Oscar Mondadori
160 pp
11 euro
E' la sera del 28 marzo 1944 quando dei violenti colpi alla porta di casa sconvolgeranno per sempre la vita delle piccole Tatiana e Andra Bucci.

Le sorelline (6 anni Tatiana, 4 anni Andra) appartengono a una famiglia "mista": il padre è cattolico, la mamma - Mira - è ebrea; entrambi i genitori sono di Fiume, e il ramo materno è giunto in questa cittadina (che, ricordiamo, è stata italiana dal 1924 al 1945) dopo un lungo peregrinare per l’Europa, cominciato agli inizi del Novecento in fuga dai pogrom antiebraici.

La vita tranquilla della famiglia finisce in quel giorno di marzo del '44, con l'arrivo dei nazisti, che irrompono bruscamente in casa; nonna, figli e nipoti vengono arrestati.
Dopo una breve sosta nella Risiera di San Sabba a Trieste, arriva la deportazione ad Auschwitz-Birkenau, dove molti di loro saranno uccisi.

Tra queste pagine, che ci scorrono davanti agli occhi suscitando inevitabilmente un turbine di emozioni e di immagini che prendono forma nella nostra mente, le due narratrici-protagoniste fanno sentire la loro "voce" e raccontano in prima persona l'orrore vissuto per mano dei nazisti.

E' vero, siamo in presenza di due testimoni che all'epoca - parliamo in particolare del periodo che va dall'aprile 1944 al 27 gennaio 1945 - erano davvero molto piccole, ed infatti i loro ricordi hanno dei "buchi", alcuni mai riempiti, altri sì, attraverso i racconti che successivamente, anni e anni dopo, le due sopravvissute - ormai adulte - hanno ascoltato da altri testimoni dell'Olocausto, il che ha permesso loro di colmare alcuni spazi vuoti della memoria e di comprendere alcune dinamiche che a quel tempo non avrebbero potuto cogliere.
Ma a parte questo aspetto, quello che leggiamo è frutto dell'esperienza terribile che le due bambine hanno dovuto vivere, e tante sensazioni, emozioni... sono vivide e fresche nella mente e nel cuore, e tali resteranno nel tempo, per sempre.

"Le sensazioni provate durante quel viaggio non ci hanno mai lasciate davvero. Spesso la mente torna a quei momenti; ma non quando siamo tra la folla o nella confusione, come si potrebbe pensare. È il rumore del treno, la sua immagine, che ci colpisce. Tati, per esempio, sente riaffiorare dentro di sé le sensazioni di quei giorni quando vede passare un treno merci."

"...tocca a noi due. Cominciano a tatuarci. Tanti piccoli puntini. Prima Andra, il numero è 76483; poi Tati, il numero è 76484. Nel nostro ricordo di bambine non proviamo dolore. Piccole punture di un ago che si infila nelle nostre braccia, segnando un numero che ci accompagnerà per tutta la vita."

Siamo con Tati e Andra nel treno che da Risiera di San Sabba le condurrà nell'inferno di Auschwitz-Birkenau; ci sembra di vederle mentre hanno freddo, fame, mentre provano sgomento, paura, smarrimento, e per darsi coraggio si avvinghiano l'una all'altra ed entrambe al corpo infreddolito e tremante, ma pure confortante, della mamma.
E quando arrivano a destinazione, ci sembra di vederle in fila con gli altri bambini, la maggior parte dei quali non farà ritorno a casa perché le loro brevi esistenze diverranno cenere, fumo che esce dai camini dei forni crematori.

Andra e Tati trascorrono nove mesi (i più brutti della loro vita) nel Kinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci e folli sperimentazioni mediche. 

Come si vive in un posto così? Come sono le giornate, le notti? Cosa fanno questi piccoli, in attesa che degli adulti spietati decidano il loro destino?

Le sorelle Bucci narrano ciò che ricordano di quel periodo: il freddo, il poco cibo, i giochi nel fango e nella neve, la vista degli spettrali mucchi di cadaveri buttati negli angoli, quel camino che sputa fumo e fiamme, unica via da cui «si esce» se sei ebreo, come dicono le guardiane, alcune delle quali si sono dimostrate - stranamente e miracolosamente - più tenere con loro, cosa che ha contribuito, unitamente ad altri fattori, alla loro sopravvivenza.

E poi ci sono le fugaci visite della mamma, emaciata fino a diventare irriconoscibile: la donna non ha fatto altro che cercare di proteggere le sue creaturine dal primo momento e in tutti i modi, e provoca ammirazione e commozione il pensiero di questa donna che, benché stremata, a fine giornata, quando poteva (non senza correre rischi!) si recava al blocco dei bambini per raccomandare a Tati e Andra di ricordare sempre i loro nomi, le loro origini, con la speranza che questo, un giorno, sarebbe tornato utile.
A guerra finita, quando finalmente il campo di concentramento sarebbe divenuto solo un terribile ricordo.

