giovedì 23 maggio 2013

Buon compleanno Giuseppe!!



Oggi abbiamo anche un poeta da ricordare; è nato il 23 maggio 1729 (l'altro ieri, insomma ^_^).

Parini
GIUSEPPE PARINI (Parino, in realtà) studia a Milano presso i padri barnabiti;  intraprende la strada per diventare sacerdote.
Già nel 1752 aveva pubblicato una raccolta di rime dal titolo "Alcune poesie di Ripano Eupilino" (Ripano è l'anagramma di Parino, Eupili è il nome latino del lago di Pusiano, presso il quale sorge il suo paese natale).
Tra le sue opere più note vi è anche il "Dialogo sopra la poesia" (1761); "Dialogo contro la nobiltà" (1757), le odi "La vita rustica", "La musica" ; l'ultima ode composta da Parini è "Alla Musa" (1795), una celebrazione della poesia come culto delle cose nobili e buone.

Il poeta muore il 15 agosto 1799 nella sua abitazione di Brera; nello stesso giorno detta il noto sonetto "Predàro i filistei l'arca di Dio", celebrante il ritorno degli austriaci a Milano, avvenuto da pochi mesi.



IL RISVEGLIO DEL MATTINO

Sorge il mattino in compagnia dell'alba 
dinanzi al Sol, che di poi grande appare 
su l'estremo orizzonte a render lieti
gli animali e le piante e i campi e l'onde.
Allora il buon villan sorge dal caro
letto cui la fedel moglie e i minori 
suoi figlioletti intiepidir la notte; 
poi sul dorso portando i sacri arnesi 
che prima ritrovar Cerere e Pale, 
va col bue lento innanzi al campo, e scuote, 
per lo angusto sentier da' curvi rami 
il rugiadoso umor, che quasi gemma,
i nascenti del Sol raggi rifrange.
Allora sorge il fabbro e la sonante 
officina riapre, e all'opre torna 
l'altro dì non perfette, o se di chiave 
ardua e ferrati ingegni all'inquieto
ricco l'arche assecura, o se d'argento 
e d'oro incider vuoI gioielli e vasi
per ornamento a nuove spose o a mense. 
Ma che? tu inorridisci, e mostri in fronte,
qual istrice pungente, irti i capelli
al suon di mie parole? ah il tuo mattino
questo, Signor, non è. Tu col cadente
sol non sedesti a parca mensa, e al lume
dell'incerto crepuscolo non gisti 
ieri a posar, qual ne' tuguri suoi
tra le rigidi coltri il mortaI vulgo.

A voi celeste prole, a voi concilio
di semidei terreni, altro concesse
Giove benigno: e con altr'arti e leggi
per novo calle a me guidarvi è d'uopo.
Tu tra le veglie e le canore scene
e il patetico gioco oltre più assai
producesti la notte; e stanco alfine
in aureo cocchi o, col fragor di calde 
precipitose rote e il calpestio
di volanti corsier, lunge agitasti
il quieto aere notturno, e le tenèbre
con fiaccole superbe intorno apristi;
siccome allor che il siculo terreno
dall'uno all'altro mar rimbombar feo
PIuto col carro, a cui splendeano innanzi
Le tede de le Furie anguicrinite.

Tal ritornasti ai gran palagi; e quivi,
caro conforto a le fatiche illustri,
venìen per le pruriginosi cibi
e licor lieti di francesi colli
e d'ispani e di toschi o l'ungarese
bottiglia,.a cui di verdi ellere Bromio 
concedette, corona, e disse: Or siedi
de le mense regina. Al fine il Sonno 
di propria man ti sprimacciò le coltrici
molle cedenti, ove te accolto, il fido
servo calò le ombrifere cortine;
e a te soavemente i lumi chiuse
il gallo, che li suole aprire altrui.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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