E poi ci parlano di come quell'esistenza incupita dalla presenza costante della morte a un certo punto fosse divenuta, ai loro occhi innocenti di bambine, qualcosa di "normale", nonostante i giorni fossero scanditi  dall’alternanza di paura e terrore, perché

"i bambini riescono a trovare le risorse per costruire un universo intelligibile intorno a sé."

 "...nel nostro ricordo è stata sostituita da quel senso di normalità che spesso i piccoli si costruiscono per proteggersi davanti agli avvenimenti più brutti, agli imprevisti."

In assenza di spiegazioni da parte dei grandi, le due bambine si convincono - in modo del tutto inconscio, naturale - che quella è la vita «normale», che è la "fine" cui vanno incontro quelli come loro - gli ebrei.
E' il solo modo per resistere e sopravvivere alla tragedia, perché la consuetudine scolora la paura.

La loro storia si intreccia ineluttabilmente con quella del cuginetto, il piccolo Sergio De Simone (figlio settenne di zia Gisella, sorella della madre), il cui destino sarà tragico, in quanto verrà prelevato poco tempo dopo l'arrivo nel kinderblock, per essere usato come cavia da medici nazisti: verrà impiccato alla Bullenhuser Damm di Amburgo.

Ma le cose cambiano quando il sole sorge sulla giornata del 27 gennaio 1945: un soldato, con una divisa diversa e una stella rossa sul berretto, sorride alle sorelline e offre loro una fetta del salame che sta mangiando.
E' il giorno della liberazione.

Che non segna però la fine del loro peregrinare.
Dovrà passare altro tempo prima che Tatiana e Andra ritrovino i genitori e quell’infanzia che è stata loro rubata.
Dopo del tempo trascorso in un triste orfanotrofio e alcuni mesi (decisamente più lieti) in un centro di recupero diretto da Anna Freud, a queste due bambine la vita comincerà a sorridere di nuovo e a restituire, seppur in parte, la serenità di una famiglia ritrovata, con cui tornare ad essere felici.
Non sarà semplice: lo spettro di ciò che si è vissuto non può essere mandato via con un'alzata di spalle, ma Andra e Tati sapranno - grazie all'esempio e alla presenza rassicurante, dolce e determinata, della mamma - guardare avanti per cercare di vivere normalmente, facendo sì che l'orrore vissuto non le condizioni tutta la vita.

Come si son potute salvare le sorelle Bucci?
Se la sono fatta pure loro questa fatidica domanda, ma è davvero possibile trovare un'unica risposta?
Forse fu determinante il fatto di essere figlie di un padre cattolico, o magari furono scambiate per gemelle o forse fu semplicemente un gioco del destino, un caso..., chissà.

Ciò che conta è che la loro voce si alzi per ricordarci che una pagina talmente orrenda e vergognosa della nostra Storia non venga nè dimenticata, nè ripetuta.

Come spesso accade ai sopravvissuti, non è stato facile "far i conti" con l'esperienza vissuta e trovare il coraggio e le parole per parlarne. Tutt'altro.
La voglia di dimenticare e di guardare a un futuro migliore, a una vita felice, libera dagli spettri del passato, unita alla concreta sensazione che - soprattutto nei primi tempi dopo la fine del conflitto - la gente non avesse alcuna voglia di sapere cosa fosse successo nei campi di concentramento, hanno fatto sì che le sorelle Bucci (e così pure altri testimoni sopravvissuti alla Shoah) tenessero sigillato nel cuore i terribili ricordi che le hanno segnate.

Ma non sarebbe stato giusto - nè per loro stesse nè per le future generazioni - tacere per sempre.
Sono storie che, al contrario, vanno assolutamente difese dai rischi dell’oblio e della rimozione, e ogni testimonianza è un bene prezioso, è un patrimonio dell’umanità da consegnare a chi verrà dopo, per dimostrare che

"... nonostante tutto il dolore e la sofferenza che gli altri possono avere inflitto a noi e ai nostri cari in nome di un’ideologia assurda e insensata, noi siamo qui. E non siamo solo sopravvissute. Abbiamo vissuto: siamo state in grado di costruirci una vita, una bella vita. Questo per noi è importantissimo, perché è un messaggio di speranza."


Una testimonianza che non può che toccare profondamente e straziare il cuore all'idea di quanto male, di quanta sofferenza, di quante brutture siano state vittime milioni di innocenti.
Sono quei libri che non dovremmo mai stancarci di leggere, magari pensando di saperne già abbastanza di sterminio, Olocausto e lager.
E no, non se ne parlerà mai abbastanza.
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